Non è il frammento di una citazione veloce. Come per indicare quel tale libro dell’autore, o sull’autore, pubblicato dalla casa editrice. E non è nemmeno una allusione a quella che è contemporaneamente l’ultima opera licenziata, benché risalente alla metà degli anni Sessanta, e la prima postuma, La divina mimesis. Il titolo deve essere inteso come Imitazione Pasolini. E non tanto nel senso che dovremmo imitare o seguire o copiare
Pasolini. È piuttosto il particolare modo di intendere la mimesis in Pasolini, termine che egli adopera in più occasioni. Quella che interessa qui è contenuta nell’Appunto 97 di Petrolio, intitolato I narratori. Si tratta dell’appunto sulla festa della repubblica nel quale Pasolini descrive gli intrighi di corte di politici, imprenditori, addetti d’ambasciata e cardinali italiani dell’epoca. Ci sono, riuniti in gruppetti di compagni di partito, che Pasolini definisce “verminaio” e “teste ‘mozzate’ di Meduse”, Saragat e i socialisti De Martino, Manca, Mancini e Zagari, con il presidente dell’Eni Girotti, i comunisti Berlinguer e Peggio, i repubblicani La Malfa e Compagna, i cardinali Siri e Casaroli, l’ambasciatore Cottafavi, i missini Nicosia e Rauti e, come un’ombra, l’ammiraglio Henke. Citati ma non presenti alla festa della repubblica descritta in Petrolio Attilio Monti ed Eugenio Cefis. Di tutti questi gruppetti Pasolini racconta gli affari economici e le nomine politiche che stanno trattando. Di tutti, tranne i comunisti. Berlinguer ed Eugenio Peggio vengono citati per le loro operazioni di smascheramento degli intrighi del sottobosco politico. Come si può facilmente notare manca un gruppetto democristiano, anche se non mancano veloci allusioni a Moro e Andreotti, nei confronti del quale si adombra un suo interesse nei loschi affari del CONI di Giuli Onesti. Come è noto, i discorsi che Pasolini mette in bocca ai politici sono tratti, a volte con fedeltà impressionante, dalle veline informative del SID che uscivano per la penna di Giuseppe Catalano sull’Espresso. Due soli brevi esempi. Scrive Catalano riportando fonti del SID che “l’on. Berlinguer ha dato incarico all’ufficio stampa del partito di esaminare tutti i numeri del settimanale Il Borghese […] per registrare le note e gli scritti a favore dell’Eni e di registrare tutta la pubblicità delle aziende ENI e della Montedison apparsa sulle pagine del periodico”. Così lo ripropone Pasolini: “Berlinguer […] aveva dato incarico all’ufficio stampa del Partito di esaminare tutti i numeri del settimanale Il Borghese […] per registrare le note e gli scritti apparsi a favore dell’Eni e di registrare tutta la pubblicità delle aziende ENI e Montedison apparsa sulle pagine del periodico”.
Di nuovo Catalano, che cita l’informativa del SID : “… l’on. La Malfa ha dato l’incarico all’on. Campagna di chiedere a Jean Louis Lehmann l’aiuto finanziario della Mobil Oil Italiana per la campagna elettorale del PRI in vista delle prossime elezioni amministrative”. Così imitato, o se si preferisce mimetizzato, da Pasolini: “… era a costui (Francesco Compagna) infatti che egli (La Malfa) aveva intenzione di dare l’incarico di chiedere a Jean Louis Lehmann l’aiuto finanziario della Mobil Oil Italiana per la campagna elettorale del PRI”. Fedeltà impressionante è un buon sinonimo di imitazione, di mimesis. Torniamo a quest’ultima e vediamo come la intende Pasolini. L’occorrenza del termine si trova nella prima parte dell’appunto di taglio contemporaneamente filosofico, psicanalitico e antropologico. I tre aggettivi sono legittimati dalle citazioni di Hobbes e Locke, di Frazer, Levy-Bruhl e Durkheim e della coppia psicanalitica erezione-castrazione: i politici esibiscono alla cerimonia della democrazia la loro potenza sessuale, ma essa rivela la castrazione. Questa prima parte dell’appunto si estende per poco più di una pagina nella quale Pasolini infila insieme a citazioni approssimative da Locke o da Hobbes anche una particolare curvatura del tema della teologia politica sostenendo che la democrazia è la continuazione della vita cerimoniale della regalità. Nell’empireo democratico del potere si recita la commedia del brulichio degli attori non la tragedia della schiodinata degli spettatori. Qui si ha a che fare con chi recita in prima persona il gioco del potere, si è fra chi comanda e non fra chi obbedisce. Gli spettatori non possono far altro che essere parte, non sono altro che ingranaggio del potere, sono “methexis, non mimesis”. Sono parte e non intero, seppur mimetico, non sono integralisti ma sono feticisti.
