Ufo Robot Goldrake e la filosofia politica. Un esercizio di riflessione

 

 

Cosa può avere a che fare un disegno animato giapponese, incentrato su di un robot gigante, di cui quest’anno ricorre il quarantennale, con il pensiero politico? Riflettere su Goldrake in chiave di filosofia politica, per quanto inusuale, forse, può essere un piccolo esercizio interessante, perché, come cercheremo di mostrare, l’anime in questione, che è stato anche, in una certa misura, un simbolo di un’epoca, sembra contenere una serie di suggestioni, che nell’attuale età globale sono straordinariamente presenti e pulsanti.

Il nostro discorso prende avvio nella seconda metà degli anni Settanta, mentre la Guerra fredda stava iniziando la sua fase calante, che avrebbe condotto al termine della contrapposizione Usa-Urss, e la stagione delle rivoluzioni culturali andava sfumando. E’ su questo sfondo politico, sociale e culturale, complesso e problematico, che l’immaginario dei bambini e ragazzi dell’epoca fu colonizzato da Ufo Robot Grendizer, una serie animata (di 74 episodi), ideata da Gô Nagai, in Italia nota come Atlas Ufo Robot. Come più o meno tutte le altre serie robotiche sue consorelle di quegli anni, anche la vicenda di Goldrake si basava su un canovaccio narrativo abbastanza lineare: la Terra era attaccata da un nemico e il robot gigante si poneva a sua difesa, combattendo avventurosamente, in ogni puntata, contro un nuovo mostro appositamente inviato dall’invasore, mentre, parallelamente a tutte queste lotte, la sua storia si evolveva. Malgrado questa apparente semplicità, Atlas Ufo Robot incantò e quasi stregò una generazione di bimbi e adolescenti. Esso aveva uno stile e delle caratteristiche assai peculiari: seppur accanto a situazioni infantili o poco realistiche, nella serie si trovavano un certo costante romanticismo malinconico, una problematica drammaticità, una caratterizzazione dei personaggi, sia «buoni» che «cattivi» (alcuni costretti a combattere una guerra che non sentono loro), quasi dialettica. E, soprattutto, una singolare condizione politico-esistenziale dell’eroe, che difende la Terra, ma non è un terrestre (in pressocché tutti gli altri anime di robot invece l’eroe di turno è terrestre, o comunque, appartiene alla patria che sta proteggendo dal nemico): il pilota di Goldrake, infatti, Duke Fleed (Actarus nella versione italiana), in pratica è uno straniero,un alieno, principe-sovrano del suo paese di provenienza, la stella Fleed, distrutta della forze del malvagio Re Vega, che ora è bramoso di conquistare anche la Terra. È attorno a questi aspetti che può prendere corpo una breve riflessione di pensiero politico.

Innanzitutto, osserviamo che l’eroe-pilota di Goldrake è il principe della stella Fleed e questa sua connotazione, in effetti politica, lo caratterizza fortemente, inducendolo alla capacità di comandare e organizzare e a una certa responsabilità e ragionevolezza. Ma Duke Fleed ha anche un animo raffinato, diremmo «artistico», è quasi un esteta, amante della natura e della musica: in molti episodi della serie lo si vede, infatti, dedito a suonare la chitarra sotto le stelle o al tramonto del sole, a vivere in un contesto piuttosto bucolico, dal momento che, una volta giunto sulla Terra, egli cela la sua identità di alieno lavorando in una fattoria. Questo suo atteggiamento, unitamente al suo stesso aspetto fisico e abbigliamento, con i capelli lunghi, i pantaloni a zampa d’elefante, i braccialetti, gli danno anche un’aria vagamente di hippie-country reduce dalle letture di filosofia della liberazione di Marcuse. Non si deve tuttavia immaginare che tutto ciò implichi in lui una connotazione libertina, perché anche il suo rapporto con la libertà è molto composto. La libertà non è, cioè, intesa sotto un aspetto meramente individualista, quanto piuttosto nella sua dimensione più responsabile e sociale. Non a caso Duke Fleed, durante tutta la serie, si trova ad avere momenti di dialogo e confronto, creando appunto uno «spazio sociale» con gli altri personaggi, che spesso hanno posizioni e valutazioni più immediate sulle varie questioni. I suoi dialoghi configurano una dimensione a tratti ermeneutica, perché portano l’interlocutore non tanto a comprendere meglio le cose ma a comprenderle diversamente. Esemplificazione di questa libertà come responsabilità e come riflesso di reale autonomia e autocontrollo è anche, sotto molti aspetti, il fatto che il principe e signore di Fleed appaia, in molte occasioni, intento a rassettare, con un forcone, il fieno della stalla della fattoria dove lavora, come un servo qualunque. In quell’immagine, forse, si compie la dialettica servo-padrone di hegeliana memoria.

