“Quando ho voglia di rilassarmi leggo un saggio di Engels, se invece desidero impegnarmi leggo Corto Maltese”
(Umberto Eco)
Esattamente 53 anni fa nasceva Corto Maltese, l’amatissima creatura ideata dallo scrittore e disegnatore Hugo Pratt. Era infatti il 10 luglio 1967 quando su Sgt. Kirk, rivista frutto della collaborazione tra l’editore Florenzo Ivaldi e lo stesso Pratt, appariva “Una ballata del mare salato“, la prima storia a fumetti che vedeva protagonista Corto Maltese. Ma da cosa dipende il travolgente successo del marinaio gentiluomo? Ce lo racconta Stefano Cristante in questo passaggio del suo libro “Corto Maltese e la poetica dello straniero” (Mimesis Edizione, 2016).
Siamo nel 1967. Pratt è tornato da qualche anno in Italia. Il lavoro non manca. In particolare, Pratt pubblica per la testata più amata dai ragazzi italiani, il«Corriere dei piccoli». In più occasioni illustra i testi dello scrittore Mino Milani (Le avventure di Simbad il marinaio, L’isola del tesoro, Le avventure di Fanfulla). Illustra anche un’Odissea sui testi di Franca Ongaro Basaglia, sorella minore dello scrittore Alberto e moglie dello psichiatra Franco Basaglia. Ritorna a collaborare con Alberto Ongaro dedicandosi ad alcune avventure del personaggio l’Ombra. Poi, grazie all’amico e collaboratore Stelio Fenzo, avviene l’incontro con l’imprenditore genovese Florenzo Ivaldi, appassionatissimo di fumetti e specialmente di quelli di Pratt. I particolari di quell’incontro sono stati più volte raccontati da Fenzo, che ne ha anche imbastito una breve storia a fumetti. Ivaldi fu travolto dalla personalità esuberante di Pratt, e accettò di finanziare una nuova rivista, che prenderà il nome da uno dei personaggi più amati del narratore veneziano, il Sergente Kirk. La rivista («Sgt. Kirk») vide la luce nel 1967, con Pratt al timone. È proprio sulle pagine della nuova rivista che appare Corto Maltese.
Si tratta del punto più alto raggiunto dalla narrazione prattiana, il personaggio che da solo sintetizza e dà senso a una produzione amplissima, quasi sconfinata, caratterizzata da un’indiscutibile qualità. Pratt ha eccelso nel raccontare super-eroi, uomini delle prime guerre della modernità, uomini delle guerre recenti, uomini del West, investigatori e persino una ragazzina lentigginosa nella giungla africana. Ha saputo ascoltare e interloquire con i grandi scrittori con cui ha lavorato, ha saputo mescolare le proprie ingorde letture alle proprie storie, il suo vissuto alla sua abilità di disegnatore e poi di autore unico. Ha conosciuto la piccola fabbrica dell’editoria a fumetti – la serialità – senza farsene inghiottire. Ha viaggiato instancabilmente e ha conosciuto città straordinarie, come Buenos Aires, del cui multiculturalismo si è nutrito senza esitazioni. I suoi orizzonti di lettore si sono allargati in molteplici direzioni, e la sua biblioteca personale conta migliaia e migliaia di volumi.
In questo momento della sua vita – a quarant’anni – è attrezzato a un nuovo e sapiente ciclo creativo. Il soggetto della nuova fase prende forma all’improvviso alla vignetta n. 36 della storia che lo vede coinvolto: è un naufrago nelle peggiori condizioni, dall’aspetto di galeotto. È legato a una croce di legno che galleggia tra le onde dei lontanissimi mari del Sud e il sole lo trafigge senza pietà. È un ingresso narrativo di rara potenza, forse il più celebre in quella che Pratt chiama “letteratura disegnata”, sotto la stella di un titolo bellissimo ed evocativo, Una ballata del mare salato.
