Goldrake reload: nodi e prospettive nelle riproposizioni di un immaginario

Ufo robot Goldrake (Ufo robot Grendizer nella versione originale del suo ideatore GōNagai) è uno degli anime rimasti più celebri in Italia, dove fu l’apripista di una massiccia ondata di questi programmi giapponesi tra fine anni Settanta e inizio anni Ottanta, assurgendo a mito generazionale (sugli aspetti etici, sociali e politici di Goldrake mi sono impegnato, insieme a uno dei maggiori specialisti di sociologia degli anime, in Pellitteri, M., Giacomantonio, F., Shooting star. Sociologia mediatica e filosofia politica di Atlas UFO robot, Fondazione Luzi editore, Roma, 2017). Nel 2024, a quasi mezzo secolo dalla sua prima uscita in Giappone nel 1975, questo robot gigante ha conosciuto due riproposizioni davvero importanti: una è le serie reboot intitolata Grendizer U, andata in onda l’estate scorsa in Giappone e proposta a gennaio 2025 in Italia con il titolo Goldrake U addirittura su Rai Due in tre prime serate; l’altra è il crossover a fumetto Jeeg contro Goldrake (edito da Studio Itaca in due volumi in cofanetto), disegnato da Luca Papeo (con licenza della casa produttrice delle opere di Gō Nagai, la Dynamic Planning), uscito in pieno autunno 2024 e già esauritoin tre mesi. Queste riproposizioni hanno riacceso l’attenzione sull’eroe venuto dallo spazio, infatti sui social media e nei circoli dei fan vi sono stati numerosi interventi e commenti e il reboot della serie ha condotto molti quotidiani importanti a dedicare articoli specifici su questo robot, sull’immaginario in cui si inserisce e sul suo seguito. Può risultare quindi interessante soffermarsi a considerare il reboot e il crossover, non tanto in ottica specificamente massmediologica, quanto perché, essi secondo impostazioni differenti, diventano emblematici in generale delle questioni legate alle possibili modalità di riproposizione di elementi dell’immaginario, evidenziando peraltro una serie di aspetti relativi ai processi culturali che caratterizzano la società del XXI secolo. 

Il reboot, strutturato in 13 episodi(e ipoteticamente aperto a una possibile seconda stagione), fornisce una nuova versione della storia di Goldrake, che pur conservando ovviamente i personaggi fondamentali e la vicenda della lotta tra Goldrake e gli invasori di Vega, tuttavia diverge dalla versione classica, sia per lo stile del disegno, che si discosta dai modelli degli anni Settanta che avevano tratti più marcati e non esili, sia soprattutto perché presenta numerosi elementi alternativi, in cui sembrano convergere alcune suggestioni del manga degli anni Settanta di GōNagai e Gosaku Ota (si veda Nagai, G., Ota, G., Ufo robot Grendizer, 4 voll., edito dalla d/visual nel 2007-2008) e del cortometraggio sempre degli anni Settanta che costituì una sorta di sperimentazione dei temi e degli standard dei personaggi di Goldrake, ossia Uchū Enban Daisensō (in Italia col titolo La grande battaglia dei dischi spaziali). Ora, questa reinterpretazione odierna ha destato perplessità tra i fan e non sono quindi mancati giudizi severi da parte di chi era legato alla versione originale, sebbene si deve rilevare che anche le riproposizioni di altri super robot coevi di Goldrake, che vi sono state nel corso del tempo(come quelle relative a Mazinger, Jeeg, Getter robot), hanno seguito questo canone che evidentemente caratterizza pure le tantissime rielaborazioni che hanno conosciuto i supereroi dei fumetti americani, basti pensare a Superman o Batman e ai loro epigoni: del resto è la categoria del reboot in sé che è, come già insegna la storia del cinema, intrinsecamente esposta al rischio di scontentare pericolosamente i fan originari e mancare totalmente il bersaglio di incantare le nuove generazioni. Il crossover invece, in cui Goldrake è coinvolto in una vicenda con Jeeg, altro super robot sempre ideato da Gō Nagai e molto noto in Italia, si caratterizza per il fatto che la storia viene a collocarsi in continuità con le serie originarie, ponendosi in pratica come un episodio inedito inseribile nella parte finale della storia originale di Goldrake: in questo caso peraltro tutti i personaggi e i contenuti classici sono rispettati e la narrazione è condotta in modo molto ispirato dai canoni tradizionali, attraverso uno stile di disegno che ricalca e fa rivivere perfettamente gli apici degli anni Settanta. Questo fumetto in definitiva si richiama al modello dei cortometraggi che coinvolgevano i robot di Nagai negli anni Settanta, come UFO Robot Goldrake contro il Grande Mazinger, o Il Grande Mazinger contro Getter robot, ecc. 

