Una lettura “adorniana” degli Area: musica, libertà e improvvisazione nell’Italia degli anni ’70

1.

La parabola artistica degli Area si articola nel corso degli anni ’70 e si configura come un’esperienza singolare, poiché incarna le contraddizioni e le prerogative della situazione sociale, culturale e artistica dell’epoca. In questo decennio avviene la consacrazione delle tendenze improvvisative e sperimentali nei vari contesti in cui si articola la musica “leggera”, alle quali si aggiungono, nel caso specifico degli Area, le istanze politiche e di critica sociale. Attraverso l’analisi del contesto in cui sorge la formazione è possibile identificare le evoluzioni che avvengono all’interno della musica popular: l’obiettivo dell’argomentazione è instaurare un confronto tra quanto teorizzato dal filosofo Adorno e i decenni che lo seguono in cui si sviluppa la vicenda artistica della band, con riferimento al piano della produzione, del commercio e della fruizione musicale. Il fine ultimo, di conseguenza, è quello di cogliere e interpretare le differenze e le affinità di aspetti facenti capo a sfere della musica che, nella lettura di Adorno, si configurano come criticamente e filosoficamente distinte, seppur definite dallo stesso Adorno come “facce della stessa medaglia”. Tra le varie articolazioni che strutturano la musica popular a partire dalla fine degli anni ‘60, la scelta degli Area come caso di studio è proficua per molteplici ragioni: l’incontro dei suoi membri produce un’opera musicale del tutto inedita, la quale rivoluziona il panorama artistico italiano grazie ad un progetto che unisce, nei suoi termini più generali, arte, politica e industria culturale (1). Proprio queste prerogative testimoniano il cambio di rotta del rapporto che la musica leggera intrattiene con la società e la conseguente possibilità di interpretare alcuni fenomeni popular secondo le peculiarità dialettiche di rielaborazione del materiale musicale che Adorno, nella sua interpretazione, attribuisce alla musica seria. 

La prima condizione che permette lo sviluppo dell’esperienza Area è riconducibile all’etichetta discografica CRAMPS (acronimo di Company Record Advertising Management Pubblicità Service) fondata da Gianni Sassi. Il suo operato si caratterizza come alternative rispetto alle grandi etichette dell’industria culturale dell’epoca, dando la possibilità alla formazione di sperimentare un’opera musicale che rompe gli schemi, sia sul piano compositivo-sperimentale, sia sul piano delle scelte economico-editoriali. A questo aspetto si aggiunge l’impegno politico e la critica sociale, che fa capo, come vedremo, alle direttive politico-culturali della CRAMPS stessa. Data la circostanza peculiare di collaborazione tra etichetta e musicisti, si parla di “gruppo allargato”, un caso simile a quello di Andy Warhol con i Velvet Underground e la sua Factory nella New York degli anni ’60 (2). L’etichetta inizia la sua attività proprio con gli Area e rappresenta uno dei primi esempi di «casa discografica indipendente nazionale capace di fornire agli artisti il classico servizio completo, nata con il preciso scopo di sostenere un progetto» (3). Come afferma il bassista Ares Tavolazzi in un’intervista tenuta a settembre del 2023 e pubblicata sulla rivista online Scenari, «Gianni Sassi creò un’etichetta che andava in una direzione sperimentale. Lui non era un musicista, si occupava di pubblicità, ed anche con successo. I soggetti delle copertine degli Area prendevano spesso spunto dal suo modo di far pubblicità […]. Gianni Sassi si occupava di mandare un messaggio attraverso i testi. Lui e il suo entourage» (4). 

