L’uso politico della giustizia del comico Presidente

 

L’uso politico della giustizia del comico Presidente

 

 

Ricordate Robin Williams alla Casa Bianca e Claudio Bisio al Quirinale? Gli sceneggiatori dell’Uomo dell’anno e di Benvenuto Presidente finora sembravano essere stati superati solo da Beppe Grillo alle politiche del 2013, fermatosi a una vittoria morale solo perché scelse di non assumersi responsabilità politiche di governo.

Invece le storie comiche dei presidenti per caso ora hanno un remake nella realtà del Guatemala, dove le politiche di ottobre, la sera di domenica 25, hanno visto la vittoria al ballottaggio di un ex comico, Jimmy Morales, che, come scrive Internazionale http://www.internazionale.it/notizie/2015/10/26/jimmy-morales-guatemala , deve la sua fama a Neto, un cowboy che diventa per caso presidente.

 

Così il Guatemala, morto in Francia Coluche prima della verifica nelle urne della sua candidatura all’Eliseo e rimandato alle amministrative del 2016 il nuovo giudizio degli elettori sul M5s, diventa il primo Stato in cui un comico ha la piena responsabilità del governo della cosa pubblica.

L’eccezione italiana deve fare i conti con il processo evolutivo dei “grillini”, mutati in un qualcosa di simile a un partito con l’avvento del Direttorio composto da 5 esponenti del MoVimento Cinque Stelle che si è affiancato a  Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, conferma invece l’interpretazione di questa esperienza post-ideologica come anti-partitica, meno semplicistica della rassicurante etichetta di antipolitica.

Gli eventi centroamericani in Italia si stanno sottovalutando, mentre la possibilità di uscire da uno scenario che finora si dispiegava solo nella cinematografia e nell’ucronia è un unicum. Perché a guardare i social network il Guatemala ha un Presidente abile a giocare con i media, che si è presentato al seggio con la maglia della nazionale (molto più immediato di tanti editoriali nostrani sul Partito della Nazione), risponde su twitter a molti account a prescindere dal numero dei followers e allo status di chi gli scrive, non passa giorno senza raccontare cosa fa agli oltre 700.000 fans su facebook https://www.facebook.com/JimmyOficial/.

 

Una faccenda terribilmente complicata visto che il suo partito, il Fronte di convergenza nazionale (lontani i parallelismi con l’Italia e le convergenze parallele che ci farebbero pensare ad Aldo Moro, perché in Guatemala quel nome corrisponde a una formazione di destra), ha preso appena 11 seggi su 158.

Lo slogan di Morales? “Nè corrotto né ladro”. Uno slogan pre-politico, perché l’antipolitica è bravissima, a ogni latitudine, all’uso politico della giustizia – in questo senso Marco Pacini ha chiarito come le crociate moralizzatrici dei comici nulla hanno a che fare con John Rawls e la sua teoria della giustizia, non c’è un ritorno alla Morale come quello tratteggiato da Fred Hirsch in I limiti sociali allo sviluppo – e Morales, approfittando di arresti e inchieste che hanno toccato i vertici dello Stato, è andato oltre. Ma la vera parola chiave del suo programma sembra essere un’altra: controllo.

La trasparenza per controllare le istituzioni. Nulla di nuovo. Ma anche i dispositivi GPS per controllare le presenze degli insegnanti in classe, ben oltre il braccialetto elettronico per i carcerati, e gli iphone distribuiti a tutti i bambini, così da controllare dove sono.

Ecco che in realtà il populismo dei comici presenta comunque alcune caratteristiche ricorrenti: un giacobinismo di fondo, un’accezione riduttiva dell’open government ridotto a trasparenza voyeuristica, una re-intermediazione che attraverso i social network fa propri i simboli del potere riproponendoli nella loro ritualità (vale per l’iconografia delle cerimonie su facebook per Morales, come per i discorsi di Capodanno su Youtube di Beppe Grillo).

 

Attenzione, perché sarà forse un comico alla guida di un partito di ex militari a mettere in scena una “totaldemocrazia” diversa da quella che Oliviero Ponte di Pino ha tratteggiato in Comico e Politico, più simile all’Orwell di 1984 – ed è tremendamente suggestiva la coincidenza con la prima campagna pubblicitaria dell’Apple che metteva in scena quel romanzo – avendo per palcoscenico un intero Paese. Dove il ribaltamento degli equilibri politici, con una nuova centralità della struttura militare che ha governato per 30 anni, fino al 1985, senza mai uscire completamente di scena, ma con un comico come perno, parte dall’iniziativa della magistratura. Esattamente come quella politica, ormai priva di motivazioni ideali e idelogie, che necessita sempre di un appiglio giudiziario per tentare di portare alle urne un corpo elettorale sempre più astensionista. Ma il comico dal momento della vittoria con il 67,2% dei voti si è, ci si perdoni, crocianamente fatto totus politicus,promettendo la palingenesi nazionale, il mutamento del Guatemala, parole sue, “in una nuova nazione con responsabilità e diritti”.

E più che la libera stampa a fare la domanda più adatta a Morales, ormai ex guitto, è la satira di Giovenale: quis custodiet ipsos custodes?

Chi risponde?



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