La cesura fra la prima, più filosofica o culturale, e la seconda parte, più politica, dell’appunto può essere rintracciata nella seguente affermazione: “… se ognuno [dei politici] aveva un segreto, questo era un segreto per tutti, ma non per il SID…”. Allo stesso modo la conclusione dell’appunto può essere considerata quella in cui viene presentata l’ultima figura che Carlo Valletti incrocia nel suo aggirarsi fra le teste canute e calve del potere: “un uomo tutto vestito di bianco con un berretto bianco posato sul magro viso di minuscolo ragazzo invecchiato, ingrinzito ora anche dalla smorfia dovuta al fumo della sigaretta incollata alla bocca. Era il generale (recte ammiraglio) Eugenio Henke”. Se si guarda alla foto dell’Espresso che Pasolini aveva presente descrivendo l’ammiraglio avvolto da fumo e pulviscolo si può apprezzare la capacità mimetica del poeta, la sua fedeltà all’originale derivata da una capacità di descrizione dei particolari fisici, dei dettagli anatomici dei suoi personaggi, reali o immaginari, che sembra derivata direttamente da una disciplina di ispirazione fenomenologica.
L’appunto 97 può ben essere preso come un significativo esempio del contenuto di Petrolio. Sono consapevole del rischio che corro con tale affermazione, e cioè quella di andare incontro all’obiezione sulla possibilità di riassumere o sintetizzare uno scritto incompleto, magmatico, anche nel senso di incandescente, e filologicamente ricostruibile fino ad un certo punto perché le allusioni spesso ellittiche non consentono di portare luce fino in fondo. Senza ovviamente neppure aprire il capitolo dei Lampi sull’Eni. Dentro l’appunto 97 ci sono molti degli elementi costitutivi del romanzo, ovvero la riflessione filosofica sull’attualità e sul recente passato della storia d’Italia, l’indicazione dei suoi mali e delle sue storture, l’impostazione metodologica della sintesi. Fra di essi, serve ricordarlo ancora di nuovo, Pasolini indica chiaramente ed esplicitamente il vario articolarsi ed affaccendarsi dei servizi segreti. Questo tema, il tema dell’occulto del potere, del potere segreto del Nuovo potere, come è noto, rappresenta il fulcro delle riflessioni politiche di Pasolini. Nell’appunto 97 gli sfumati sospetti di Pasolini si incentrano sul SID di Henke così come in Che cos’è questo golpe (“Io so, io so, io so i nomi”) l’unico nome che compare è quello del successore di Henke a quella carica, cioè Vito Miceli.
Insieme all’appunto 84 intitolato Il gioco, che contiene la più evidente manifestazione dell’adesione di Pasolini alle sofisticate dottrine della teoria critica francofortese, e quindi del Pasolini filosofo, cioè mimetico, che propone una via d’uscita dal ‘penitenziario del consumismo’ attraverso una sorta di dialettica negativa dell’irrisione, l’appunto 97 contiene già quasi tutto Petrolio, come fossero due monadi nelle quali risplende l’intero. Nel mestiere di scrittore Pasolini richiama più volte la necessità metodologica del comporre, del mettere insieme, del connettere e non del separare e disgiungere. Il mettere assieme metodologico innerva il comporre di Pasolini. Esso si esprime anche attraverso il mettere assieme pezzi di testi, molti di essi in Petrolio vengono dalle veline del SID, pubblicate dal battagliero settimanale, o dal libro ‘sotterraneo’ di Steimetz-Ragozzino, quello fatto sparire in un batter d’occhio dalle librerie e dalle biblioteche nazionali nel 1972. Il comporre, che è soggetto a più forme di combinazione e di interpretazione, e a numerose riscritture, come accadde anche proprio per La divina mimesis, avrebbe forse smorzato, attenuato e reso lontano dall’originale il linguaggio buro-diplomatico delle veline del SID. Mantenerle così com’erano, senza significative variazioni, deve aver significato per Pasolini rimanere fedele ai testi, anzi portare documentazione positiva alla sua costruzione letteraria, alla sua realtà rappresentata. Questo significa che in un’opera di finzione come Petrolio, i dialoghi e le conversazioni dei personaggi del potere vengono registrati fedelmente da quella potente macchina mnestica che sono i servizi di informazione e sicurezza. Essi rielaborano le notizie, le trasformano in veline informative le quali diventano i protocolli tematici su cui Pasolini compone il testo. Proprio quello che Auerbach ritrovava per esempio nella lingua di Petronio, che collezionava banali frasi della conversazione comune da far pronunciare ai suoi personaggi, nella famosa raccolta di saggi sul realismo, tradotta in italiano nel 1956, il sottotitolo della quale non parla però di realismo ma di Dargestellte Wirklichkeit, ovvero di realtà rappresentata nella letteratura occidentale. L’importanza che Auerbach ha avuto per Pasolini si può vedere indirettamente in un testo (Il “Vangelo” e il colloquio , “Vie nuove” del 29 ottobre 1964) in cui egli, parlando di papa Giovanni XXIII, dimostra ammirazione nei confronti di quest’ultimo anche perché, quando era nunzio apostolico ad Istanbul (1934-1944), aveva seguito le lezioni del grande filologo tedesco. Qui Roncalli salvò dalla fame molti ebrei che sfollavano dall’est Europa invasa dal nazismo, anche con l’aiuto dell’ambasciatore tedesco, il cattolico ex cancelliere Franz von Papen. Auerbach, fuggito dal terzo Reich in Turchia (1936-1947), proprio in quegli anni stava componendo quello che è ritenuto il suo capolavoro: Mimesis.