Pubblichiamo un estratto dell’intervento di Roberto Masiero e Paolo Zanega, al Master in filosofia del digitale dell’Università di Udine.
Noi riteniamo in modo un po’ radicale (radicalità che speriamo serva per sentirci il più liberi possibile) che quando finisce un modo di produzione cambia tutto, proprio tutto. Cambia il rapporto uomo-mondo, cambia il sistema di formazione dei valori sia economici che sociali, e così di seguito. Per quanto ci riguarda siamo passati da una visione indotta dal modo di produzione industriale a una visione non solo coerente col digitale, ma anche tale da rivedere il senso dei processi economici tout court.
Indichiamo con In le modalità dell’industriale (nel senso novecentesco) e con Di quelle del digitale:
In – Il modo di produzione industriale trasforma materie prime, energia e informazioni in beni di consumo. È un sistema di macchine che produce e utilizza macchine per produrre sia la quantità sia la qualità del prodotto. La stessa organizzazione del lavoro è pensata come macchina. La macchina è predisposta per operare con e nello standard. Standard significa ripetitività, norma, modellizzazione, prefigurazione. La sua stessa natura sta nella riproduzione tecnica. È l’esito di una programmazione deterministica, di un pensiero lineare che predefinisce il futuro possibile.
Di – Il digitale trasforma le intelligenze private e pubbliche in forme di vita adottabili. La sua “ragione” è fluida, non deterministica. La pianificazione non è prefigurazione, ma apertura e moltiplicazione di possibilità.
In – L’oggetto primo della sua attenzione è la “materia prima”. Da questo punto di vista è sostanzialmente “hard”. Il soggetto produttore è fondamentalmente il lavoro alienato. Nel “prodotto” è incarnato il valore-lavoro. C’è separazione tra lavoro materiale e lavoro intellettuale.
Di – Per il digitale non esiste materia “prima”, esiste la materia (tutta) come supporto e come potenziale (si pensi alla prototipazione rapida attraverso la stampa 3d). Tutto può essere trasformato in altro. La base dei processi di valorizzazione diventa l’intelligenza applicata sia nella sua forma singolare che collettiva.
In – Il sistema di produzione industriale ha come elemento strutturale e funzionale una gerarchia e una burocrazia operazionale. Per definire il costo medio del prodotto, attraverso l’impiego razionale della forza lavoro, si deve far timbrare il cartellino. È più che una metafora, significa controllo sociale: il cartellino è il vincolo tra mercato, determinazione preventiva del prezzo, e l’equivalente generale rappresentato dalla moneta come strumento primario della transazione.
Di – Nel sistema di produzione digitale è l’intera vita delle persone che viene messa “al lavoro” per produrre valore, senza distinguere tra momento della produzione e del consumo. Non si dà più un equivalente generale attraverso il quale presupporre il prezzo di mercato di un prodotto.
In – Tecnica e scienza sono funzionali al sistema di produzione industriale in quanto determinano il controllo dei processi di produzione (la tecnica) e simulano e prefigurano gli stessi, nel contempo a priori e a posteriori (la scienza). La tecnica è sostanzialmente macchinistica, cioè calcolante e funzionale. La scienza è organizzata come politecnica.
Di – Tecnica e scienza nel digitale non si presentano separate, ma interagiscono e si alimentano con gli stessi processi di produzione e fruizione, includendo il modo in cui essi vengono percepiti e vissuti. La tecnica é indistinguibile dalla (neuro)biologia, entrambe descrivono la stessa interazione.
In – Essendo la materia prima vincolata al luogo, il sistema industriale tende ad usare i territori come supporti, variabili dipendenti. Vive della separazione città-periferia-campagna, la prima luogo del policy making, della cultura, del trend setting, del consumo cool, la seconda della produzione e del consumo di massa, la terza abbandonata o attrezzata per il tempo libero. Questo modello è ormai globalizzato, e la scelta del territorio in cui investire avviene in ragione di parametri anch’essi globalizzati (competenze standard, mobilità e costo della forza lavoro, e costi dell’energia e della logistica). La differenziazione territoriale è data anche da confini: le delimitazioni politico istituzionali determinano altri fattori competitivi.
Di – Si produce potenzialmente ovunque in quanto i vincoli sono legati solo alla presenza delle reti e alle opportunità cognitive. I territori si liberano della necessità di competere sulla produttività, e sono incentivati a competere sul valore del loro patrimonio. Si indeboliscono le separazioni tra città e campagna, tra produzione e consumo, il digitale rende tutto fluido e rizomatico.