Una ballata, ma non esattamente una qualsiasi, anche se il mare salato ne ha infinite da raccontare. Una ballata dove si presentano personaggi e temi narrativi destinati a raccogliere il patrimonio di quanto cumulato da Pratt fino a quel momento e a distillarne una quintessenza del tutto speciale. Speciale è il personaggio che nelle prime tavole della storia sembra il protagonista, il moderno pirata Rasputin, che ha le fattezze del suo omonimo e leggendario consigliere spirituale dell’ultimo zar di Russia e una speciale personalità sociopatica e a tratti schizoide (ma non priva di enigmatiche aperture affettive). Speciale è lo scenario della storia, l’Oceano Pacifico nella zona della Nuova Guinea. Speciale è – ovviamente – Corto Maltese, personaggio giocato sul filo di una spericolata militanza semi-piratesca e di un’osservanza di valori e comportamenti positivi e inscritti nell’aura del gentiluomo di altri tempi. Speciale è anche la composizione corale della narrazione, nella quale trovano spazio adolescenti irrequieti pur di alto lignaggio (i cugini Groovesnore, Cain e Pandora, che Rasputin intende usare per tutto il racconto per chiedere un riscatto alle famiglie di origine), maori acculturati e abilissimi nella navigazione (Tarao), anti-eroi commoventi (il comandante Slütter), melanesiani coraggiosi e sapienti (Cranio), misteriose figure di potentissimi fuorilegge senza volto (Il Monaco, il signore senza età dell’introvabile isola Escondida), temibili guerrieri Papua (già incontrati nella serie dei Junglemen).
Insomma, tutto è speciale in questa ballata del mare salato. È speciale soprattutto il respiro del romanzo grafico di Pratt, che va oltre le 150 tavole. Lo spirito del tempo – quello in cui uscì la prima avventura di Corto Maltese sul «Sgt. Kirk», 1967 – non ammetteva la prima pubblicazione di un intero graphic novel in forma di libro o di albo. La logica della serialità, ereditata dai romanzi di appendice del XIX secolo attraverso il dispositivo del feuilleton sulle pagine dei giornali, era ancora ben viva e stabilmente trasmigrata sulle pagine delle riviste a fumetti: per quanto le singole storie fossero lunghe e articolate, difficilmente l’ultima pagina dell’episodio (inclusi per esempio Tex e Zagor) coincideva con la fine della storia, che invece proseguiva nei numeri successivi (e talvolta si concludeva circa a metà della foliazione). Era un modo per tenere in tensione il (giovane) lettore, e anche per non forzare le sceneggiature in un numero di pagine prefissate, tecnica che avrebbe potuto indebolire le storie.
Una ballata del mare salato si distende dunque su un gran numero di pagine, con un equilibrio stupefacente tra disegni e testo. All’interno delle due componenti essenziali dell’opera sono poi rispettati ulteriori sotto-equilibri: nei testi quello tra dialoghi “normali” (normalmente formulati per consentire al lettore di seguire le vicissitudini della storia) e dialoghi caricati di particolare significato, con frasi a effetto e aforismi a volte memorabili. Nei disegni è rispettato un equilibrio tra realismo ed espressionismo – già tipico di Pratt – con un’ulteriore presenza di singole vignette composte con pochi tratti essenziali, quasi astratte. Si tratta di un equilibrio ricercato durante l’intero corso dell’opera prattiana, e che tuttavia nella Ballata ritrova una sorta di naturalità, grazie al piacere dell’autore di lavorare a un soggetto che mette in azione la maggior parte dei suoi stimoli letterari e delle sue conoscenze sull’avventura esotico-bellica.