Per quanto riguarda le intuizioni musicali degli Area, invece, è necessario introdurre il tema dell’improvvisazione radicale. Come è noto, l’improvvisazione negli anni ’60 diventa una prassi musicale «al di fuori e al di là dei generi» (5). Essa viene integrata nella musica d’avanguardia e si sviluppa in varie forme, tra cui il free jazz. Maurizi (2018) svolge una precisa interpretazione filosofica dell’improvvisazione radicale: «essa è, da un lato, un tentativo di spezzare le forme chiuse in cui si organizza ogni discorso musicale facendo appello al portato utopico-negativo di una musica che coscientemente evita di ricadere in forme musicali riconoscibili. Dall’altro, quest’operazione non è totalmente esente dal rischio di cadere in una concezione mitologica del fatto musicale, rovesciando il potere liberante dell’improvvisazione in un ennesimo rito in grado di normalizzarne il gesto di rottura» (6). Questo aspetto relativo ai momenti antagonistici dell’improvvisazione radicale può essere esteso alle dinamiche più generali della musica e dell’arte: superato il primo momento (utopico-negativo) di rottura degli schemi e dei canoni vigenti, in un secondo momento avviene la creazione di un nuovo linguaggio che, a sua volta, diventa riconoscibile come tale e, pertanto, corre il rischio di ricadere in una “concezione mitologica del fatto musicale”. Questa interpretazione ricorda l’aporia che, nonostante la complessiva lettura positiva, Adorno individua nella musica progressiva di Schönberg: da una parte la sua opera libera la musica dagli schemi del passato, dall’altra, facendo ciò, la “incatena” ad un nuovo ordine (7). È fondamentale tenere presente questa dinamica nell’analisi di un fenomeno musicale come quello degli Area, poiché anch’essi, attraverso la volontà di rottura degli schemi compositivi, partecipano all’andamento dialettico del materiale musicale. La peculiarità della loro opera risiede nell’utilizzo di un materiale che fa capo alla musica popular e che presenta, al suo interno, una possibilità di rielaborazione dialettica, a differenza di quanto teorizzato da Adorno a riguardo della musica leggera. La loro poetica affonda le radici in un contesto ben preciso: a seguito dell’impiego preponderante dell’improvvisazione in musica a partire dagli anni ’60, gli schemi della produzione musicale, compresi quelli dell’industria culturale, si ribaltano. «Evitare la forma è la regola aurea attraverso cui l’improvvisazione radicale assume una forma. Ciò la rende estranea, perfino allergica, all’essenza del pop. […] l’improvvisazione è un flusso, cerca il non-identico, mentre il pop, che pure può farsene attraversare, è essenzialmente struttura, ripetizione» (8). L’ingresso dell’improvvisazione costituisce un forte elemento di rottura per la musica pop standardizzata, la quale si trova in una situazione estremamente “critica”: «Per il pop non è così facile rivendicare un marchio di fabbrica per garantirsi una sopravvivenza dignitosa in terre straniere. Esso può uscire da sé solo a costo di perdersi. Esso non conosce conciliazione dall’alienazione. Il suo carattere adialettico gli impedisce di tornare in sé dal proprio altro» (9). In definitiva, i musicisti degli anni ’70 si trovano ad operare “ai margini”, in una situazione di profonda incertezza e contraddizione. A partire da questo contesto sorge il progetto degli Area: «un caso unico nella musica europea degli anni ’70 […]. Esso ha combinato sperimentazione sonora, impegno politico e musica pop (nel senso, come recita l’adagio, di POPular) in modo unico. Ciò che ha reso la loro parabola unica […] è stata la determinazione con cui si sono perseguiti obiettivi di rottura, prima di tutto l’uscita dagli schemi rigidi della musica rock in direzione di zone di confine capaci di infondere ad essa nuova vita: il free jazz e la musica aleatoria» (10). Nel prossimo paragrafo cercheremo di ripercorrere alcuni momenti della parabola artistica degli Area a partire dall’intervista al celebre bassista della storica formazione Ares Tavolazzi. 

2. 

