È possibile fare un po’ di ordine in quella incredibile, incommensurabile, per certi versi assurda esperienza rock che è stata Led Zeppelin? Tiberio Snaidero, autore de La Filosofia dei Led Zeppelin, (Mimesis, Milano 2018 145 pp.) scommette di sì. E lo fa in un modo originale ed interessante, provando a considerare il volo dello Zeppelin nella sua dimensione filosofica, di pensiero, anziché attraverso le rotte già molto praticate del fenomeno sociale o dell’aneddotica biografica. L’edonismo sfacciato, il culto del corpo, i riferimenti sessuali espliciti, i riff di chitarra ipnotici ed esasperati vengono riletti alla luce di tre concetti chiave, quelli estasi, etica ed estetica, tre attrattori capaci di orientare il lettore in quel multiforme, complesso e a volte contradittorio universo Led Zeppelin. Per raggiungere questo obiettivo, Snaidero si avvale dell’apporto di una nutrita costellazione filosofica, che va da Kant a Žižek passando attraverso Schelling e Deleuze, che gli permette di coagulare la proposta filosofica della band inglese introno al concetto di sublime. Questo tema, che attraversa l’estetica occidentale almeno a partire dall’omonimo trattato dello pseudo-Longino fino ai giorni nostri, è scelto da Snaidero per descrivere l’obiettivo della musica di Led Zeppelin. Scrive infatti: “se vogliamo definire l’esperienza estetica cui spesso rimandano i testi, la musica e gli spettacoli di Led Zeppelin, dobbiamo riconoscere che, più che nel “bello”, è nel “sublime” che la possiamo più agevolmente individuare”. In tal modo, intorno a questo centro di gravità concettuale, si dipanano i fili che attraversano la produzione della band, analizzata nulla personalità dei suoi componenti, nei suoi testi, nella sua musica, nell’artwork dei loro dischi e nei loro tour. Ne emerge un quadro sfaccettato ma coerente, che descrive l’evoluzione di un pensiero artistico mai banale né casuale, ma frutto di una ricerca continua del limite concettuale, di quell’“accordo nel disaccordo” che costituisce, per Kant, il fascino e il mistero del sublime. Quello che dimostra questo testo di Snaidero è che, a cinquant’anni dalla sua fondazione, Led Zeppelin continua a trascinare con sé l’ascoltatore in un viaggio che, come nell’esperienza del sublime, è anche e soprattutto una scoperta di sé. Post Scriptum: Snaidero sottolinea che il nome della band è Led Zeppelin, singolare e senza articolo. Mi sono adeguato alla sua osservazione.
Damiano Cantone