Duke Fleed pare incarnare la dimensione del re-filosofo di Platone, ossia di un uomo colto e ragionevole, che sa pensare secondo misura e grazia, ma chiamato alla vita pubblica, a organizzare e decidere, a deliberare. Tale elemento si evidenzia in molte battaglie della serie, soprattutto quando Duke Fleed coordina gli interventi degli amici che guidano i mezzi ausiliari di Goldrake, ossia Kôji (Alcor nella versione italiana), Maria Grace (Maria, sorella minore di Duke Fleed) e Hikaru (Venusia, figlia del proprietario della fattoria dove Duke Fleed ama lavorare). Si deve, comunque, notare che queste evidenti ed elevate capacità di combattente non vengono mai esercitate da Duke Fleed con compiacimento o con particolare orgoglio e men che meno con vanto. Egli, infatti, odia la guerra e teme che la Terra possa essere conquistata e distrutta com’è accaduto con la sua stella Fleed. Si coglie, dunque, in lui un pacifismo che non è solo frutto di una dimensione politica, ma è il riflesso di una generale armonia dell’uomo con tutto ciò che lo circonda a partire dalla natura stessa. In Duke Fleed, diversamente dagli altri piloti robotici come Tetsuya del Great Mazinger, Hiroshi di Jeeg Robot, o Ryôma, Hayato e Musashi di Getter Robot, tutti in varia misura accomunati dalla foga del combattimento e da una certa spavalderia, c’è sempre un elemento di saggezza e di misura. La personalità di questo principe-condottiero-filosofo è resa, poi, ancor più interessante dalla sua condizione di extraterrestre chiamato a proteggere la Terra. Egli è considerevolmente integrato nel contesto terrestre: è stato adottato dal Professor Umon (Procton nella versione italiana) e, come detto, lavora in una fattoria in cui tutti gli sono sinceramente affezionati. Tuttavia, l’eroe mostra come la condizione dell’essere straniero conservi una traccia indelebile, sempre pronta a riaffiorare nella memoria e a stendere un velo di malinconia anche nei momenti che sembrano più spensierati: egli è, per dirla con Simmel, «il viandante potenziale», che pur non avendo continuato a spostarsi, non ha superato del tutto l’assenza di legami dell’andare e del venire. Duke Fleed, gentiluomo e leale combattente, si può interpretare, dunque, come una sorta di Ulisse prestato agli anime giapponesi, uomo al contempo intelligente e sensibile, allontanato dalla sua patria e per lungo tempo portato alla condizione di straniero, ma desideroso di tornare alle sue origini, pur mostrandosi capace di adattarsi alle difficoltà che la vita gli ha imposto, come il perfetto uomo della modernità classica, plastico eppur sempre padrone di sé.

           La condizione di straniero, propria di Duke Fleed, permette alla serie nel suo complesso di intercettare altre tematiche assai delicate.Considerata non dal punto di vista dell’eroe, ma da quello esterno dell’osservatore neutrale, l’avventura di Goldrake, infatti, è la configurazione concreta di uno «scontro di civiltà», appunto tra Vega e la Terra. Poiché, però, Vega ha già conquistato altri pianeti, ha fatto, cioè, dello scontro di civiltà non un evento estemporaneo, ma un modello di pensiero e di «relazioni» politiche con gli altri popoli, la vicenda può, inevitabilmente, richiamare l’attenzione su una serie di categorie interpretative come imperialismo, cosmopolitismo, universalismo.

Vega mostra di possedere una filosofia politica marcatamente imperialista. La relazione con l’Alterità è vista dal Re Vega come necessariamente basata sull’appropriamento, lo sfruttamento indiscriminato della popolazione sottomessa e delle sue risorse tutte. Vega è palesemente al di fuori di qualsiasi forma di diritto tra i popoli, fa valere esclusivamente a legge del più forte, è il despota-tiranno ancestrale.Vega probabilmente rappresenta anche uno Stato totalitario, che per prima cosa divide il mondo in una schiera di fratelli di sangue che si contrappone a una massa amorfa di nemici giurati.

Dal punto di vista terrestre Vega costituisce, dunque, l’Alterità come minaccia, pericolo, l’Alterità come nemico. È la versione inquietante dello straniero come male Assoluto. Ma anche Duke Fleed è straniero per i terrestri e tuttavia egli, con la tradizione del suo popolo Fleediano, incarna, invece, la dimensione positiva dello straniero, che si basa sull’incontro di civiltà e sulla relazione pacifica e armoniosa. Di più: se Vega rappresenta la dimensione dell’Imperialismo, Goldrake, i Fleediani e Duke Fleed sono i simboli del Cosmopolitismo nella sua accezione più evidentemente kantiana, quasi alla lettera del momento che Goldrake attraversa proprio il cosmo per giungere sul pianeta Terra. Il cosmopolitismo è, infatti, la dottrina che nega le divisioni territoriali e politiche, affermando il diritto dell’uomo e in particolare dell’intellettuale a definirsi cittadino del mondo (come cosmo).

