Dal 21 al 23 marzo si terrà un Convegno internazionale, organizzato da Stefano Veneroni e Federico Rampinini e patrocinato dalla Società filosofica italiana, dalla Société d’études kantienne de langue française, dall’Università di Milano, dalla Società Italiana di Studi Kantiani, dalla Società Italiana di Storici della Fisica e dell’Astronomia, dalla Società Italiana di Logica e Filosofia della Scienza, Università degli Studi di Roma Tor Vergata e dall’Università Roma Tre, su “Kant e la fisica”.
L’incontro trae spunto dalla pubblicazione in italiano, con testo tedesco a fronte, della prima opera di Kant Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive, del 1749, tradotta e curata da Stefano Veneroni ed edita nel 2019 da Mimesis Edizioni. Nella sua corposa introduzione il curatore ha il merito di documentare un fatto di estrema rilevanza: mentre i fisici prima di Kant, sulla base della struttura epistemologica del modello aristotelico-euclideo (Analitica degli elementi), avevano considerato i sistemi “gravitazionale” sulla base dei sistemi “inerziali”, cogliendo nell’accelerazione un caso derivabile e quindi riconducibile al caso del moto rettilineo uniforme, per Kant la rappresentazione “inerziale” del moto (fondata su un atomismo inattivo della materia), per poter essere compresa realmente, doveva essere ricondotta a una rappresentazione “gravitazionale”, fondata a sua volta sulla costituzione dinamica dello stato interno dei corpi.
Il riconoscimento, che ne consegue, della simultaneità come stato dinamico dell’azione di forze tanto del mondo esterno (forze fisiche) quanto del mondo interno (potenze dell’anima), oltre a contemplare la possibilità di unificazione della descrizione di queste forze in un unico modello, basato sul superamento della semplice descrizione intuitiva del moto considerato rispetto al solo stato della successione temporale, è estremamente significativo dal punto di vista storico ed epistemologico.
Esso implica il superamento del modello empirico-osservativo: essendo infatti in questo caso la causa efficiente interna al corpo e simultanea rispetto alla produzione del suo effetto (secondo l’idea di una immediata successio), gli effetti prodotti internamente nel corpo devono venire sottratti sia all’ordine della successione temporale, sia a quello della simultaneità istantanea. Per queste ragioni sarebbe quindi stato indispensabile, al fine di poter giustificare e misurare le variazioni fisiche dei corpi secondo tale modello e dimostrare la validità della valutazione delle forze vive, rovesciare la prospettiva riguardante il rapporto tra intuizioni e concetti, postulando la necessità che questi ultimi precedessero le intuizioni empiriche afferenti, prodotte attraverso la sensibilità.
In questo modo Kant rivoluzionava la meccanica newtoniana, fondando una nuova Dinamica, in base a cui il movimento, come fenomeno esterno della forza, sarebbe stato possibile solo ed esclusivamente in virtù dello sforzo teso a conservare, nello stato interno del corpo, una tale attività (la forza impressa). La “velocità” avrebbe così indicato la quantità dello sforzo necessario per avere la quantità totale della forza agente.
Fu dunque in questa maniera che Kant impresse la sua prima e originale rivoluzione copernicana, comprendendo che, rispetto ai fenomeni gravitazionali, non sarebbe stata sufficiente una descrizione che procedesse attraverso un modello empirico-osservativo.