In – Il modo di produzione industriale nasce dal superamento del modo di produzione artigianale che viene fagocitato. La sua ragione viene estesa e ingloba tutti i processi produttivi e tutte le forme dell’organizzazione sociale: è per propria natura espansiva, totalizzante e onnivora. La globalizzazione è la fase suprema del modo di produzione industriale. Pur nella omologazione si dà però come inevitabile (dal punto di vista sia economico sia sociologico) una separazione tra artigianato, agricoltura, industria, lavoro manuale e lavoro intellettuale.
Di – Il digitale nasce dal superamento del sistema industriale, che viene fagocitato. La sua ragione ingloba la vita stessa, tende ad essere omeotico, opera nella relazione tra il bios e il pensiero. Mentre la globalizzazione del modo di produzione industriale era impositiva, quella del digitale è pervasiva. Non impone gerarchie tradizionalmente intese e assimila tutte le differenze esistenti. Non ha bisogno né dell’idea di storia né di quello di sviluppo o di progresso. Non c’è alcuna separazione tra artigianato, agricoltura, industria, lavoro intellettuale, non c’è alcuna differenza tra le varie industry. Il mondo produce le differenze delle quali si alimenta l’economia digitale.
In – Utilizza dati per organizzare processi. I processi producono merce, materiale, ordinata per funzioni, posseduta e identitaria; rappresenta valori economici come di ruolo. Incarna l’intelligenza necessaria. Ha valenza estetica in quanto “opera” e perché veicola valori sociali. La merce si possiede e ha come luogo simbolico il mercato e come sacralità il museo.
Di – Utilizza processi per generare dati. Il dato è immateriale. È l’insieme di bit (l’unità di misura dell’in-formazione) che produce caso per caso il senso. Il dato si usa e ha come luogo operazionale il cloud, un indistinto dal quale ricavare qualsiasi aggregazione di senso.
In – Il sociale si configura come società del prodotto e del possesso. Per ascoltare musica compro un vinile o un cd-rom, per spostarmi acquisto un’automobile.
Di – Il sociale si configura come società dell’accesso ai dati e ai servizi e del senso. Per ascoltare musica noleggio un servizio di musica on demand, per spostarmi mi iscrivo a piattaforme di car sharing.
In – Riutilizza, rielabora, approfondisce le divisioni sociali del lavoro, attribuendo al comando e alla critica come rielaborazione dello stesso sistema un in più di valore economico e sociale. La sua etica è l’etica del lavoro.
Di – Rende disponibile una quantità tendente all’infinito di informazioni, aprendo ad altrettante infinite configurazioni di senso. La sua etica è l’etica della superfluità.
In – Energia? Da quando si è costruita una diga in un fiume, quel fiume non è più un fiume ma un serbatoio di energia. Nel modo di produzione industriale l’energia è estrattiva, puntiforme, specifica.
Di – Energia? Da quando si è dimostrato che tutta la materia è anche energia tutto può diventare fonte energetica. Da quando tutto è diventato un dato, tutto può produrre valori economici e sociali.
In – Il modo di produzione industriale impone l’artificiale al naturale. La produzione tende a corrispondere a bisogni predefiniti artificialmente.
Di – Il digitale assume il naturale stesso come artificiale e viceversa. I bisogni emergono in modo “naturale” e continuamente diversificato.
In – Nel modo di produzione industriale la distribuzione segue due segmenti: la distribuzione delle merci; la distribuzione della ricchezza. Per la distribuzione delle merci il fine è il mercato. Il mercato è immanente al sistema e “giudice” delle dinamiche del processo produttivo. La distribuzione è il modo in cui il mercato dispone dei prodotti. La distribuzione della ricchezza opera secondo leggi sociali integrate al sistema produttivo ed è funzionale al mercato.
Di – Nel digitale la distribuzione è di dati: è essa stessa sistema della produzione globale e sociale di valori. L’accumulazione di capitale e i processi di ridistribuzione del valore, non sono più collegati alla proprietà dei mezzi di produzione, ma al controllo della società attraverso piattaforme.
In – Chi comanda complessivamente il gioco è il proprietario dei mezzi di produzione (materie prime, tecnologie e macchinari, intelligenza produttiva, forza lavoro) e dei mezzi per pilotare il consumo (media).
Di – Chi comanda complessivamente il gioco è chi controlla la generazione e l’utilizzo dei dati (comunicazione e marketing, servizi, logistica ecc.).
In – Nel modo di produzione industriale ideologia ed economia, come politica ed economia, rimanevano separate, pur con contaminazioni crescenti nella sua ultima fase (economia dei media).
