1. I servizi della letteratura
A che cosa serve la filosofia o a che cosa serve la letteratura sono domande apparentemente oziose da riproporre di tanto i tanto per risvegliare dal torpore intellettuale. Servire a qualcosa o a qualcuno ed essere in servizio sono espressioni considerate generalmente equivalenti, significano dipendere da o essere in funzione di. Con servizi della letteratura e della filosofia intendo, se non fosse già sufficientemente chiaro, aprire uno squarcio sui mai abbastanza indagati rapporti tra gli intellettuali e le agenzie di informazione e sicurezza, cioè le agenzie di intelligence, cioè i servizi segreti. Un testo imprescindibile perché ha esaminato quel rapporto durante gli anni della guerra fredda (culturale) è stato quello di Frances Stonour Sanders. La giornalista inglese ha messo a nudo i rapporti di influenza esercitati dalla CIA sulle principali agenzie culturali europee, fossero riviste, orchestre o il mondo del cinema. I tre scrittori che prenderemo in esame composero i loro testi di maggiore interesse per il nostro argomento successivamente al loro periodo di servizio. Il che significa che aver militato nei servizi di intelligence rappresentò per loro una fonte decisiva di ispirazione per il loro lavoro principale o per il loro lavoro di copertura. La domanda che dobbiamo porci subito è: una tale influenza è riscontrabile, benché in modo meno diretto ed esplicito, anche nei testi dei filosofi? È una delle domande più importanti alle quali cercheremo di rispondere. Pare incredibile che intellettuali, ma soprattutto scrittori e filosofi abbiano intrattenuto volentieri rapporti con spioni e barbe finte, ma così è, e la spiegazione migliore viene da uno scrittore che ha lavorato anche per la MI6. William Somerset Maugham suggeriva “che lo scrittore aveva particolari requisiti per lavorare nel servizio segreto. Ashenden [il protagonista su cui Maugham proietta le sue vicende realmente vissute su alcune delle quali cadde la censura alla pubblicazione di Churchill] conosceva parecchie lingue straniere e la sua professione gli forniva uno schermo eccellente; col pretesto di scrivere un libro, poteva visitare qualsiasi Paese neutrale senza attirare l’attenzione”. Ecco allora una descrizione sommaria, ma che contiene già alcune indicazioni importanti. La conoscenza delle lingue straniere permette di operare in molti paesi, la professione di scrittore permette di mimetizzarsi e rimanere insospettati nell’ombra.
Quelle di Somerset Maugham sono storie in cui manca l’azione, con rari colpi di scena e ancor meno suspence, al punto che sembra effettivamente credibile l’osservazione sulla noia del servizio segreto del racconto intitolato Giulia Lazzari:”…bisognava ammettere che per i pesci piccoli come lui, far parte del servizio segreto, non era quell’attività avventurosa che la gente immaginava. L’esistenza ufficiale di Ashenden era ordinaria e monotona come quella di un impiegato della city. Vedeva i suoi confidenti a intervalli stabiliti e pagava loro gli stipendi; quando riusciva a mettere le mani su uno nuovo, lo assumeva, gli dava le istruzioni e lo spediva in Germania; attendeva le informazioni che gli passavano e le inoltrava; andava una volta la settimana in Francia per conferire con i suoi colleghi d’oltre frontiera e per ricevere gli ordini da Londra; faceva un giretto nella piazza, il giorno di mercato, per prendere qualsiasi messaggio la vecchia del burro gli portasse dall’altra sponda del lago; teneva occhi e orecchie aperte; e scriveva lunghi rapporti che, era convinto, nessuno leggeva: finché, una volta, si lasciò sfuggire di penna una battuta scherzosa nel redigerne uno e si ebbe in risposta un severo rabbuffo per la sua leggerezza”. Eppure la descrizione con cui il colonnello R. nel racconto Miss King propone allo scrittore Ashenden di lavorare per i servizi segreti non risultava propriamente tranquillizzante: “Se sarà utile, non riceverà ringraziamenti e se si troverà in difficoltà, non avrà aiuto. – Di che lavoro si tratta? – non ho ancora deciso quanto è bene che lei ne sappia. Ashenden non ribatté”. (da Il messicano calvo, pag. 45). Maugham ci aiuta a capire quello che ogni tanto capita di chiederci, e cioè perché tante strade portino, non a Roma, ma in Svizzera, non è forse lì che vengono ambientate molte vicende del Bond di Fleming? E non è forse lì che si rifugia Eugenio Cefis quando nel cruciale 1977 si tira fuori dai giochi? O Graham Greene negli ultimi anni della sua vita?
