Ricordare Faber: un’intervista Cantata

Ogni anno, l’11 gennaio, centinaia di persone si radunano in piazza Duomo a Milano per ricordare Fabrizio De André nel giorno della sua scomparsa. La cantata anarchica – questo il nome dell’appuntamento – è nata nel 1999 dall’iniziativa spontanea di alcuni fan del cantautore genovese e ha rapidamente raccolto i consensi di numerosissimi appassionati, diffondendosi in molte altre piazze italiane. In che modo si svolgerà la manifestazione quest’anno? Che cosa significa portare avanti un’iniziativa del genere nonostante le difficoltà imposte dalla pandemia e dalle conseguenti restrizioni sanitarie? Silvia Eccher lo ha chiesto ad Andrea Giuseppe Boldini e Federico Amato, due  dei principali ispiratori della cantata.

Come nasce la vostra passione per De André?

Andrea

Sono bresciano di origine ma da ragazzo ho passato diversi anni a Caserta e fu là che, intorno al 1969, una fidanzatina, molto sensibile alle tematiche cantate da De André, mi regalò un suo disco e dal quel momento ho iniziato a seguirlo senza mai smettere ascoltandolo anche dal vivo e non mi sono perso nessuno dei suoi concerti.

Federico

Ho conosciuto De André grazie a mio zio Tonino, che aveva una cassetta con Tenco (Ballate e canzoni) e De André (Volume 3) che mi faceva ascoltare sempre in auto quando mi portava in giro da bambino. Il gorilla di Brassens nella traduzione di De André era una delle mie canzoni preferite: mi faceva ridere l’immagine di questo gorilla che trascina per un orecchio il giudice, ma non ne capivo il significato tragico. Da questa cassetta in poi ho sempre continuato ad ascoltare De André, ho comprato tutti i suoi dischi e ho avuto la fortuna di andare ai suoi concerti.

Che cos’è la cantata anarchica?

Andrea

La cantata anarchica è nata l’11 gennaio 1999, quando in una trasmissione di Radio Popolare che raccoglieva in diretta commemorazioni e ricordi di De André un ascoltatore lanciò l’idea di ricordarlo non soltanto a parole ma di ritrovarsi la sera stessa in Piazza Duomo a Milano muniti di chitarre e altri strumenti musicali per cantare e suonare le sue canzoni. Quella sera ci ritrovammo in pochi e soltanto tre di noi, me compreso, avevano con sé la chitarra. Ricordo ancora quella sera con una grande emozione; per terra avevamo messo dei lumini e c’era qualche bottiglia di vino sparsa qua e là. La cantata l’abbiamo nel cuore. È qualcosa che appartiene a tutti, il piacere di ritrovarsi insieme a cantare, suonare, bere vino e a ricordare un grande artista senza altri fini, senza alcuno scopo di lucro, senza nessuna discriminazione sociale, economica, di genere o altro.

Federico

Partecipo alla cantata dal 1999, quando però sono rimasto tra il pubblico. Dall’anno successivo ho incominciato a portare anche io la chitarra e a suonare, con me si è aggiunto anche Christian Melchiodi, che è tra coloro che si sono dati più da fare per coordinare gli appuntamenti. All’inizio e poi per un po’ di anni non ci siamo posti il problema di come si dovesse chiamare questo appuntamento autorganizzato per rivedersi e cantare insieme le canzoni di Fabrizio, che sono le nostre canzoni. Il nome “cantata anarchica” è nato successivamente dalla necessità di pubblicizzare l’evento su Facebook. C’era chi, come me, pensava di chiamarlo “cantata collettiva”, chi “concerto organizzato” e chi, come Andrea, “cantata anarchica” in omaggio alle idee di De André. La cantata è un’occasione per cantare i brani che amo e con i quali sono cresciuto. Ma è anche un appuntamento importante per Milano, una città che negli ultimi decenni ha ristretto le occasioni e gli spazi per la socialità e la voglia di ritrovarsi. Secondo me la cantata è uno degli “anticorpi” che abbiamo sviluppato per restituire la città ai cittadini: non è un concerto, non è un evento, è un’iniziativa autorganizzata alla quale possono partecipare tutti liberamente, anche sul momento, senza discriminazioni di alcun genere. Chi è solo non rimane solo ma si ritrova in un gruppo a cantare.

Foto di Andrea Cherchi

Oltre all’omaggio a Faber vi ha mosso anche il desiderio di farlo conoscere ai più giovani?

Andrea

Sì certo, penso che in ognuno di noi ci sia stata la voglia di farlo conoscere anche agli altri, specialmente ai giovani. E in questo, devo dire la verità, siamo stati premiati perché di anno in anno vediamo sempre più ragazzi presenti e interessati.