Lo stesso Corto Maltese raggiunge il proprio equilibrio quasi creandolo da sé nel corso del romanzo: appare in principio come naufrago con aspetto da galeotto (con orecchino al lobo sinistro) e mette quasi subito in atto una prima metamorfosi. Diventa un marinaio-pirata sarcastico e gallonato, trasformazione che Pratt ottiene semplicemente disegnando una buona rasatura e una giacchetta bianca (p. 27). Poi Corto si produce nella prima dissonanza rispetto a Rasputin: questi uccide personalmente il comandante di una nave incrociata nell’oceano e fa mitragliare l’intero equipaggio dai suoi uomini mentre Corto cerca di opporsi e per questo viene tramortito. Nelle pagine seguenti lo ritroviamo confinato nelle caldaie a spalare carbone a torso nudo, riprecipitato nel ruolo (anche fisiognomico) del galeotto, da cui sarà riscattato per via dei piani di Rasputin. In questa fase indossa una maglietta scura e un fazzoletto annodato al collo, particolari completati dal cappello da ufficiale di marina e da pantoni bianchi che lo rendono – con l’eccezione del volto – del tutto simile a Luca Zane di Anna nella jungla. Il “vero Corto Maltese”, così come ciascuno di noi lo visualizza mentalmente da molti anni (cioè con una marsina marinara, una camicia bianca dal colletto inamidato e un cravattino nero svolazzante) compare solo a pagina 95, all’interno di un sottomarino tedesco. Alle metamorfosi estetiche corrispondono le trasformazioni del carattere. Corto si esprime inizialmente nel linguaggio crudo e provocatorio di Rasputin. Esempio:
Rasputin: “Come hai perduto la barca? E ora che farai?”
Corto: “Dammi da bere!”
Rasputin: “Stammi a sentire, Corto, qui sei nella mia barca e qui comando io! Ora scendiamo sottocoperta e mi racconterai…” (p. 26).
Più avanti:
Corto: “La nave olandese è piena di carbone…”
Rasputin: “Già!!”
Corto: “Ci pagheranno bene! La Germania ha bisogno del carbone! Tanto più che tutte le sue basi del Pacifico verranno occupate dagli alleati.”
Rasputin: “Si dedicheranno alla guerra di corsa.”
Corto: “Alla fine di questa guerra… Vinca chi vinca, noi saremo ricchi!” (p. 27).
Corto prende progressivamente le distanze da Rasputin, fino a mettere in chiaro che lui impedirà che venga fatto del male a Cain – ragazzo che pure tratta inizialmente in maniera altezzosa Corto Maltese – che Rasputin vorrebbe sopprimere una volta ottenuto il riscatto. Quindi Corto ingaggia una strana lotta sentimentale con la giovane Pandora, che per gran parte della storia prenderà l’aspetto di un sentimento di attrazione nascosto dalla relazione principale “vittima-carnefice”. La tensione di questa fase sfocia addirittura nel tentativo di omicidio da parte della ragazza, che spara a Corto ferendolo. La reazione contenuta del Maltese sorprende Pandora, che nel resto della vicenda dovrà prendere atto che Corto si è sempre dimostrato generoso nei confronti suoi e di Cain, e li ha sempre protetti nonostante l’apparente complicità con Rasputin.
Un altro aspetto del cambiamento di Corto – stiamo interpretando la storia così come è stata presentata per la prima volta ai lettori, che dunque non potevano conoscere la personalità del marinaio – è la sua acquisita propensione all’ironia, che spesso sfocia in irrisione. È il caso dei dialoghi tra Corto e il potente e inquietante signore di Escondida, il Monaco. Esempio:
Il Monaco: “E tu… Corto Maltese, hai perduto una goletta e anche l’autorità sopra i tuoi uomini, perché?”
Corto: “Questioni di donne, capo!… E per di più uno l’autorità ce l’ha fino a che non è costretto a esercitarla.”
Il Monaco: “Bravo, la risposta è sottile, maltese, ma il risultato è che non sei capace di comandare. Sei troppo individualista e indisciplinato. SEI UN SOVVERSIVO!” (maiuscolo nel testo).