In occasione dell’intervista a Tavolazzi è stato possibile ripercorrere alcuni degli aspetti principali che hanno caratterizzato l’esperienza artistica degli Area. In questa sede emergono una serie di fattori che concorrono in modo determinante nella produzione di un’opera musicale, sia che essa appartenga, per citare Adorno, alla musica seria, sia che faccia capo alla musica leggera. Composizione, commercio e fruizione sono le macro-tematiche che Adorno analizza nel suo discorso intorno alla popular music: attraverso il suo approccio critico-teorico delinea un contesto nel quale la creazione artistica viene ricondotta ad una produzione industriale e massifica. Tuttavia, negli anni in cui operano gli Area avvengono dei cambiamenti sostanziali e di varia natura, che tentiamo di ricostruire a partire dal loro confronto con la riflessione adorniana. 

Il primo nucleo che interessa la trattazione è proprio l’improvvisazione. Essa è largamente impiegata nella musica degli Area, sia in fase compositiva, sia nella performance live: «Il ruolo dell’improvvisazione nella musica degli Area era una parte integrante, forse la più importante. L’improvvisazione pensata a largo raggio: da quella di tipo classico, sulle strutture degli standard a quelle della musica Free» afferma Tavolazzi, «Con gli Area ho scoperto il Free, il jazz di Bill Evans, John Coltrane» (11). L’improvvisazione ha un ruolo di primaria importanza e l’ascolto dei grandi jazzisti americani da parte dei giovani membri degli Area ha un impatto decisivo: l’approccio di Coleman e Coltrane determina nella band, come accade in tutto il resto del mondo musicale, un indirizzo molto preciso nel modo di fare musica. Nel caso degli Area tuttavia questo tipo di approccio è associato, sperimentalmente, a contesti musicali molto distanti (temporalmente e spazialmente), come quello della musica etnica dell’est Europa: la loro musica ha origine dall’intenzione di rottura degli schemi, nella direzione del tentativo di “totale liberazione dell’improvvisazione” (12), nonostante le difficoltà che un simile processo creativo necessariamente incontra, di cui sono testimonianza alcuni passaggi legati profondamente a pattern rock (13). Tuttavia, come è possibile coniugare queste intenzioni artistiche con il mondo della produzione discografica? Questo modo di impiegare l’improvvisazione, a momenti sostenuta da sonorità e pattern rock, vicina al mondo del progressive, ma con influenze di musica etnica alternate a sezioni di improvvisazione radicale vicine al Free, il tutto accompagnato dallo sperimentalismo vocale del virtuoso cantante Demetrio Stratos, come si interfaccia con il mondo della produzione discografica, capitalistico e rigido, all’interno del quale vigono dinamiche e regole ben salde, il cui fine ultimo, possiamo affermarlo senza giri di parole, è il guadagno? La risposta è già emersa parzialmente nel paragrafo precedente e fa capo all’etichetta CRAMPS. Tavolazzi afferma a tal riguardo: «Di solito chi fa improvvisazione non ha legami o vincoli decisionali da parte della casa discografica. […]. La CRAMPS ci dava una totale libertà musicale: loro si occupavano soprattutto dei testi» (14). L’etichetta nasce con gli Area e con delle intenzioni precise: seguire una direzione artistica alternativa. Non esistono vincoli o direttive “dall’alto”, ovvero elementi da inserire piuttosto che escludere all’interno del prodotto musicale affinché esso riscontri il favore del mercato. Gli Area, infatti, non riscuotono un grande successo dal punto di vista della vendita di copie fisiche degli album, per molteplici motivazioni: le grandi band del progressive inglese presentano un materiale musicale più accessibile all’ascolto, il cui impatto è maggiormente “gratificante” rispetto alla musica sperimentale degli Area; allo stesso tempo, le istanze politiche non sono ben accolte all’estero, a differenza dell’Italia che coltiva una forte partecipazione all’approccio della band. L’interesse politico è contemporaneamente una premessa e una conseguenza dell’intensa attività live: questo aspetto li avvicina al mondo dei movimenti di sinistra che all’epoca vedono coinvolti milioni di giovani i quali, a loro volta, formano un pubblico interessato a vivere una esperienza sui generis attraverso il live degli Area. Tavolazzi si sofferma con particolare riguardo su questo aspetto: «la grande parte del pubblico veniva ai concerti degli Area e si aspettava sempre un evento anche non gratificante, qualcosa che ti metteva in difficoltà nell’ascolto, come le tante cose che succedevano: c’era l’imprevisto nella musica degli Area, non si andava a sentire il brano come esattamente era stato registrato, c’erano sempre dei cambiamenti durante i concerti dal vivo» (15). La fruizione della loro musica, in definitiva, è un’esperienza singolare e fuori dagli schemi, in cui si cela l’imprevisto. La sperimentazione sonora e l’improvvisazione arriva a dei livelli tali per cui, durante l’esecuzione, può accadere qualsiasi cosa: «escluse le parti obbligate, succedeva di tutto: uno smetteva di suonare, l’altro piantava chiodi» (16), racconta Tavolazzi. Tutto quello che accade nei live, tuttavia, è materiale prezioso per la creazione di nuova musica: nelle sperimentazioni della performance dal vivo vengono alla luce nuovi passaggi, soluzioni e sonorità. La volontà di supportare un prodotto alternative da parte della CRAMPS si nutre dell’approccio degli Area: essi da una parte non sono vincolati dal punto di vista artistico-creativo a certi canoni, e, dall’altra, trovano durante le provocatorie esecuzioni live il materiale per una nuova espressione musicale su vinile: il contrario di quanto avviene nella produzione di musica pop. In quest’ultima, infatti, vige «un rapporto con la casa discografica, un rapporto con l’immagine. Sono tutte cose che devono essere lì, volutamente così: standard». Per gli Area questo “problema” non esiste, come afferma Tavolazzi: «Noi non avevamo questo problema, anzi, per la nostra casa discografica più casino facevamo e meglio era perché questo tipo di provocazione poteva essere condivisa attraverso il vinile» (17). 

