Immaginari, cultura e istituzioni: attualità del pensiero di Cornelius Castoriadis

Il XXI secolo si sta delineando sempre più come una fase storica marcatamente dominata dai processi mediatici e comunicativi, che i social network accrescono esponenzialmente. In effetti, gli anni che stiamo attraversando sembrano certificare il trionfo degli immaginari, ossia delle varie rappresentazioni culturali che accompagnano e formano la vita degli individui e che sono alla base di tutti i processi mediatici e comunicativi. Si tratta di un aspetto su cui la sociologia della cultura, ma anche la psicoanalisi e naturalmente la filosofia e la letteratura, propongono continuamente contributi e suggestioni: basti considerare in tal senso che uno dei più recepiti referenti del dibattito intellettuale contemporaneo, come Slavoj Žižek, su questa categoria, ha insistito molto in numerosi suoi studi, declinandola attraverso le teorie di Jacques Lacan, Karl Marx e Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Questa categoria dell’immaginario non rappresenta una prerogativa esclusiva della nostra epoca: la sua rilevanza è riscontrabile lungo tutta l’evoluzione storica della società umana e si è affermata soprattutto nel corso del XX secolo.
Cornelius Castoriadis è uno degli studiosi che maggiormente ha riflettuto sulla categoria dell’immaginario, inquadrandola nel modo più specifico e compiuto secondo modalità che hanno poi costituito un riferimento essenziale per le scienze sociali e per la filosofia e che hanno assunto una rilevanza anche politica. Intellettuale di origini greche, poi vissuto in Francia, di ingegno poliedrico, nella cui formazione oscillano filosofia, scienze politiche, economia e psicoanalisi, Castoriadis è stato una delle figure più interessanti nel pensiero della seconda parte del XX secolo, anche se probabilmente meno celebrato rispetto a Michel Foucault o Jean Baudrillard, per restare nell’ambito francese. Pare tuttavia incontestabile che la sua prospettiva teorica abbia costituito una tappa emblematica del pensiero moderno, se si ricorda che Jürgen Habermas, in una delle sue opere più note e importanti, Il discorso filosofico della modernità (Laterza, Roma, Bari, 2003), non ha remore a dedicargli un excursus specifico, accanto a altri gradi del Novecento come Max Horkheimer e Theodor Adorno, Michel Foucault e Jacques Derrida, Martin Heidegger, Georges Bataille e Niklas Luhmann.

Nella prospettiva di Castoriadis, la categoria dell’immaginario sociale e politico ha un ruolo centrale e caratterizza appunto la sua opera principale, L’istituzione immaginaria della società, che l’editore Mimesis opportunamente ha reso disponibile in edizione completa, a cura di Emanuele Profumi, nel 2022 (una prima traduzione italiana parziale dell’opera era stata infatti proposta dall’ editore Bollati Boringhieri nel 1995, accompagnata da una presentazione del giurista e filosofo Pietro Barcellona, e mai più ristampata essendo andata fuori catalogo da diversi anni ormai). Il merito maggiore di Castoriadis sta nell’aver inquadrato la dimensione dell’immaginario sociale non come fenomeno meramente culturale, ma rapportandolo alla politica e alle istituzioni. Castoriadis sostiene che ogni società, o meglio ogni costruzione di società, dipende da due momenti fondamentali: da una parte quello riconducibile al linguaggio e all’intelletto e dall’altra quello riconducibile al “fare sociale” e al “fabbricare”, che egli definiva rispettivamente come legein e teukhein. Questi due momenti determinano gli immaginari sociali, ma la cosa più significativa da sottolineare è che essi sono alla base delle istituzioni della società: “Entro e tramite il legein e il teukhein si organizza l’istituzione globale della società” (Castoriadis, C., L’istituzione immaginaria della società, Mimesis, Milano, 2022, p. 552). Castoriadis può così affermare che «Realtà, linguaggio, valori, bisogni, lavoro di ogni società specificano ogni volta, nel loro particolare modo di essere, l’organizzazione del mondo e del mondo sociale riferita alle significazioni immaginarie istituite nella società considerata» (ivi,pp. 553-554), per cui evidentemente l’immaginario è condizione di ogni pensiero, dal più banale a quello più ricco e profondo (si veda ivi, specialmente pp. 508-512).
Quando Castoriadis sviluppa queste considerazioni nella sua opera, siamo negli anni Settanta del Novecento, in un contesto culturale in cui il riferimento al marxismo era al suo apice e influenzava abbondantemente la filosofia, la storiografia, le scienze politiche e sociali, e in generale anche ambiti giornalistici e pubblici dibattiti. Anche il filosofo greco, per sua formazione, si caratterizza come pensatore legato al marxismo, ma si deve rilevare che la prospettiva marxista, che è evidente nelle teorie di Castoriadis, non è assunta in modo dogmatico, ideologico o fideistico, bensì attraverso una lettura critica, asciutta e equilibrata, attenta a comprendere come, nella fase storica in cui egli si trova, c’è una enorme molteplicità di varianti del marxismo e, che d’altra parte, è illusorio un puro e semplice ritorno a Marx, nella consapevolezza che la dottrina marxiana sia ben lungi dal possedere la semplicità sistematica e la coerenza che tutti vogliono attribuirle.
Castoriadis, dunque, evita di declinare il marxismo come filosofia della storia e sfugge il suo processo di ideologizzazione che lo ha portato a divenire strumento di oppressione nei paesi dell’allora blocco sovietico.
La comprensione del rapporto tra immaginario e istituzioni, sullo sfondo di un rapporto più consapevole con il marxismo, permette così di cogliere la necessità di denunciare e archiviare il determinismo razionalista che tanto ha influenzato la storia del pensiero filosofico e scientifico, causando i limiti del riduzionismo. In definitiva, nella modalità di studiare l’immaginario, da parte di Castoriadis, si evidenzia uno straordinario acume al contempo teoretico e politico. Se è opportuno segnalare che, a ben guardare, la dimensione di continua costruzione sociale della realtà, che Castoriadis sottende, era stata già colta nella sociologia della conoscenza in particolare da Peter Berger e Thomas Luckmann (Berger, P.L., Luckmann, T., La realtà come costruzione sociale, Il mulino, Bologna 1969), indubbiamente, il filosofo greco si pone in un’ottica più ampia che porta la sua lettura ad avere un peso considerevole dal punto di vista della filosofia politica. E, infatti, nel percorso di Castoriadis, le considerazioni su immaginario e istituzioni giungeranno anche a porre i temi importanti della democrazia e della capacità di sviluppare l’autonomia nella società (si veda ad esempio Castoriadis, C., La rivoluzione democratica, Elèuthera, Milano, 2001).

Cornelius Castoriadis, L’istituzione immaginaria della società (a cura di Emanuele Profumi, Mimesis Edizioni, 560 pag., 28 €, 2022)

Quando dunque, indaghiamo i rapporti tra storia e società soprattutto nell’ambito dell’influenza degli apparati simbolici che l’età contemporanea in generale e le sue evoluzioni del XXI secolo nello specifico pongono considerevolmente, nel panorama filosofico sociologico e delle scienze umane, il rimando a Castoriadis appare per molti versi irrinunciabile, perché egli congiunge i piani teorici della filosofia politica e della sociologia, unendo l’esigenza di comprensione e conoscenza con quella del senso civico e della responsabilità politica. Chi crede al valore della riflessione autentica, al di là di funzionalismi e retoriche di circostanza, trova, in questa lettura, analisi e concetti che aprono l’interpretazione più profonda della civiltà.



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