Qualche pagina dopo questo dialogo il Monaco, in preda a una violenta crisi di nervi, fa precipitare in un burrone il marinaio che lo irride (p. 154). Corto Maltese sembra bruscamente uscire dalla storia. Non è così, la scomparsa dura “solo” 28 pagine, quando Pandora annuncia a un incredulo Cain che Corto è stato trovato ferito tra le rocce e curato dal melanesiano Cranio. Ancora qualche pagina oltre (ma a distanza di parecchie settimane narrative), Corto si ripresenta al Monaco vestito del suo abito completo. Mentre fuma una delle sue caratteristiche sigarette fatte a mano, avverte il Monaco che non si farà sorprendere da un suo nuovo attacco di follia. Le sue parole sono misurate, quasi flemmatiche. La comunicazione con il suo potenziale assassino prende immediatamente il ritmo della conversazione tra complici, forse tra amici. I fatti – anche i più gravi – sembrano scivolare senza rancori sulla dandistica giacchetta di Corto e provocargli principalmente ironia. L’atteggiamento caratteriale viene notato e apprezzato sonoramente dal Monaco senza volto.
Corto: “ E se così fosse… Allora quest’isola ha i giorni contati!”
Corto: “Ci conviene abbandonare «Escondida» e andarcene.”
Il Monaco: “Non è detto che debbano trovarci subito, possono passare dei mesi.”
Corto: “Non sperarci, Monaco. Con un navigatore come Tarao, dai per scontato che l’Ammiragliato ci troverà subito!”
Il Monaco: “In poche parole suggerisci una fuga?! Maledetto cialtrone!… Questa è la mia isola… Il «Monaco» muore ma non fugge.”
Corto: “E va bene… Allora muori!”
Il Monaco: “Il «Monaco» fugge ma non muore!”
Corto: “Bè, una soluzione ci sarebbe… Muori a metà e arrenditi a metà…”
Il Monaco: “Haw! Haw! Haw! Eh! Hee!” (ride)
Il Monaco: “Ah, Corto, Corto, Corto… Quello che mi piace di te è proprio questa tua capacità di non perdere mai di vista il lato divertente di tutte le cose…”
Il Monaco: “… Sono contento di trovarti tutto intero, Corto Maltese!”
Corto: “Bentornato, Monaco!” (pp. 207-208).
La composizione finale del romanzo disegnato vede il marinaio preso da due atteggiamenti complementari: applicare una propria forma di giustizia ai fatti cui assiste e svelare senza particolari timidezze, anche se con un linguaggio insieme poetico e controllato, i propri sentimenti.
Da pirata fuorilegge Corto si trasforma in un individuo molto duro verso chi infrange un’altra legge, quella della lealtà e della giustizia. Il tenente Slütter, nemico dei neozelandesi, viene da questi fucilato con l’accusa di fellonia, in modo da nascondere l’onta del sabotaggio di una grande nave carica di esplosivi ad opera di un solo uomo, che per giunta agiva come nemico in una guerra ormai dichiarata. Per Corto Maltese la condanna a morte (già eseguita) è stata un abominio, Slütter essendo colpevole soltanto di una legittima azione di guerra. Si reca quindi dal comandante neozelandese (lo zio di Cain e di Pandora, di cui conosce un decisivo segreto) e gli dice apertamente che vuole la scarcerazione di Rasputin in cambio del proprio silenzio, con un linguaggio duro e minaccioso, anche se non privo di ironia.
Comandante: “Ma lei non ha nessuna simpatia per Rasputin… Perché lo vuole salvare?”
Corto: “Per darle fastidio, Groovesnore! Lasciando libero Rasputin, lei dovrà fare i salti mortali per giustificarsi di fronte all’Ammiragliato!”
Corto: “Inutile cercare di uccidermi… Sarebbe omicidio, e la sua carriera finirebbe di fronte alla corte marziale. Se poi decidesse di incriminarmi per pirateria… Io direi quello che so al mio avvocato e lei scoppierebbe comunque. È la mia maniera di vendicare il povero tenente Slütter. Gliel’avete fatta veramente sporca a quel poveraccio… Me ne vado, Groovesnore, spero di rincontrarla, di notte, in qualche strada scura…!” (p. 256).