Di – Nel modo di produzione digitale ideologia ed economia, come politica ed economia, tendono a coincidere.
In – Il sistema industriale é proprietario e gerarchico, si avvale di decisioni elaborate in modalità verticali.
Di – Il digitale patrimonializza la partecipazione orizzontale e privilegia il peer2peer.
In – Nel sistema di produzione industriale il conflitto è tra capitale e lavoro, tra colui che possiede i mezzi di produzione e colui che possiede solo la propria forza lavoro; in una seconda fase, tra colui che possiede i media e colui che consuma.
Di – Nel digitale il conflitto è tra partecipazione e privacy, tra sicurezza e libertà, tra l’avvalersi delle molteplici opportunità delle reti e l’accettare che il proprio corpo e la propria mente appartengano inestricabilmente alle reti e a chi le controlla.
In – La mediazione tra capitale e lavoro viene risolta dal welfare come risarcimento per l’appropriazione di pochi e come ridistribuzione per trasformare anche il produttore in consumatore.
Di – Il digitale tende a rendere indistinto pubblico e privato, e a superare le ragioni legate a servizi funzionali “universali” (scuola, sanità, sicurezza…) per diventare biopolitico: utilizzare un servizio equivale ad accettare un’appartenenza, ma il senso e la natura del servizio emergono dalle dinamiche delle scelte di appartenenza; la molteplicità delle appartenenze di ogni agente in rete ne determina l’assoluta unicità.
Quali sono i capisaldi del modo di produzione industriale? L’istituzionalizzazione e la difesa della proprietà, inizialmente privata e relativa ai mezzi di produzione, poi sia privata sia pubblica ed estesa alle infrastrutture, ai media, ai servizi connessi al welfare. Una strutturale distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, con una crescente eliminazione del primo e un crescente degrado del secondo (knowledge workers). Le merci come autorappresentazione sia collettiva sia soggettiva. La funzionalizzazione della produzione come ragione sociale, con il conseguente primato dell’etica del lavoro. La politica come alter ego dell’economia su basi nazionali e in modalità camerale, cioè quella politica che ha come compito la mediazione tra le parti del conflitto sociale. La democrazia come presupposto di ogni possibile universalismo. La tecnica come macchina nella logica diffusa delle finalità funzionali. Si tratta sostanzialmente di un sistema teleologico strutturalmente burocratizzato. Il mercato come deus ex machina.
Quali sono i capisaldi del modo di produzione digitale?
Si tratta di processi molto contraddittori, che vanno governati, e che subiscono ancora fortissime resistenze da parte del soccombente modo di produzione industriale. Lo sfruttamento globale della creatività e intelligenza collettiva. Il superamento del primato del valore di scambio nel senso di transazione monetaria. L’omologazione dei processi relativi alla produzione, alla distribuzione, allo scambio e al consumo grazie all’intelligenza artificiale. La progressiva sensorizzazione (internet of things) dell’intero pianeta e oltre, per il governo in tempo reale dei processi in atto. Elaborazione di procedure di sensorizzazione, non solo mimetiche, con i sensi che caratterizzano l’uomo. Trasformazione dei sistemi politici su basi territoriali nazionali, verso orizzonti globali e su conflittualità di natura sostanzialmente imperiale, tipicamente extraterritoriale. L’attivazione generalizzata di controlli diffusi (sindrome del grande fratello e indubbiamente una modifica dell’idea stessa di libertà privata e pubblica). La progressiva integrazione tra “hard” e “soft”. La tecnologia come biologia e la biologia come tecnologia.
Prof. Roberto Masiero: professore Ordinario di Storia dell’Architettura nell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, è studioso delle arti e delle scienze nel quadro di una generale storia delle idee. Ha pubblicato, con Aldo Bonomi, “Dalla smart city alla smart land” (Marsilio 2014).
Ing. Paolo Zanenga: ingegnere, teorico dei sistemi cognitivi, scrittore, dopo aver partecipato attivamente alla rivoluzione manageriale tra gli anni 80 e 90 negli Stati Uniti, ha condotto progetti di innovazione strategica con importanti global company in Europa e negli Stati Uniti, e con istituzioni governative. È titolare del corso “Complessità della conoscenza e reti dell’innovazione” alla Scuola di Dottorato del Politecnico di Torino, e fa parte della faculty di varie accademie in Italia e all’estero. Tra le pubblicazioni, “Le Reti di Diotima“(Carocci, 2010), “Metaeconomia ed Epipolitica” (Eurilink, in corso di pubblicazione).