Silvia Lelli e Roberto Masotti, due dei massimi esponenti della fotografia della musica e delle arti performative non soltanto in Italia ma anche a livello internazionale, hanno formato una coppia artistica – e nella vita – molto affiatata. In occasione della pubblicazione della nuova edizione del volume di Roberto Masotti You Tourned the Tables on Me (Seipersei, 2022), presentata lo scorso 20 novembre nella serata-concerto al Teatro Alighieri di Ravenna in memoria del grande fotografo, incontriamo Silvia Lelli che ci racconta la storia di questo progetto e del tavolino che ne è in un certo modo il protagonista.
Silvia Eccher: Come è iniziato il tuo lavoro di fotografa e come si è integrato con quello di Roberto?
Silvia Lelli: Io e Roberto ci siamo conosciuti giovanissimi nella nostra città, Ravenna, io avevo 16 anni, lui 19 ed era nella compagnia di mia sorella. Da lì è iniziato il nostro percorso insieme, ci siamo trovati subito perché c’era una grande affinità ed entrambi eravamo molto curiosi, amavamo il bello e avevamo lo stesso gusto estetico. Poi abbiamo anche intrapreso strade simili: Roberto ha studiato Industrial Design a Firenze (una scelta significativa rivelatrice della sua attenzione per l’oggetto che si ritrova in molti suoi lavori tra cui You Tourned The Tables On Me), mentre io Architettura sempre a Firenze. Mi sono laureata in Urbanistica ed è stato lì che ho iniziato a fotografare: le indagini sul territorio infatti si facevano anche attraverso le fotografie e ricordo ancora Roberto che mi accompagnò a comprare la mia prima Konica di seconda mano in un vecchio negozio di Firenze. All’epoca facevo anche parte del CUT (Centro Universitario Teatrale), per cui scattavo sia per ragioni di studio sia per assecondare la mia passione che coltivavo sin da quando abitavo a Ravenna, dove seguivo gli spettacoli del Teatro Alighieri. Entrambi eravamo molto interessati alla scena e alla musica; a Firenze frequentavamo locali come lo Space Electronic e in genere spettacoli di teatro d’avanguardia. Roberto, intanto, già da qualche anno fotografava il jazz. Finiti gli studi, ci siamo trasferiti a Bologna, dove Roberto aprì il suo primo studio fotografico. Da lì abbiamo capito che se volevamo seguire la strada della scena, dello spettacolo e della musica e fare della nostra passione una professione, sarebbe stato meglio trasferirsi a Milano perché l’editoria, l’industria musicale, i teatri, i concerti più interessanti si trovavano lì. Così nel 1974 ci siamo stabiliti a Milano. Nel giugno del 1974 ci ritrovammo a lavorare insieme per la prima volta sulla stessa scena al Festival del Parco Lambro. Nel 1979 iniziando a lavorare per la rivista Musica Viva, diretta da Lorenzo Arruga, mi avvicinai alla musica classica e incominciò la collaborazione, insieme con Roberto, con il Teatro alla Scala.
Nel 2019 il MIBACT ha riconosciuto l’Archivio Lelli e Masotti come archivio fotografico di interesse storico. Che cosa ha significato per voi questo importante riconoscimento?
Il riconoscimento è stata una sorpresa perché non ce l’aspettavamo. L’allora sovrintendente del MIBACT Lombardia Maurizio Savoja venne a sapere dell’esistenza del nostro archivio, molto ricco di materiale di importanza nazionale e internazionale sulle arti performative non solo come immagini di spettacoli ma anche di ritratti di personaggi e ci venne a trovare in studio. Rimase molto colpito dalla mole di materiale non solo fotografico ma anche documentale presente nell’archivio come locandine, pubblicazioni, libri, giornali, LP e CD. Roberto ed io sin dall’inizio abbiamo sempre adottato un metodo di archiviazione, numerando i fotogrammi grazie a delle schede perforate. A seguito di questo riconoscimento abbiamo vinto un bando che ci permette di conservare meglio il nostro materiale trasferendolo su fogli a PH neutro.