Il Corto sentimentalmente svelato, invece, è capace di creare un’inaspettata intimità con personaggi in genere controversi, cui la sua vicinanza si rivela propizia. È il caso ad esempio della sua relazione con lo sfortunato Slütter.
Corto: “A cosa stava pensando, signor Slütter?”
Slütter: “Oh, non l’avevo vista, Corto…”
Slütter: “Pensavo agli anni andati e me ne andavo così… distrattamente… Incontro alla mia giovinezza!… Sia pure inconsciamente, uno cerca…”
Slütter: “… Di rincontrarla…”
Corto: “Fermarsi nel passato come fa lei… È come custodire un cimitero.”
(Corto offre un cicchetto a Slütter da una whisky-flask)
Corto: “Ecco… Scommetto che si sente meglio.”
Slütter: “Già.”
Corto: “Ed ora un altro consiglio. Guardi là quelle belle ragazze vestite solo di foglie… Vada a far loro compagnia…”
Corto: “Non è necessario aspettare l’autunno, amico Slütter!”
Slütter: “Sa una cosa, Corto?”
Slütter: “Lei è un simpatico pirata!!”
Corto: “Faccio quel che posso, signor Slütter. Anche lei è un simpatico ufficiale.”
Corto: “Arrivederci, signor Slütter… E dia retta a uno che la sa lunga, cerchi d’arrivare tutto intero alla fine di questa avventura.” (pp. 211-213).
Il finale del romanzo ha qualcosa di struggente. Ora l’ironia di Corto si trasforma in un seduttivo addio a Pandora, in un contenimento del desiderio che dice molto sul suo casto dongiovannismo.
(Pandora è vestita elegantemente da collegiale, sulla tolda di una nave. Corto la passa a salutare, da barca a barca)
Corto: “Ehi, romantica bijou!”
Pandora: “Buon giorno, Corto Maltese!”
Corto: “Eh, ma che bella! Chissà perché mi fai ricordare un tango di Arola, che ascoltai nel cabaret della Parda Flores in Buenos Aires.”
Pandora: “Forse c’era qualcuna che mi assomigliava?”
Corto: “No! Proprio perché non assomigli a nessuna avrei voluto incontrarti sempre… In qualsiasi posto…”
Pandora: “Non verrò con lei, Corto Maltese.”
Corto: “Lo so!”
(Corto si sfila una corona di fiori polinesiani che aveva al collo e la mette al collo di Pandora)
Corto: “Addio Pandora!”
Pandora: “Arrivederci Corto Maltese!…” (pp. 262-264).
Da notare che, prima della frase di Pandora che rompe il romanticismo di Corto, tra i due vi è stato uno sguardo muto che dura due vignette, probabilmente uno degli scambi non verbalizzati più famosi della storia dei fumetti.
Pratt usa la tecnica della vignetta muta, affidata alla sola espressività dei disegni, numerose volte nel corso della Ballata. Tra pagina 178 e pagina 181, per esempio, ci sono 25 vignette in cui Rasputin incontra il Monaco seduto sul suo trono di vimini e alla fine gli spara. Si tratta però di un fantoccio e di una burla. Solo 3 delle 25 vignette sono completate da alcune brevi frasi del pirata. Le altre sono mute o accompagnate dal solo rumore degli spari. Non per questo sono meno significative e meno narrative. Raccontano anzi in maniera del tutto esaustiva la reazione violenta e nevrastenica di Rasputin di fronte a una manipolazione subita, la cui ironia non può che rimandare a Corto (nel frattempo momentaneamente scomparso dalla storia dopo la lite con il Monaco).