Concludiamo passando in rassegna all’aspetto dell’impegno politico. Le modalità di incontro tra la politica e la band sono singolari: a partire dalla testimonianza del maestro Tavolazzi, possiamo affermare che nel caso degli Area, la politica si avvicina alla formazione, piuttosto che il contrario. Gli Area nascono per fare musica, per sperimentare nuove soluzioni improvvisative e compositive in un periodo di incertezza e contraddizione: «Quando si fa musica non si è né di destra né di sinistra, cioè, fai Musica. Non è che ci mettevamo lì, in sala prove, a dire: “allora è successo questo, parliamo di questo”. No, non è così, facevamo musica». Occuparsi del messaggio politico e della scrittura dei testi era compito di Gianni Sassi e del suo entourage. È interessante sottolineare come la consapevolezza di quanto accade all’interno dell’opera artistica degli Area, soprattutto dal punto di vista del messaggio politico, non è così vigorosa, nel senso che l’impiego dell’istanza politica non è “programmatico”. Al contrario, i musicisti della band iniziano ad interessarsi a certe questioni solo a posteriori: loro nascono e operano come musicisti, non militano all’interno di gruppi politici, come afferma Tavolazzi: «Io non avevo questa consapevolezza, vedevo cosa mi stava succedendo intorno e su alcune cose ero d’accordo, e su altre no, però mi sembrava che quello fosse l’ambiente in cui, in quel momento io, personalmente, e Gli Area, di conseguenza, potevamo muoverci con il massimo della libertà» (18).  

Dalla conversazione con Tavolazzi, della quale abbiamo riportato solo alcuni scorci, emerge una parte degli aspetti che caratterizzano la composizione, il commercio e la fruizione della celebre formazione. È fondamentale ricordare ancora una volta che gli anni ’70, insieme agli altri decenni del dopoguerra, sono costellati da questioni di ogni genere, globali piuttosto che nazionali, le quali concorrono all’edificazione della nostra contemporaneità. L’esperienza degli Area rappresentano uno spaccato specifico degli ’70, in Italia e all’interno di un preciso ambiente culturale. La loro vicenda artistica, al pari di molte altre precedenti e successive, testimonia, in piccola parte, il progresso della musica leggera rispetto al contesto sul quale Adorno riflette nei decenni subito precedenti agli anni ’70. 