Come nasce il progetto di You Tourned the Tables On Me? E che cosa cambia rispetto alla prima edizione pubblicata da Auditorium Edizioni nel 1994?
Il progetto di You Tourned The Tables On Me nasce nel 1974, l’anno del nostro arrivo a Milano in cui abbiamo iniziato a concepire il nostro lavoro artistico in modo più concreto. Roberto comprò il tavolino in un campo nomadi alla periferia di Milano e lo utilizzò per la prima volta per ritrarre Juan Hidalgo del gruppo Fluxus su richiesta di Gianni Sassi della Cramps Records. Per quell’occasione Roberto creò per il ritratto di Hidalgo una composizione con, appoggiati sul tavolo, un pianoforte giocattolo e una verza. Successivamente fotografò Walter Marchetti, anche lui artista Fluxus, ma questa volta lo lasciò libero di agire a suo piacimento e così accadde per gli altri artisti ritratti successivamente. L’unica immagine “composta” infatti è stata la prima. Salvo rare eccezioni, gli scatti non sono realizzati in studio ma in esterno, con ambientazioni e sfondi trovati sul posto e in un certo senso improvvisati. L’ultimo scatto del progetto risale al 1981. Con Roberto parlammo molte volte di You Tourned the Tables On Me e io insistetti perché lo si ristampasse anche perché l’edizione del 1994 era diventata ormai introvabile. Alla fine l’occasione si è presentata quando il Ravenna Festival manifestò la volontà di pubblicare un lavoro di Roberto in sua memoria: scelsi il progetto del tavolino perché era un lavoro a cui lui teneva particolarmente. Per questa nuova edizione sono state riviste, da Roberto Valentino, tutte le biografie degli artisti, è stato aggiunto un testo introduttivo di Franco Masotti, mentre sono naturalmente rimasti il testo di Roberto e quello del musicologo Daniel Charles; il tutto ora è in doppia lingua, italiano e inglese. Il libro insomma è stato reso più attuale a partire dalla qualità delle stampe, dal formato più grande e dalla copertina rigida. Abbiamo invece rigorosamente mantenuto l’ordine delle immagini.
Il titolo può far pensare a un refuso (“tourned” anziché “turned”) ma in realtà nasconde un raffinato gioco di parole….
È così. Steve Lacy, che in quel periodo soggiornò a casa nostra per una decina di giorni, è stato un po’ il mentore di questo progetto e ne ha suggerito il titolo, You Tourned the Tables On Me. Il titolo ha creato non pochi problemi proprio per l’“errore” della “o” in più. La frase “You tourned” è una sorta di “Tu mi hai preso in giro” e prende spunto dalla canzone You Turned The Tables On Me di Louis Alter con le parole di Sidney D. Mitchell scritta nel 1936 per una commedia musicale di Broadway e poi resa celebre dalle versioni di Billie Holiday e Ella Fitzgerald. Come scrive Roberto nell’introduzione del libro, “è certamente sbagliato scrivere ‘tourned’ in luogo di ‘turned’ come faccio nel titolo. Attribuisco questo ‘consapevole’ errore alla forma rotonda (‘round’) del tavolino, ma potrebbe anche riferirsi al viaggiare (‘tour’)”.
Il libro è costituito da 115 fotografie e la maggior parte dei musicisti ritratti ha a che fare, in un modo o nell’altro, con l’improvvisazione. Come sono stati scelti gli artisti e quale è stato il ruolo dell’improvvisazione nella realizzazione degli scatti?
