La letteratura pullula di topoi, modelli che tracciano ambienti estetici e concettuali. Faust è sicuramente uno di essi: scomposto e ricomposto nel corso delle epoche, è un personaggio talmente caratterizzato da prestarsi a varie istanze. [1] A una lettura attenta il Faust espone dilemmi e logiche attuali, utili a un’analisi dell’umano contemporaneo. Vogliamo trasportare le presenti questioni nel dibattito corrente al fine di indagare con originalità l’odierna situazione umana.
Ci sono personaggi letterari e strutture semantiche, non solo letterarie ma pure filosofiche – come il platonismo, il kantismo e l’hegelismo –, che difficilmente tramontano, essendo un bisturi di indagine sempre preciso. È una vitalità incentivata dalla traduzione che, come sappiamo grazie alle filosofie della traduzione e del linguaggio [2], non riguarda solo la lingua ma soprattutto la cosa incastonata nella struttura linguistica. Com’è noto, la traduzione è una tradizione che tramanda il senso di un segno culturale: nel passaggio da una lingua culturale a un’altra, operazione possibile proprio grazie alla traduzione, si tramanda il senso del segno culturale e così questo, passando per le epoche, diventa tradizione di quelle culture che lo incorporano. Non è solo una questione di linguaggio ma è più propriamente una questione di senso. Certamente il senso viene esposto dalla lingua e questa dev’essere a sua volta tradotta, ma al di sotto c’è una sostanza determinata: l’essere del segno o la sua sensatezza.
Rimanendo sugli “-ismi” filosofici, è rielaborandoli che è possibile salvaguardarli: tanto per rimanere su quelli proposti, il platonismo sopravvive nella teologia cristiana; il kantismo sopravvive nell’idealismo trascendentale; l’hegelismo sopravvive nel marxismo. Ognuna di queste esperienze culturali incapsula una matrice sostanziale tramandata nelle varie traduzioni che ne si fanno, in una consacrazione immortale alimentata dal pensare umano e dalla capacità di attualizzarne il pensiero.
Un’opera può essere riadattata, come successo a più riprese per l’Odissea [3], oppure può essere rifunzionalizzata come per il Faust: le caratteristiche del personaggio rimangono coerenti ma ne viene riassemblato il senso. In questo modo l’oggetto di cultura è salvo dal taglio della temporalità. Vogliamo fare qualcosa di simile: tramandare ancora Faust trasfigurandolo in una contemporaneità che non solo lo comprende, ma addirittura ripercorre. Oggi ognuno di noi è Faust.
Il personaggio di Faust
Faust è un personaggio universale della storia della letteratura, non a caso ne è infatti, come abbiamo detto, un topos. Questo non vuol dire che ogni montaggio restituisca lo stesso identico personaggio, che il Faust di Goethe sia il Faust di Eudocia o Marlowe. Malgrado i lineamenti generali seguano uno stesso disegno, ogni interpretazione della leggenda faustiana ha peculiarità che ci sembra giusto presentare per passare all’attualità.
Che tipo di personaggio è Faust? Stregone per Eudocia; cultore delle arti orientali e pagane per Spies; studioso rapito dalla conoscenza assoluta per Marlowe; esteta per Goethe, la sua figura mantiene una costante: ambire all’infinito tanto da lasciarsi consumare dal diavolo, l’unico a promettergli una conoscenza più ampia. Faust accetta pattuendo la sua anima.
La trattativa è interessante specie nella versione di Spies – datata 1587 [4] – dove c’è un vero e proprio contratto con tanto di punti da rispettare:
“Chiese dunque allo spirito:
Primo: desiderava avere e mantenere le qualità, la forma e la sostanza di uno spirito.
Secondo: voleva che lo spirito gli promettesse piena obbedienza e disponibilità.
[…] Lo spirito […] a sua volta chiedeva che Faust soddisfacesse alcuni suoi desideri: se li avesse soddisfatti, non ci sarebbero state più difficoltà.