Le due distinte tipologie di narrazione nelle quali Goldrake è così ricomparso, al di là dei contesti legati alle preferenze manifestate da spettatori e lettori, permettono dunque alcune essenziali valutazioni nell’ottica più ampia della sociologia dei processi culturali. Se riproposizioni di elementi dell’immaginario di serie, film, romanzi, fumetti, sono stati frequenti già nel tardo Novecento, è indubbio che nel XXI secolo questa possibilità è stata ancora più marcata, tanto che si può forse ritenere che il nuovo secolo, proprio dal punto di vista dell’immaginario, si caratterizzi più per le riletture del già visto che per l’affermazione di idee del tutto nuove. Del resto, tale aspetto è una certa misura piuttosto comprensibile, nell’ottica di una cultura come quella postmoderna (si veda naturalmente il classico Lyotard, J. F., La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, Feltrinelli, Milano, 1981), essenzialmente citazionista e in cui la “confezione” e l’estetica diventano spesso preminenti sui contenuti.  In tal senso, nel caso del ritorno di Goldrake, si può sostenere che il crossover faccia uno sforzo di lavoro che appare più meritevole del reboot, perché il fumetto cerca di riprendere tutto il senso del classico donandogli una sorta di extra di complemento, che pur marginale, appare molto plausibile e accurato nella costruzione dei dettagli narrativi, perché non si pone nell’ottica di “conquistare” nuovo pubblico attuale, ma, più fondamentalmente, si configura come risultato di affetto e attenzione per il genere super robotico giapponese. Il reboot invece, che ha alle spalle una produzione più sistemica, effettuata in Giappone grazie al sostegno arabo (si ricordi che l’Arabia Saudita era stato uno dei paesi, insieme a Francia e Italia,  che maggiormente aveva recepito e amato Goldrake all’epoca della sua prima apparizione) e che, per ovvie necessità anche commerciali, non può fare a meno di rivolgersi a nuove generazioni e di adottare gli stilemi del mondo attuale, in cui rispetto agli anni Settanta, molte cose seguono altri indirizzi, probabilmente meno epici, meno decisi o semplicemente inclini  ad altri tipi di dettagli. Reboot e crossover nella loro impostazione su Goldrake riflettono percorsi alternativi: quello sotteso al reboot è del genere più frequente e legato alle grandi produzioni, quello sotteso al crossover è in invece più raro e legato al talento del disegnatore italiano che si è impegnato a portarlo avanti. Restando all’ambito di pubblico italiano è indubbio che il reboot, giunto anche sulla Rai come detto, abbia suscitato pareri più controversi, anche per il peso che l’originale ha avuto in Italia, mentre il fumetto crossover pare aver incontrato più generali consensi tra gli appassionati, in particolare della generazione che aveva visto per prima Goldrake.  Bisogna però considerare che anche il reboot, pur con i suoi limiti che non gli permettono di raggiungere il livello straordinario della versione originale (per pathos, musiche, suggestioni, innovazioni, iconicità), assume una sua valenza: non per suoi eventuali pregi specifici (tra i quali alcuni hanno ad esempio indicato la presenza anche di Mazinger Z nella serie), ma per il significato che riproporre una storia incentrata su robot giganti, su lotte drammatiche e su un certo tipo di fantascienza, può avere nel terzo decennio del XXI secolo. Sappiamo benissimo, infatti, che rispetto ai tardi anni Settanta, il mondo (e la cultura che lo attraversa) ha assunto un carattere sempre più impaurito e disilluso, in cui gli ideali sono visti con disincanto, in un clima da acclarata “fine dell’utopia” (si veda indicativamente Bauman, Z., Modus vivendi. Inferno e utopia nel mondo liquido, Laterza, Roma-Bari, 2009): la drammaticità e il fascino coinvolgente della versione originale di Goldrake (come di tanti anime coevi), nei suoi apici anche malinconici e struggenti, in cui si avverte ancora la memoria del Giappone rispetto alla catastrofe bellica e al bombardamento nucleare, restano qualcosa di irripetibile (sulla tradizione e sul “codice linguistico” degli anime robotici classici si rimanda all’agile, ma utile e essenziale, Cantino, E., Da Goldrake a Supercar Gattiger. Dal semplice al complesso: tipologie di robottoni dell’animazione giapponese, Mimesis, Milano, 2013); e allo stesso modo la fascinazione fantascientifica per gli UFO e gli alieni è un altro aspetto molto tipico della cultura anni Settanta, che forse ha avuto nuovi picchi negli anni Novanta, ma che oggi non ha lo stesso impatto. E, dunque, riproporre, seppur in un’altra declinazione, la fantascienza del robot gigante, della guerra, del dramma (in Goldrake U comunque con una maggior componente sentimentale), è una operazione coraggiosa e sorprendente o spiazzante. In Italia, poi, in particolare, la trasmissione in prima serata, su tv generalista, di un programma del genere, potrebbe far sperare in una fase di minimo ripensamento di palinsesti, tanto più se si tiene presente che la tv italiana da circa un quarto di secolo (!) è invasa da reality show, talent show, e varietà e intrattenimenti simili.

Alla luce di tutto ciò, i ritorni di Goldrake, come quelli che hanno riguardato tanti altri personaggi che hanno segnato l’immaginario narrativo più avventuroso, costituiscono tutti un elemento insito ai processi culturali attuali cui guardare con curiosità: ovviamente, si tratta di temi che non vanno confusi con aspetti più sostanziali e importanti e che non possono essere considerati centrali nel panorama intellettuale, sociale e politico dell’età attuale, tuttavia essi assumono significati da non sottovalutare e il coinvolgimento che determinano, può sottendere esigenze affettive, di sicurezza, di solidarietà, o di protezione, oggi frustrate da un’epoca sempre più individualista e utilitarista, vacuamente imperniata sul successo più che sul valore, di eventi, cose, persone e segnata dall’acuirsi di derive di senso su cui avevano già insistito letture ormai classiche di critica sociale (si vedano emblematicamente Adorno, T.W., Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, Einaudi, Torino 1994 e Debord, G., La società dello spettacolo. Commentari sulla società dello spettacolo, Baldini e & Castoldi, Milano, 2013). Forse, allora, al di là delle considerazioni sul ritorno di Goldrake nelle forme attuali, la cosa più singolare su cui richiamare l’attenzione sta nel fatto che in fondo, a ben guardare, Goldrake non se ne è mai andato dal cuore di coloro che gli hanno voluto bene, anche perché la realtà degli ultimi decenni ha mostrato uno scenario materialista con troppe carenze etiche e istituzionali, deludendo profondamente quanti desideravano essere eroi  valorosi e virtuosi come i piloti dei super robot, non ricchi boriosi e viziosi da show-business.


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