In ricordo della logica della scienza politica di Giovanni Sartori
Giovanni Sartori, recentemente scomparso, è stato certamente uno dei maggiori esponenti della scienza politica contemporanea grazie a numerosi studi, saggi e ricerche, che hanno formato generazioni di studiosi e studenti e che hanno avuto una risonanza notevole nel dibattito internazionale. L’importanza del suo magistero, riguardo cui possono esprimersi più opportunamente i suoi allievi politologi più influenti, dipende da varie motivazioni e meriti che in questa sede possiamo provare solo sinteticamente a individuare: sono tanti, infatti, i libri e le ricerche di Sartori che si dovrebbero considerare per avere una comprensione completa del suo percorso intellettuale. Per gli obiettivi che qui ci poniamo, ossia ricordare, introduttivamente, innanzitutto il particolare stile e metodo di studio di questo politologo, diciamo tuttavia che si potrebbe azzardare a suggerire che riferimenti indicativi e esemplificativi possono considerarsi Elementi di teoria politica, Il Mulino, Bologna, 1995, Ingegneria costituzionale comparata, Il Mulino, Bologna, 1995, Democrazia. Cosa è, Rizzoli, Milano, 2000 e Logica, metodo e linguaggio nelle scienze sociali, Il Mulino, Bologna, 2011.
Sartori, come egli stesso ha ricordato in alcuni cenni autobiografici, divenne giovane docente, poco dopo la laurea, anche grazie alle sue letture di Hegel e Croce, e, successivamente ebbe modo di insegnare e fare ricerca negli USA, in una fase storica di grande ascesa delle scienze politiche statunitensi. Partendo dai suoi studi sulla politica comparata e sulla politica in generale, un primo punto nodale, che ha caratterizzato la prospettiva di ricerca di Sartori, risiede nella necessità di regole atte a disciplinare il vocabolario e i procedimenti di comparazione, onde evitare di naufragare nella mera attività di raccolta di dati e informazioni, o di vuote assimilazioni. La ricerca di correttezza nell’uso dei termini è esemplificata nel modo in cui Sartori ha sempre individuato con precisione il problema dell’idea di politica, mostrando come questo concetto abbia avuto ambiti di significato differenti a seconda dei contesti storici e del tipo di approccio (giuridico, filosofico, sociologico) utilizzato: si tratta di un contributo epistemologicamente davvero rilevante e, ormai forse da considerarsi classico della manualistica di Scienza politica( si veda al riguardo il suo Elementi di teoria politica, cit.). La stessa idea di crisi della politica, dopo la seconda metà del Novecento, viene così valutata con attenzione e può essere spiegata da un ceppo di cause piuttosto precise: il primitivismo democratico della rivolta studentesca, l’influenza delle tecnologie e dei mass-media, la corruzione politica(si veda Sartori, G., Le difficoltà della politica, in Id., Ingegneria costituzionale comparata, cit.).
Un analogo rigore concettuale si riscontra anche nel modo in cui Sartori ha studiato e spiegato la democrazia, cogliendone i tanti snodi e implicazioni: già in Democrazia e definizioni (Il Mulino, Bologna, 1957) egli aveva chiarito il tema sullo sfondo della guerra ideologica tra democrazia di tipo liberale e democrazia di tipo sovietico, e In Democrazia. Cosa è, dopo la fine della guerra fredda egli rimarca l’esigenza di chiarezza e concretezza nel definire la democrazia nella sua evoluzione storica e teorica e prefigura i problemi legati allo sviluppo delle tecnologie informatiche e comunicative con cui i processi democratici devono confrontarsi nel XXI secolo.
La puntualità teorica di Sartori discende dalla sua consapevolezza sul tema della relazione tra filosofia, scienza e valori: nelle scienze sociali, il nodo fondamentale è neutralizzare i valori, non eliminarli o eliderli: «valori e valutazioni non ostacolano un sapere scientifico a condizione che siano identificati per tali»( si veda Sartori, G., Logica, metodo e linguaggio nelle scienze sociali, cit., p. 88). Egli ritiene che la teoria stia sopra i fatti, che li debba trascendere e valutare, ma ritiene anche che la teoria debba anche tener conto dei fatti, ossia di come l’esperienza riopera sulla teoria( si veda ancora Democrazia. Cosa è, cit., specialmente p. 8) .
Il senso profondo di una corretta metodologia e epistemologia sembra, dunque, risiedere per Sartori nel linguaggio e nella adeguata elaborazione concettuale; questi aspetti, oggi, sono messi in discussione e minacciati dalla perdita di un ancoraggio etimologico delle parole, dalla perdita di un ancoraggio storico, dalla perdita di un discorso condiviso dal punto di vista scientifico, dal momento che la specializzazione scava solchi enormi tra le discipline anche affini. Di qui, l’urgenza di una serie di accortezze e così egli segnala, in Logica, metodo e linguaggio nelle scienze sociali, che, nelle scienze sociali, è necessario 1) che nuove stipulazioni linguistiche e concettuali non vanno semplicemente dichiarate ma anche giustificate 2)che, se si modifica il significato di un termine chiave, poi, l’intera costellazione dei termini confinanti deve essere ricollocata e ridefinita e, infine, 3) che va tenuto uno standard di regole logiche: si tratta di collegare universale e particolare organizzando, in definitiva, le nostre categorie “lungo scale di astrazione”. Il discorso di Sartori tendenzialmente rifugge ogni settarismo ideologico e si basa su un equilibrio fondamentale: non si può pensare la scienza sociale solo in termini quantitativi e, d’altra parte, il pensiero va organizzato.
Sartori, in definitiva, al di là dei cospicui contributi dati agli studi politologici e in generale alle scienze sociali, ha avuto spesso la capacità di valorizzare il momento della riflessione autentica, premessa fondamentale per uscire da quelle penose condizioni, ancora assai diffuse sulla scena pubblica, che offendono il buon senso e la coscienza, prima ancora che l’intelligenza e la razionalità. È tale capacità che rende la lettura di questo studioso un esercizio proficuo anche oltre un punto di vista strettamente accademico.