[…] Primo: Faust doveva giurare di voler essere unicamente suo, cioè dello spirito.
Secondo: doveva sancire il giuramento con un patto di sangue” (Faust, a cura di P. Scarpi, Marsilio, Venezia 2021, p. 126).
Chi è allora Faust? Meglio la domanda dovrebbe essere: chi vuole essere Faust? Cosa lo spinge a scambiare la propria umanità per la conoscenza? Che cosa cerca davvero Faust? Malgrado le incrostazioni religiose evidenti soprattutto nelle ricostruzioni di Eudacia e Spies, noi vogliamo sviare dal binario. O quantomeno, vorremmo spostare l’accento sulla nonchalance con cui Faust rifiuta la sua umanità. Che sia per conoscenza o edonismo esteta, Faust rifiuta in tutti i casi sé stesso senza arrovellarsi troppo.
Vogliamo far passare il messaggio per cui seppure l’obiettivo di Faust sia sicuramente conoscere l’assoluto, la sua vera ambizione è oltrepassare la natura umana. Pensiamoci: il nostro reale blocco alla verità non è l’imperscrutabilità delle cose ma la limitatezza della nostra condizione. O meglio: l’imperscrutabilità delle cose proviene dai nostri limiti. Le cose sono apparenze sbiadite di una verità che ci è preclusa per lo stesso fatto di essere enti strutturati in un certo modo. Che venga dalla teologia, come nel caso del Faust, o dalla filosofia, nel caso del trascendentalismo, la costituzione umana scrive gli argini di una realtà di soli fantasmi di senso:
“Io, Johann Faust, dottore, dichiaro e confermo il contenuto di questa mia lettera autografa: con le doti naturali, che mi erano state donate, intrapresi lo studio degli elementi, ma non trovando una sufficiente capacità né in me stesso né negli uomini, ho fatto voto di sottomissione allo spirito qui presente” (op.cit., p. 128).
Faust dichiara di sottomettersi allo spirito maligno perché la natura umana, le “doti naturali”, sono insufficienti a indagare la realtà. Faust, oltre la patina cristianeggiante, non è un personaggio negativo: se per la religione le sue azioni sono un peccato inespiabile, per la filosofia sono segno di una matura consapevolezza della propria condizione. L’umanità è in contrasto con la verità e dunque, se la si vuole possedere, bisogna spogliarsi della propria identità. Lo dice ancora meglio il Faust di Goethe:
“Ahimè!, ho studiato, a fondo e con ardente zelo, filosofia e giurisprudenza e medicina e, purtroppo anche teologia. Eccomi qua, povero pazzo, e ne so quanto prima! Vengo chiamato Maestro, anzi dottore e già da dieci anni meno, per il naso, in su ed in giù, in qua ed in là, i miei scolari. E scopro che non possiamo sapere nulla! […] Mi sono dato pertanto alla magia, se mai il potere o la parola dello Spirito mi rivelassero qualche segreto. […] per poter scoprire ciò che, nel profondo, tiene insieme l’universo e, contemplare ogni attiva energia ed ogni primitiva sostanza” (op.cit., p. 386).
A Faust certamente importa la conoscenza assoluta ma più di tutto vuole abbandonare i limiti della sua condizione. Nonché, desidera superare la natura umana. La consapevolezza faustiana della limitatezza umana evidenzia una filosofia molto chiara: il mondo è un’apparenza sostenuta dalla struttura dell’uomo. In altri termini il personaggio di Faust è quello che forse, in letteratura, incarna con più coerenza il trascendentalismo kantiano. Kant chiamava trascendentale “ogni conoscenza che in generale si occupa non tanto di oggetti, quanto invece del nostro modo di conoscere gli oggetti” (I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, 1787; tr. it. di G. Colli, Critica della ragione pura, Adelphi, Milano 1976, p. 67).