“Gli Svizzeri sapevano bene che il loro Paese era teatro di ogni sorta di intrighi; agenti dei servizi segreti, spie, rivoluzionari e agitatori infestavano gli alberghi delle principali città e gli svizzeri, gelosi della loro neutralità, erano decisi ad impedire azioni che potessero creare incidenti tra loro e qualsiasi potenza belligerante”.
Durante la sua attività Maugham ha accumulato una serie discreta di insuccessi. Inviato dapprima in Russia per evitare che uscisse dalla prima guerra mondiale, è scoppiata la rivoluzione e poi è stata firmata la pace di Brest-Litovsk. Di quell’esperienza resta traccia nel racconto La biancheria di Mr. Harrington dove attraverso le parole di Ashenden, egli nota che era “stato incaricato di far qualcosa che superava le possibilità umane”, al punto che aveva protestato, senza trovare ascolto perché, benché non fosse stato scelto per le sue spiccate capacità, non vi era alcun altro adatto. Gli ci sarebbero voluti altri tre mesi, aggiunse in uno slancio di ottimistica sopravvalutazione delle sue capacità, per bloccare la rivoluzione bolscevica. Inviato in seguito in India per evitare lo sviluppo del nazionalismo, sappiamo come è andata a finire. Ciò nonostante il governo di sua maestà britannica ha continuato a giovarsi dei servizi dello scrittore al punto che molti si sono chiesti quale fosse la sua professione principale e quale quella di copertura, anche se stando ai risultati letterari e teatrali non c’è dubbio in quale campo eccellesse. Si dice che il successo ottenuto a teatro facesse immaginare ai vignettisti uno Shakespeare disegnato pieno d’invidia.
Graham Greene passò gli ultimi anni della sua vita in Svizzera dove morì in una località, Vevey, sul lago di Ginevra. Anche lui fu uno scrittore di successo ed almeno tre dei suoi romanzi risentono del suo doppio lavoro alla MI6: Un americano tranquillo del 1955, Il nostro agente all’Avana del 1958, Il fattore umano del 1978. Fu per un breve periodo in gioventù studente al Balliol College di Oxford, luogo frequentato anche da molti altri che poi diventeranno agenti, e per meno di un mese si iscrisse al Partito comunista. Entrò nei servizi grazie alla sorella Elisabeth che già vi lavorava ed ebbe come supervisore niente meno che Kim Philby, alla cui storia è ispirato Il fattore umano. In missione in Sierra Leone nel 1942, fu poi in Asia a seguire la prima guerra d’Indocina. Dal 1951 al 1954 a Saigon come corrispondente di guerra per The Sunday Times e Le Figaro, scrive Un americano tranquillo. Sia in questo, sia nel romanzo cubano si attirò critiche per le sue pesanti insinuazioni contro la politica degli Stati Uniti.
Se per i primi due rimane il dubbio se la fama sia venuta grazie all’intelligence o indipendentemente da essa, per Fleming non ci sono dubbi perché era già ricco di famiglia. Il suo corso di studi è di livello internazionale, nel 1928 è a Kitzbuhel in Austria, nel 1929-30 a Monaco di Baviera e a Ginevra per studiare scienze politiche ed in seguito inviato per la Reuters a Berlino e a Mosca per il Times. Nel 1939 entra dalla porta principale nella intelligence della Royal Navy, assunto dal direttore l’ammiraglio Godfrey per fargli da segretario personale. La sua fama crebbe rapidamente, al punto che il suo collega Patrick Beesly, biografo di Godfrey, scrisse che
“Those of us who saw Ian at close quarters during the war are agreed that he made a very great contribution indeed to NID’s success. Admiral Godfrey himself said: “Ian should have been DNI and I his naval adviser”
Iniziò la sua attività organizzando operazioni di false flag, continuò con la presenza in numerose missioni e operazioni, da Ruthless, per decifrare il codice della macchina Enigma, a Goldeneye, per proteggere la Spagna da una eventuale invasione tedesca, che culminarono in Overlord, ovvero il progetto di sbarco in Europa al quale lavorava, in posizione dirigenziale, anche il filosofo John Langshaw Austin. Non è escluso che i due si conoscessero e si fossero incontrati. Anzi direi che, benché non ci siano testimonianze, è quasi certo. In nessuno dei tre scrittori inglesi si trovano anche minimi cenni di critica alla politica del Regno Unito. Furono tre spie molto fedeli anche se di diversa importanza. L’incarico di maggiore personalità e prestigio fu quello di Fleming, così come anche il successo che gli arrise, in particolare dopo l’uscita del primo film su James Bond nel 1962. Ma non meno fortunata fu la carriera artistica sia di Maugham sia di Greene, che invece come agenti non brillarono come Fleming, e meno di tutti a brillare fu Maugham.