Si tratta di una conclusione rilevante, che attesta l’attualità del pensiero kantiano almeno per un duplice ordine di motivi. Il primo riguarda il fatto che non solo l’epistemologia contemporanea, ma ormai sempre più anche il punto di vista degli scienziati militanti mette in evidenza un aspetto già sottolineato con esemplare chiarezza da Max Planck nel 1932 in un articolo dal titolo La causalità della natura1: Il fatto cioè che
“come evento la fisica teorica non considera un singolo processo di misurazione, che contiene sempre elementi casuali ed inessenziali, ma un processo puramente ideale; essa mette al posto del mondo sensibile, quale ci è dato immediatamente dai nostri organi di senso e dagli strumenti di misura, che lavorano come organi di senso più acuti, un altro mondo, la cosiddetta immagine fisica del mondo, che è una costruzione ideale fino ad un certo punto arbitraria, una specie di modello creato allo scopo di uscire dall’incertezza da cui ogni misura è gravata e di precisare nettamente i concetti. […] Non è affatto vero, come talora si sente dire, che l’immagine fisica del mondo contenga o debba contenere soltanto grandezze direttamente osservabili. Al contrario: nell’immagine del mondo non si incontrano grandezze realmente osservabili, ma solo simboli. L’immagine del mondo contiene perfino degli elementi che per il mondo sensibile non hanno che un significato indiretto, se pur l’hanno, come le onde dell’etere, le vibrazioni parziali, i sistemi di riferimento ecc.2“
Questo punto di vista, ribadito di recente anche dal Nobel Giorgio Parisi3, evidenzia dunque quanto sia indispensabile, per la ricerca scientifica, partire non dall’analisi diretta dei fenomeni osservati e osservabili, bensì dalla ricerca di un formalismo astratto, di un linguaggio, di uno schema di ragionamento in cui possano essere trasferiti i fatti teorici. Questo formalismo, una volta individuato e sviluppato, esibisce una propria autonomia, che consente al ricercatore di farsi guidare da esso, evitando di porsi ogni volta il problema di stabilire che cosa vogliano dire le formule. In qualche modo esso serve per estrarre gli elementi essenziali di un problema, inquadrarli in un certo modo e usare regole ben definite, che permettono di procedere, utilizzando argomenti euristici o solo formali, e di arrivare a dei risultati, ponendosi solo alla fine la questione della loro interpretazione in termini fisici.
Il secondo motivo di attualità riguarda il passaggio dalla sequenzialità alla simultaneità, che è importante, in quanto permette di fare riferimento a quell’azione concomitante di stimoli e input senza la quale sarebbe impossibile dar conto di quella capacità, di cui parla Damasio e che caratterizza il funzionamento del nostro cervello,
“di mantenere a fuoco l’attività di siti diversi per tutto il tempo che occorre affinché si formino combinazioni dotate di significato e affinché ragionamento e decisione abbiano luogo. Il collegamento temporale richiede meccanismi efficaci e potenti di attenzione e di memoria operativa; sembra che la natura abbia acconsentito a fornirli.4“
È proprio questa capacità a far da sostegno al modo creativo di vedere il mondo, che non si occupa esclusivamente di una specifica modalità di presentazione degli oggetti reali, come la loro forma, ma riesce a guardare contemporaneamente eventi formali in competizione reciproca, come i negativi dello sfondo, le masse di luci e ombre, i disegni geometrici sovrapposti che attraversano i contorni di quegli oggetti.
La percezione cosciente comune non riesce a realizzare una simile visione basata su un’attenzione diffusa e non concentrata e in grado di sostenere la confluenza e/o coesistenza di aspetti a prima vista incompatibili.
Queste sono alcune delle regioni che spingono Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung a parlare, nel corso del loro prolungato scambio epistolare, di un principio, quello di sincronicità, che propone di inglobare un intervallo temporale esteso e anche consistente all’interno di un concetto caratterizzato dalla coincidenza tra istanti di tempo, sulla base di quelle che il fondatore della psicologia analitica chiamava “coincidenze significative di eventi acausali.”5.
Per questi e tanti altri motivi il Convegno, che oltre a Veneroni, che ne è anche il curatore insieme a Federico Rampinini, vedrà come relatori G. Di Pasquale, M. Migliori, A. Costa, N. Guicciardini, M. Blay, P. Grillenzoni, E. Cafagna, P. Pecere, S. Grapotte, M. Bitbol, P. Valore, F. Fraisopi, C. Rovelli e l’autore di questo scritto, si presenta come un incontro di notevole interesse e attualità.
1 M. Planck, La causalità della natura, in ID. , La conoscenza del mondo fisico, tr. it. di E. Persico, Einaudi, Torino, 19433, pp. 243-270.
2 Ivi, pp. 250-251.
3 G. Parisi, P. Urbani and F. Zamponi, Theory of simple glasses. Exact solutions in infinite dimensions, Cambridge University Press, Cambridge 2020.
4 A.R. Damasio, L’errore di Cartesio: emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, Milano, 1994, p. 149.
5 C.G. Jung «Synchronizität als ein PrinzipaAkausaler Zusammenhänge»,tr. it., «La sincronicità come principio di nessi acausali» in Opere, vol. VIII, Boringhieri, Torino, 1983, p. 467.