Faust perviene al limite del mondo umano, ovvero perviene al limite della propria natura, al fatto di essere rinchiuso in una realtà che per quanto possa sforzarsi non farà che rimandarlo continuamente a se stesso. Non è possibile in alcuna maniera andare al di là dei fantasmi del mondo, oltre il velo che ricopre la verità delle cose. In un testo molto recente [5], Agamben scrive che
“la nostra ragione scambia dei principi soggettivi per una determinazione oggettiva delle cose e pretende di fare illecitamente un uso trascendentale di un concetto che ha soltanto un significato trascendentale”. [6]
Malgrado la tentazione di universalizzare concetti che ci paiono indubitabilmente veri, ogni conoscenza è conclusa nella soggettività trascendentale di ognuno e oltre questa non si può andare. Identicamente, “non sei che Faust, null’altro che un uomo” (Faust, cit., p. 165): per superare la soglia bisogna consegnarsi alla magia e, infine, alla tentazione diabolica di abbandonare se stessi per ciò che c’è oltre il proprio naso. Il nostro Faust contemporaneo parte da qui.
Non sarebbe una novità accostare magia e tecnica. Ho sempre pensato a un esperimento mentale come questo: se si dà un cellulare a un uomo primitivo, egli sosterrà si tratti di magia e potrebbe istituirci un rito di adorazione; dandolo a un uomo moderno, risponderà che si tratta di un oggetto di produzione tecnica. Il confine tra magia e scienza credo sia decisamente più labile di quanto si creda, cosa sostenuta pure da Rossi che, a più riprese [7], evidenzia le pervasive influenze della magia e dell’alchimia nelle dottrine degli scienziati soprattutto moderni. La scienza nasce dalla magia e prosegue rispettandone i precetti fondamentali, primo fra i quali il controllo delle cose.
I Faust che noi siamo
Ricapitolando, il nostro Faust incarna un approdo filosofico maturo che parla di una realtà calibrata sulla natura umana. Resosi conto di questo, Faust si rifugia nelle arti esoteriche e nella tentazione diabolica per travalicare gli argini umani. Rimanendo con le mani nella pasta letteraria, si trovano altri accostamenti tra la magia e il diabolico. Tra tutti un ulteriore topos interessantissimo che prende piede da Carducci.
Esaminiamo il notissimo A Satana: un titolo suggestivo per una poesia che parla – sotto le mentite spoglie della retorica – della tecnica. Malgrado risalga al 1863, il componimento appare per la prima volta sulle pagine della rivista bolognese Il Popolo nel 1869. Strutturalmente parlando, la poesia consta di duecento versi ordinati in quartine. L’inebriante poeticità del componimento sta tutta nel fatto che, come dice Carducci stesso inviando la prima stesura del ’63 all’amico Giuseppe Chiarini,
“io avverta aver compreso sotto il nome di Satana tutto ciò che di nobile e bello e grande hanno scomunicato gli asceti e i preti con la formula Vade retro, Satana: cioè la disputa dell’uomo, la resistenza all’autorità e alla forza, la materia e la forma degnamente nobilitate”. [8]
L’esplorazione poetica del Carducci tocca corde la cui percussione avrà risonanza nel panorama culturale successivo: Satana tenta l’uomo al superamento dei propri limiti. Satana dà modo di sbloccare il limite della propria natura superando le costrizioni che, per la vena sprezzante del Carducci ventottenne, sono le autorità. Detto questo, l’immagine che più risalta è quella del treno. Scrive:
“Un bello e orribile
Mostro si sferra,
Corre gli oceani,
Corre la terra:
Corusco e fumido
Come i vulcani,
I monti supera,
Divora i piani;
Sorvola i baratri;
Poi si nasconde
Per antri incogniti,
Per vie profonde;
Ed esce; e indomito
Di lido in lido
Come di turbine
Manda il suo grido” (G. Carducci, A Satana, vv. 169-184).