È interessante a questo punto fare un’ulteriore osservazione. Vega è imperialista perché tutto il suo popolo segue questa visione e vi crede fermamente? Oppure l’imperialismo di Vega è frutto dell’impostazione (e dell’imposizione) politica del suo sovrano, il Re Vega? Il quesito si pone perché non mancano, nel corso della serie, esempi di esponenti anche di spicco del popolo di Vega che non condividono lo stile del Re, il che indurrebbe a credere che, per quanto il popolo di Vega possa essere nel complesso guerriero e invadente, probabilmente questo carattere è accentuato da un sistema politico che sembra molto riconducibile, oltre che al totalitarismo, anche all’assolutismo dei sovrani della prima modernità, quasi in una commistione dei due generi politici. In diversi casi, infatti, alcuni condottieri di Vega (che, a volte, sono appartenenti ad altri pianeti, in passato indipendenti, ma ora assorbiti dal dominio di Vega) sono indotti ad avere una visione distorta della realtà dal loro sovrano che li convince che Goldrake sia l’invasore e quando essi si accorgono della verità cercano, sempre vanamente, di rimediare al loro errore. Si può dire che l’atteggiamento di Re Vega incarni il machiavellismo politico nella sua accezione più bieca e negativa, visto che il malvagio sovrano manipola con astuzia diabolica i suoi sottoposti, piegandoli ai suoi desideri e fini di dominio e potere.

Prodotta in un momento storico in cui il mondo era diviso in due blocchi, che si tenevano a debita distanza l’uno dall’altro, la storia di Goldrake – in cui le implicazioni politiche e sociali si lasciano cogliere non come fredde convinzioni che albergano negli animi dei personaggi, ma, come il portato, anche doloroso, di storie passate e di ricordi- finisce per riflettere la dimensione delle società attuali, forse anche più che le vicende della propria epoca. Perché, in effetti, il xxi secolo è l’epoca dello straniero, del contatto più o meno problematico tra civiltà. Duke Fleed, illuminato e romantico assieme, mostra l’aspetto sempre più nobile, articolato, edificante della civiltà. Lo sguardo di Duke Fleed è quello dell’Alterità conciliante che sa accogliere la Differenza senza dimenticare la propria Origine, delineando in quel momento il contatto armonico tra mondi, che, nella storia di Goldrake, si accompagna alla malinconia, forse perché porta alla luce la limitatezza di ogni singolo essere, mera parziale espressione del cosmo infinito delle possibilità. Ufo Robot è l’animeroboticodell’ascolto, della compostezza, della memoria, dell’introversione riflessiva; nel suo pilota la qualità dell’uomo in quanto tale è sempre più luminosa del coraggio, della forza, della tenacia, delle veemenza, della temerarietà, del fascino di un eroe. Il robot ideato da Nagai era, in effetti, la rassicurante sentinella dei bimbi che lo guardavano, sentinella in cui il buono e il giusto convivevano, proprio mentre nel mondo reale i venti della postmodernità trionfante cominciavano a soffiare impetuosi, dividendo, ormai inevitabilmente, il buono dal giusto. Goldrake fu la punta di diamante di un genere di disegni animati in cui era cruciale la dimensione ideale ed edificante, coraggiosa ed esemplare, che già dalla seconda metà degli anni Ottanta cominciò a declinare. D’altra parte, le derive postmoderne sono, nell’ultimo ventennio, ormai troppo marcate e, in questo contesto, pensare all’idealismo di Goldrake appare ingenuo e suscita, forse, una certa tenerezza. Goldrake sottende un ideale di politica che semplicemente oggi non solo non esiste più, ma che nemmeno probabilmente è ricordato più di tanto nella cultura contemporanea, e men che meno appare più ricercato, poiché il contesto attuale è esplicitamente quello di una società ormai disincantata e post-ideologica. Goldrake aveva ben altro canone: insegnava a combattere per ciò in cui si credeva, senza ostentare la sacralità della guerra e della patria, ma per un mondo giusto, senza schiavitù e sfruttamento.

In virtù di tutto questo, quando, alla conclusione della serie, Duke Fleed e la sorella Maria si mettono in viaggio a bordo di Goldrake per far ritorno alla loro patria, allora, forse, nel lasciare il loro insegnamento – quasi appunto una filosofia (morale, sociale, politica) – a una generazione di ragazzi, portano con sé un pezzetto del cuore di tutti quei piccoli ammiratori, che, segretamente, restano a sperare, un giorno, nel ritorno del robot dalle corna gialle che volava inglobato in un disco-ufo: sullo sfondo di un’inedita forma di «nostalgia del totalmente altro», lo straniero, per tanti di loro, non è più né strano né estraneo.

 

Questo articolo è estrapolato da una trattazione più ampia e sistematica che si troverà nel volume di prossima uscita: Giacomantonio Francesco , Pellitteri Marco, Shooting star! Sociologia mediatica e filosofia politica di Atlas UFO Robot, Fondazione Mario Luzi editore, Roma 2015.

 


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