Federico

Sì certo, a muoverci è stato anche il desiderio di fare conoscere De André ai più giovani. Anche se credo che il merito di piacere ai ragazzi di oggi sia solo di De André e della bellezza e della verità che ci ha saputo dare.

La cantata nasce come evento autorganizzato. Negli anni siete riusciti a trovare appoggi istituzionali o comunque una cassa di risonanza mediatica?

Federico

In realtà non ce ne è mai importato nulla. Non ne abbiamo sentita la necessità, l’unica cosa che ci interessava era ritrovarci a cantare e diffondere il messaggio di De André, tutto era organizzato attraverso il passaparola o al massimo tramite qualche trafiletto sui giornali. Agli inizi la cantata non aveva la notorietà che ha poi avuto negli anni di Facebook e dei social. Due anni fa, grazie ad Eva Zamboni, una ragazza che partecipa alla cantata da tempo ed è uno dei riferimenti su Facebook insieme a me e Dario Ballardini, abbiamo conosciuto diversi giornalisti e abbiamo avuto la possibilità di partecipare a diverse trasmissioni radiofoniche: Dario parlò con Radio Popolare, Andrea con RaiRadioUno e io con RadioDue, che organizzò una diretta poco prima dell’inizio della cantata. Ricordo che in quell’occasione ero al telefono con i giornalisti di RadioDue mentre Andrea scalpitava perché voleva incominciare a suonare e con lui anche la piazza. A un certo punto ho dovuto dire in diretta radio: “Iniziamo a suonare perché qui scalpitano” e i conduttori di RadioDue: “Sì, sì, fateci sentire qualcosa!”. L’11 gennaio 2019, a vent’anni dalla morte di De André, la cantata di Milano è stata ripresa, insieme a quelle organizzate in altre città, e trasmessa in un collage celebrativo a Che tempo che fa.

Andrea

Nessuno ci ha mai chiesto nulla e d’altra parte noi non abbiamo mai cercato sponsorizzazioni. E del resto non poteva che andare avanti così, è stato come un fiume che si è ingrossato a mano a mano. All’inizio eravamo trenta, quaranta persone e siamo arrivati a occupare tutta Piazza Duomo dal sagrato fino al monumento di Vittorio Emanuele II. Ogni volta, alla fine, ci si dava appuntamento per l’anno dopo, stesso luogo, stesso giorno, stessa ora. Stessa grinta. È vero però che il giorno successivo alla morte di De André il TG3 Regionale trasmise la ripresa della prima cantata. Con i social tutto è diventato solo più semplice perché in realtà è sempre bastato un passaparola. La cantata di solito incomincia alle 20 ma Federico ed io ci vediamo almeno mezz’ora prima per preparare i leggii, la “Bibbia”  (il volume Tutte le canzoni di De André edito da Mondadori nel 1999, n.d.r.) e il resto; capita che passi il poliziotto di turno a chiedere che cosa facciamo. Noi rispondiamo: “Siamo quelli della cantata per De André”. La polizia ormai ci conosce, non ci chiedono nemmeno più i documenti.

Foto di Andrea Cherchi

Da qualche anno avete “raddoppiato” la data: vi ritrovate sia l’11 gennaio (la data della morte) sia il 18 febbraio (la data della nascita). Avete lo stesso riscontro di partecipazione?

Federico

No, assolutamente. Molte più persone si ricordano la data della morte di De André, l’11 gennaio. Non sono numerosi invece coloro che si ricordano anche il compleanno, il 18 febbraio. E poi comunque la cantata dell’11 gennaio è diventato un appuntamento fisso, da ormai oltre vent’anni, mentre quella del 18 febbraio la si organizza “solo” dal 2013, anche in precedenza abbiamo sempre cercato di rendere omaggio a De André pure in febbraio con varie iniziative, per esempio le jam session al Cantiere di Viale Monte Rosa. Fino a un certo momento non ci è sembrata una buona idea replicare per il compleanno l’appuntamento di gennaio con le stesse modalità, poi è stata la richiesta di alcuni partecipanti della piazza a convincerci a ripetere la cantata a febbraio.

Quest’anno che cosa accadrà?

Andrea

Ahi ahi ahi… Quest’anno è molto dura.  Ci sono varie proposte per far fronte alle condizioni particolari imposte dall’emergenza sanitaria della pandemia Covid, certo è che difficile pensare a una cantata anarchica collettiva in cui si canta insieme con le mascherine chirurgiche… Non appena sarà possibile sarebbe bello fare la cantata anarchica per festeggiare il ritorno a una vita normale e recuperare il tempo perduto.

Federico

Ci sono molte idee anche apprezzabili al riguardo, come quella di organizzare la cantata on line o in piccoli gruppi oppure di andare in giro per Milano suonando il proprio strumento… Nell’attesa di rivedersi e ritrovarsi tutti insieme il prima possibile in piazza a socializzare e a cantare insieme.



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