Il treno è gola e delizia del diavolo tentatore proprio perché permette qualcosa di incredibile: accorcia le distanze e aumenta la potenza territoriale dell’uomo accorciandone la fatica. Il treno “I monti supera,/Divora i piani;/Sorvola i baratri”. Il demonio si staglia nelle tendenze megalomane della tecnica, anzi meglio: il diavolo è la tecnica, e dunque la tentazione sta tutta qui. L’epoca contemporanea, a fronte del progresso irrefrenabile, è l’età della tentazione della tecnica e, con questi presupposti, è l’era di Satana. Lo dice Carducci stesso chiudendo il componimento:
“Salute, o Satana,
O ribellione,
O forza vindice
De la ragione!
Sacri a te salgano
Gl’incensi e i vóti!
Hai vinto il Geova
De i sacerdoti” (ivi, vv. 193-200).
Satana ha vinto contro Dio con lo scacco matto della seduzione tecnica. Ora, tornando a Faust, la visione di Carducci ci fa compiere un bel passo teoretico: così come Faust vende la propria anima per un sapere più alto, allo stesso modo l’uomo contemporaneo vende se stesso alla tecnica per travalicare i suoi limiti. Non è una puntata a profitto sicuro in quanto la subordinazione alla tecnica rischia di gettare l’uomo in un imbuto di impersonalità e spersonalizzazione. [9]
Ecco che Faust siamo noi che mettiamo sulla scacchiera di gioco la nostra umanità. Non è un caso che ultimamente siano emersi moltissimi movimenti post-umanisti, addirittura in Italia è presente una associazione di transumanisti [10] che vuole superare l’uomo grazie all’intervento cibernetico. Al di là del manifesto [11], che ben chiarisce le intenzioni dell’associazione, il sito presenta una utilissima bibliografia [12] di saggi e articoli anche internazionali sul transumanesimo. Detto questo, c’è da fare i conti con qualcosa di inquietante: se lo scotto da pagare per Faust era la propria anima, noi, invece, a quale clausola sottostaremo?
Da un punto di vista strettamente filosofico, come si dice nello stesso manifesto dei transumanisti Italiani, si è
“pronti a fare ciò che oggi la scienza rende possibile, ovvero prendere in mano il nostro destino di specie. Siamo pronti ad accettare la sfida che proviene dai risultati delle biotecnologie, delle scienze cognitive, della robotica, della nanotecnologia e dell’intelligenza artificiale, portando detta sfida su un piano politico e filosofico, al fine di dare al nostro percorso un senso e una direzione”.
Si prenderà in mano il proprio destino di specie e lo si affermerà grazie ai risultati delle biotecnologie, delle scienze cognitive e di tutti gli altri rami delle avanguardie scientifiche che, tra i vari, promettono risultati per il potenziamento dell’umanità. Meglio, per un suo superamento. Inoltre ci tengono a specificare che
“L’accusa di hybris […] che ci viene talora rivolta, è espressione di visioni del mondo pre-darwiniane: il transumano non può andare contro-natura perché nulla di ciò che la tecnoscienza può fare si colloca fuori delle leggi della fisica e della biologia. E perché non si è mai data una natura umana che non fosse già il prodotto di una auto-domesticazione, di una coniugazione dell’umano con l’animale e con lo strumento tecnico e quindi non fosse in definitiva già un’evoluzione auto-diretta”.