3. 

L’interpretazione musicologica di Adorno suddivide la musica contemporanea in due sfere, la musica seria e la musica leggera. La presenta trattazione si articolata a partire dal saggio adorniano del 1932 Sulla situazione sociale della musica, nel quale afferma che, considerata nella sua totalità, la musica, ogni volta che “risuona”, ritrae le contraddizioni e le fratture che attraversano la società in cui essa stessa sorge. Assunta questa prerogativa e constatato il carattere di merce dell’arte contemporanea, Adorno teorizza, nel corso di alcuni decenni, le differenze che caratterizzano le due sfere della musica, i rapporti che essa intrattiene col mercato e le peculiarità della musica progressiva e della musica leggera. Da questo deriva che, al di là di tutte le differenze che vigono tra le due sfere, tutta la musica intrattiene un rapporto con la società, che sia la musica progressiva e dodecafonica di Schönberg o che sia la canzonetta standardizzata prodotta dall’industria culturale. La differenze tra i due poli risiede nel tipo di rapporto che queste intrattengono con la società, ovvero nelle diverse modalità di rispecchiamento delle fratture che attraversano la società stessa. Riassumendo quanto teorizzato dal filosofo in Sulla popular music e nel capitolo Schönberg e il progresso di Filosofia della musica moderna, possiamo affermare che la sfera della musica seria intrattiene un rapporto di tipo critico con la società, poiché avvia il tentativo di svincolarsi da essa. La sfera della musica leggera, invece, vi intrattiene un rapporto di tipo acritico poiché presenta la società per come essa è. I confini di questa suddivisione della musica contemporanea, a tratti rigida e polarizzata, sono destinati a dissolversi (almeno parzialmente) e a mutare nei decenni successivi ad Adorno. Individuare e catalogare i fattori responsabili di questa evoluzione è un compito estremamente complesso: in questa sede ci limitiamo ad introdurre l’impiego delle pratiche improvvisative a partire dagli anni ’60, senza tuttavia citare, ad esempio, l’introduzione della componente elettronica, uno tra i molteplici elementi che determinano l’evoluzione stilistica e performativa dei vari generi che, con Adorno, definiamo appartenenti alla musica leggera. 

L’incontro tra il progetto musicale degli Area e la produzione critico-teorica adorniana costituisce un fecondo momento di riflessione sui termini dell’evoluzione estetico-musicale contemporanea. Innanzitutto possiamo constatare che, nel caso degli Area, cade una delle premesse principali dell’interpretazione adorniana, ovvero il carattere di merce della musica. L’approccio della loro etichetta, così come il loro approccio al materiale musicale, non segue le leggi del mercato: a testimonianza di ciò ricordiamo lo scarso successo della vendita dei loro dischi. Il loro prodotto musicale non è standardizzato, poiché la rottura degli schemi pervade ogni composizione, così come la sperimentazione sonora e la ricerca del non-identico. Vettore di questo approccio è l’impiego totalizzante delle pratiche improvvisative, talvolta vicine al jazz, talvolta vicine al Free e all’improvvisazione radicale. Da questa lettura possiamo dedurre che mercificazione e standardizzazione non sono fattori che caratterizzano la musica “leggera” degli Area: i confini adorniani che contengono quest’ultima, in alcuni casi, sfumano, invadendo il campo e le prerogative della musica seria. Questo si traduce nel rapporto che la musica degli Area intrattiene con la società: la loro musica intrattiene un rapporto critico con essa e di questo ne è una testimonianza esplicita l’istanza politica della loro poetica. Allo stesso tempo, la loro opera tenta di sfuggire alle rigide logiche compositive ed economiche che continuano a veicolare la grande produzione industriale della musica. Il “Nuovo” (the New), che nell’interpretazione adorniana sostiene la differenza tra le due sfere della musica e caratterizza la musica seria, trova, nel caso degli Area, nuove ragioni d’essere all’interno della produzione di musica popular: il riconoscimento, proprio dell’ascoltatore che fruisce la musica leggera, diventa un mezzo, piuttosto che il fine (e non il contrario, come Adorno teorizza in Sulla popular music), dal momento che la rielaborazione che attuano del materiale musicale fa capo alla volontà di rottura dell’ordine dato. Gli Area, con la loro musica, tentano di superare gli schemi rigidi della musica rock attraverso una rielaborazione di procedimenti compositivi provenienti dal Free jazz e dalla musica aleatoria: i membri della band «non si piegheranno mai a una soluzione di compromesso, armonica e totalizzante» (20).  La loro musica è attraversata dalla contraddizione, così come il momento storico-culturale in cui ha origine la loro opera: «Le aperte contraddizioni che solcano la musica degli Area sono segni della coerenza con cui essi hanno colto e approfondito le lacerazioni della musica pop del dopoguerra. […] Il discorso degli Area è un discorso che procede per cesure e non per sintesi – di qui l’abuso e il compiacimento della contraddizione. Nemmeno il discorso politico è, in Area, una sutura, un collante capace di assumere su di sé il compito di risolvere le questioni rimaste aperte. […] La musica è possibile solo come rischio. In questo improvvisazione e composizione si incontrano. Non c’è azione che sia garantita dal non senso, dall’Abgrund, dall’insensatezza. Mente e corpo rimangono scissi e irrisolti; nessuno dei due può giungere a salvare l’altro, a garantirlo e guidarlo con sensatezza. La forza degli Area sta proprio nell’aver accettato le conseguenze della frattura aperta nelle carni della musica pop [corsivo mio]» (21). 