Le vignette mute sono utilizzate anche per le cesure di scena, quando Pratt vuole cambiare ambientazione e/o personaggio. Ne consegue una sensibile riduzione del numero delle didascalie, presenti solo quando sono davvero indispensabili. La Ballata riesce a proporre molte di queste innovazioni, che segneranno il passaggio a una sensibilità narrativa molto più sottile, in cui è richiesto un clima di totale complicità con il lettore, vero e proprio sodale dell’autore. Nelle storie di Corto, a cominciare da questo esordio-capolavoro, il non-scritto corrisponde al non-detto: come nella vita di tutti i giorni, il non-scritto/non-detto vale almeno quanto ciò che viene pronunciato esplicitamente.
Un meccanismo del genere funziona anche con il disegno: si è accennato all’uso del tratto realistico stressato in direzione espressionistica – già presente in molti lavori di Pratt – ma ciò che stupisce, in alcuni luoghi della Ballata, è la poetizzazione del tratto elementare, l’eleganza di figure e scenari tratteggiati in pochissime linee. È il caso, eclatante, di una visione allontanata della barchetta figiana guidata dal maori Tarao su cui viaggiano Corto, Pandora e Cain (p. 91). La vignetta sembra realizzata con una decina di linee e di segni al massimo. La semplificazione radicale diventa astrattizzazione, che riesce a combinarsi alchemicamente con la complessità grafica delle vignette precedenti, aprendo uno squarcio di pura luce nella visione dell’avventura oceanica.
Per quanto riguarda la dimensione corale del romanzo grafico, vi sono delle auto-citazioni significative, come il dialetto veneziano usato da Pratt per far parlare i temibili guerrieri Papua (era già successo in Anna nella jungla), che diventa una cifra prattiana piuttosto esilarante, un gioco esotico-provinciale condotto sul filo del “politicamente scorretto”. Il passaggio dal dialetto veneziano come linguaggio dei dominati al linguaggio normalizzato in italiano quando i dominati si ribellano (è il caso del nuovo reggente dell’isola di Escondida, una volta fuggito il Monaco), rende la vicenda capace di viraggi improvvisi ed emozionanti, come nel dialogo tra Corto e Sbrindolin (altro curioso venezianismo), in cui il nativo divenuto capo dell’isola spiega a Corto la sua visione ideologica (pp. 258-259), dopo essere sembrato, nelle scene precedenti, un sempliciotto con corredo di linguaggio dialettale.
Infine, Rasputin.
Oreste Del Buono scrisse a proposito di Rasputin che si tratta di qualcosa di più di un semplice personaggio. Rasputin è un deuteragonista, una sorta di azzeccato completamento di Corto Maltese. Rasputin non è privo di logica o di intelligenza, ma è dominato da una filosofia assassina. Non gli importa degli altri, e non gli importa di frenare i suoi istinti quando si manifestano. D’altronde condivide con Corto Maltese la capacità di sopravvivere negli ambienti più ostili. Dato per spacciato da tutti (meno che da Corto), ricompare immancabilmente. Il suo aspetto fisico è respingente, ma la sua vitalità assoluta. Di tanto in tanto, il suo umore muta. Forse Pratt si è ispirato ad alcuni caratteri della letteratura russa per tratteggiare il suo personaggio: come in certi personaggi di Dostoevskij, l’indole furibonda si tramuta in animo malinconico, persino bisognoso d’affetto. Rasputin a quel punto della propria metamorfosi si scontra però con il muro di ironia e di sufficienza di Corto Maltese, e questo atteggiamento – come un farmaco o un veleno – spinge al ricrearsi del suo ciclo maligno.
Rasputin è deuteragonista, ma del genere “mobile”: non è in grado di competere con la poliedricità del marinaio, e quindi si prende i propri spazi grafici e narrativi a squarci, senza meritarsi un deuteragonismo “permanente”, come nel caso, per esempio, della coppia antagonista Diabolik-Commissario Ginko delle sorelle Giussani.
Questo brano è tratto da Stefano Cristante, Corto Maltese e la poetica dello straniero (Mimesis Edizioni, Milano 2016, pag. 152, 14 €).