Si dovrebbero discutere profondamente queste tesi, ma ora vogliamo soprattutto evidenziare la viscerale fiducia nei confronti dell’avanzare della tecnica. Secondo i transumanisti, l’uomo è un essere prometeico: ha sempre usato gli oggetti del mondo per il proprio tornaconto e dunque continuare a farlo in modo più invasivo non è affatto un pericolo. È sulla scorta di questa visione che si accetta di buon grado – anzi si spera! – un intervento cibernetico che venga a
“evitare l’inevitabilità del processo di invecchiamento, le limitazioni dell’intelletto umano (e artificiale), un profilo psicologico dettato dalle circostanze piuttosto che dalla volontà individuale, la nostra prigionia sul pianeta terra e la sofferenza in generale”. [13]
La linea che separa Faust dai transumanisti e, in generale, dall’umano contemporaneo è labile e sottile. È dalla scienza moderna, specialmente rinascimentale, che l’uomo si impegna perché assuma il controllo del mondo: se “non, nisi parendo, vincitur”[14], è necessario scovare un modo o per modificare le logiche vigenti o superarle. Il transumanesimo cerca di fare esattamente questo.
La figura di Faust, alla luce di queste osservazioni, risulta tremendamente attuale e diventa un’occasione di indagine importante per tirare le somme della soggettività contemporanea. L’esoterismo al quale si abbandona il Faust della letteratura alla ricerca della verità cova la stessa tensione dell’uomo contemporaneo all’abbandono della propria umanità per l’evoluzione. Se anelare all’infinito è una disposizione naturale della ragione umana come voleva Kant, il Faust, dalla prima narrazione di Eudocia del V secolo d.c. fino all’ultima di Edgar Brau del 2012 [15], costituisce la più evidente manifestazione letteraria di cosa voglia dire essere umani, di quali siano i propri limiti e, soprattutto, le proprie ineffabili ambizioni.
Piazzando sulla linea del tempo le varie versioni del Faust, si può notare la storia dell’umano fino a oggi: nel Faust di Eudocia era già contenuta quell’aspirazione tracotante all’assoluto del nostro presente, dove la globalizzazione e la spersonalizzazione [16] incentivano un approccio transumano che ci apra alla verità. Il seme del transumanesimo è stato piantato da quando cominciò a circolare il primo Faust. Per tutte queste ragioni, leggere oggi la sua leggenda ci aiuta a comprendere la nostra più intima natura e magari a riconciliarci con questa nella consapevolezza dell’abissale scotto da pagare per il suo superamento.
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[1] In Italia è disponibile un preziosissimo miscellaneoche raccoglie l’eredità letteraria di Faust da Eudocia fino a Valéry. Cfr. Faust, a cura di P. Scarpi, Marsilio, Venezia 2021.
[2] Si tratta di tesi generalmente condivise nell’ambito della filosofia della traduzione e del linguaggio. Volendo dare qualche coordinata nella disparata bibliografia sul tema, rimandiamo a P. Ricœur, Tradurre l’intraducibile. Sulla traduzione, tr. it. di M. Oliva, Urbaniana University Press, Roma 2008; M. Heidegger, Der Satz vom Grund, 1971 (a cura di F. Volpi, tr. it. di G. Gurisatti, F. Volpi, Il principio di ragione, Fabbri, Milano 1996, specialmente pp. 174-193); W. Benjamin, Die Aufgabe des Übersetzer, 1923 (a cura di R. Solmi, Il compito del traduttore in Angelus Novus. Saggi e frammenti, Einaudi, Torino 2014); J. Deridda, De la grammatologie, 1967 (a cura di G. Dalmasso, S. Facioni, Della grammatologia, Jaca Books, Milano 2020).
[3] Con ogni probabilità si tratta dell’opera che più di ogni altra ha subìto rielaborazioni, dalla latina riscrittura di Livio Andronico con l’Odusia fino all’Odissea di Ippolito Pindemonte, ma pure all’Odissea joyciana.
[4] Questa è in verità la datazione della stampa di Spies. In realtà Spies è uno stampatore che si preoccupa di mettere in circolo una revisione cinquecentesca di Faust la cui attribuzione è però anonima; per ordine gliela si attribuisce, ma la penna è altrui.
[5] G. Agamben, Filosofia prima filosofia ultima. Il sapere dell’Occidente fra metafisica e scienze, Einaudi, Torino 2023.
[6] Ivi, p. 80.