In conclusione, è possibile affermare che le composizioni degli Area rispondano alle problematiche presentate dal materiale musicale nel livello storico in cui operano, creando, difatti, un prodotto compositivo unico nell’ambito della musica pop e leggera. Il loro operato, all’interno di questa sfera della musica, è contrassegnato da una libertà espressiva, dati i contenuti dei loro dischi, e da una libertà “reale”, data la circostanza produttiva, commerciale e performativa della loro opera musicale. Con Adorno e contro Adorno la loro parabola artistica rispecchia criticamente un determinato periodo storico, del quale rielaborano dialetticamente il materiale musicale, a partire dalla sfera definita da Adorno “leggera”, destinata, tuttavia, ad un ripensamento dei propri confini.

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(1)  L. Trambusti, Consapevolezza. Gli Area, Demetrio Stratos e gli anni Settanta, Arcana Edizioni, Roma 2009, p. 9. 

(2) Cfr. ivi, p. 28.

(3) Ivi, p. 30.

(4) A. Camiciotti, L’improvvisazione, gli Area, la musica contemporanea. Intervista ad Ares Tavolazzi, in “Scenari. La rivista di approfondimento culturale di Mimesis Edizioni”, 3 ottobre 2023 (https://www.mimesis-scenari.it/2023/10/03/limprovvisazione-gli-area-la-musica-contemporanea-intervista-ad-ares-tavolazzi/).

(5) M. Maurizi, La vendetta di Dioniso. La musica contemporanea da Schönberg ai Nirvana, Jaca Book, Milano 2018, p. 112.

(6) Ivi, p. 113. 

(7) Cfr. S. Marino, Verità e non-verità del popular. Saggio su Adorno, dimensione estetica e critica della società, Mimesis, Milano-Udine 2021, p. 163.

(8) M. Maurizi, op. cit., p. 113.

(9) Ivi, p. 114.

(10) Ibid.

(11) A. Camiciotti, op. cit..

(12) Cfr. M. Maurizi, op. cit., p. 115.

(13) Ibid.

(14) A. Camiciotti, op. cit. 

(15) Ibid.

(16) Ibid.

(17) Ibid.

(18) Ibid.

(19) Cfr. M. Maurizi, op. cit., p. 114.

(20) Ivi, p. 115.

(21) Ivi, pp. 116-117.


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