Gli artisti sono stati scelti esclusivamente sulla base degli interessi molteplici e dei gusti personali di Roberto. Anche se apparentemente possono sembrare molto lontani tra di loro, in realtà fanno tutti parte di una scena musicale non così ovvia e battuta. L’improvvisazione sia per Roberto sia per me è sempre stata fondamentale e assoluta nel nostro lavoro. Non abbiamo mai progettato a tavolino un servizio fotografico o un lavoro, nemmeno nel caso della mostra del 2019 Musiche a Palazzo Reale a Milano, che ha attraversato trent’anni della nostra attività. Ogni progetto si è sviluppato naturalmente nel tempo, secondo idee precise ma senza nessuna fretta o ansia di concretizzarlo immediatamente, proprio come le immagini che hanno bisogno di tempo per sedimentarsi. Anche per You Tourned the Tables On Me è accaduto così: è un progetto che si è sviluppato dal 1974 al 1981 e che era portato avanti quando Roberto incontrava il personaggio che lui riteneva adatto, dedicandosi nel frattempo anche ad altro. Ricordo con affetto quando, nel 1976, scoprimmo che alla Fenice era in programma Einstein on the beach. Andammo a Venezia, io fotografai lo spettacolo di Bob Wilson, mentre Roberto prese contatto con Philip Glass e gli propose di farsi ritrarre con il tavolino. Lui accettò e si presentò di sua iniziativa con i due figli, che infatti compaiono nella fotografia. Abbiamo sempre cercato di essere liberi e una nostra prerogativa è sempre stata quella di proporre più che lavorare su commissione, perché volevamo fare ciò che ci piaceva.
Nel libro il tavolino non è presente solo come oggetto ma anche sotto forma di immagine, dando così vita a una serie di variazioni. A che cosa si deve questa scelta?
Il tavolino non poteva essere trasportato comodamente ovunque, quando ha ritratto artisti negli USA e in Giappone Roberto ha così avuto l’idea di preparare una fotografia del tavolino da portare con sé che poteva essere usata liberamente da ogni artista proprio come il tavolino stesso, dando così vita a delle variazioni sul tema.
Che fine ha fatto il tavolino?
Il tavolino è diventato una sorta di oggetto da esposizione e viaggia nella sua suitcase perché viene messo in mostra insieme con le fotografie. Nel 2000 il tavolino è stato usato nello spettacolo ideato da Roberto Il giro del tavolo a Roccella Ionica. In questo spettacolo le sue fotografie interagivano con la musica (diverse rielaborazioni di You Turn The Tables On Me o libere improvvisazioni di Evan Parker, Guido Mazzon, Giancarlo Cardini, Walter Prati e Massimo Mariani) e con la coreografia di Emanuela Tagliavia; il tutto realizzato grazie all’impiego di una sofisticata tecnologia audio e video. Il tavolino inoltre è stato protagonista di diverse mostre, come ad esempio nel 2003 a Nizza, nel 2007 a S. Arcangelo-Rimini, nel 2008 al MART di Rovereto in un’esposizione organizzata all’interno della rassegna Il secolo del jazz a cura di Daniel Soutief e nel 2009 a Parigi. Recentemente, nel novembre di quest’anno, il tavolino è stato a Ravenna per la giornata dedicata dal Festival a Roberto. In quell’occasione è stato presentato il libro e si è tenuto un concerto dalle 18 a mezzanotte al quale hanno partecipato molti degli artisti che Roberto amava, come Roberto Ottaviano, Don Moye, Simon Sieger, Christophe Leloil, Alexander Hawkins, Massimo Falascone, Guido Mazzon, Maria Sacchi, Silvia Bolognesi, Martin Mayes, Paolo Damiani, Massimo Giuseppe Bianchi, Fabio Mina, Andrea Grossi, Manuel Caliumi, Michele Bonifati, Beatrice Arrigoni, Giancarlo Schiaffini, Alvin Curran, Walter Prati, Ars Ludi, Giovanni Sollima, Luigi Ceccarelli, Patrizio Fariselli, Luigi Esposito. L’estate prossima il tavolino sarà in diverse mostre. Insomma, il tavolo continua a girare…