[7] Tra i vari: cfr. P. Rossi, Francesco Bacone. Dalla magia alla scienza, Mulino, Bologna 2004; P. Rossi, La nascita della scienza moderna, Laterza, Bari 2000.
[8] G. Carducci, Poesie, a cura di M. Saccenti, UTET, Milano 2013, p. 266.
[9] Sul tema c’è una letteratura sconfinata, della quale riportiamo soprattutto l’ovvio M. Heidegger, Die Frage nach der Technik in Vorträge und Aufsätze, Vittorio Klostermann, 2000 (a cura di G. Vattimo, La questione della tecnica in Saggi e discorsi, Ugo Mursia, Milano 2015); M. Heidegger, Sein und Zeit, 1927, §15, §16, §22 (tr. it. di F. Volpi, Essere e tempo, Longanesi, Milano 1971); L. Mumford, Le trasformazioni dell’uomo, a cura di M. Rizzante, Mimesis, Milano 2021; L. Mumford, Technics and Civilization, Routledge, Regno Unito 1934 (tr. it. di E. Gentili, Tecnica e cultura, Net, Milano 2005); E. Jünger, Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt, 1932 (a cura di Q. Principe, L’operaio. Dominio e forma, Guanda, Milano 2020); su quest’ultima opera, si consiglia l’attento commento di L. Caddeo in L’operaio di Ernst Jünger. Una visione metafisica della tecnica, Mimesis, Milano 2012; E. Jünger, An der Zeitmauer, Ernst Klett Verla, Stoccarda 1959 (tr. it. di A. La Rocca, A. Grieco, Al muro del tempo, Adelphi, Milano 2000). Gli ultimi due di Jünger, per quanto apparentemente antitetici, crediamo delineino un tratteggio coerente nel pensiero dell’autore: se in un primo momento concepisce una metafisica della tecnica come possibilità di reazione del proletariato, e dunque di sua emersione, in un secondo momento modera le speranze e addirittura approda a una filosofia mistica. Quando la terra non promette nulla, l’ultimo baluardo dell’umano sta nei cieli. Sulla questione cfr. F. Volpi, Il nichilismo, Laterza, Bari 2004, pp. 108-115.
[10] L’associazione si coagula in un sito online, liberamente consultabile al seguente URL: http://www.transumanisti.it (ultimo accesso: 21/07/2023).
[11] Cfr. http://www.transumanisti.it/2_articolo.asp?id=45&nomeCat=MANIFESTO+DEI+TRANSUMANISTI+ITALIANI (ultimo accesso: 21/07/2023).
[12] Cfr. http://www.transumanisti.it/8.asp (ultimo accesso: 21/07/2023).
[13] È il primo dei princìpi transumanisti, quello fondamentale. Lo si trova, infatti, nella pagina principale del sito dell’associazione a presentazione della loro ideologia. Cfr. http://www.transumanisti.it (ultimo accesso: 21/07/2023).
[14] È una celebre locuzione latina utilizzata da Bacone nell’opera Cogitata et visa (tr. it. di E. Anchieri, Cogitata et visa e schema del De dignitate et augmentis scientiarum, Carabba, Lanciano 2014) con la quale chiarisce che la natura la si controlla solo rispettandone le leggi.
[15] Cfr. E. Brau, Fausto, Metzengerstein, Buenos Aires 2012. La storia di Brau non è ancora stata tradotta in Italiano dunque proponiamo di seguito una piccola sinossi: diversamente dal mago classico, il Faust di Brau è un biologo che scova una formula per la longevità della vita. Intimorito dalla potenza della sua scoperta, medita sul fatto di distruggerla fin quando non viene fermato da Mefistofele, la cui missione è impedirglielo.
[16] Abbiamo trattato più diffusamente l’argomento in S. Santamato, Individui bucati e attualità spersonalizzate, Scenari, 5 Maggio 2023; S. Santamato, L’individuo è morto, Scenari, 15 Giugno 2023.