Globalizzazione e cibo

 

A partire dalla metà degli anni Ottanta del XX secolo si è verificato un insieme di trasformazioni su scala mondiale, di importanza e impatto enormi, che vengono di solito indicati con il termine globalizzazione. Esso è caratterizzato da fenomeni estesi su gran parte del globo terrestre, sono collegati tra loro con un numero di interconnessioni, una forza e un’ampiezza del tutto sconosciuti nel passato e infine i cambiamenti che tali fenomeni provocano in una certa regione del pianeta si ripercuotono su molte altre aree anche molto distanti con grande rapidità.
Le interazioni globali di cui stiamo parlando riguardano i campi più vari dell’agire umano; i più importanti sono quello economico e finanziario (nel cui ambito venne elaborato il concetto stesso di globalizzazione), quello tecnico-scientifico, quello culturale e della comunicazione.
La globalizzazione delle attività umane ha avuto e ha tuttora innegabili vantaggi, per esempio l’accresciuta mobilità delle persone ha favorito il contatto e la conoscenza reciproca di popoli e culture in passato quasi del tutto sconosciuti gli uni agli altri e
le opinioni pubbliche e i gruppi di impegno di tutto il mondo possono tenersi in contatto, coordinarsi e promuovere azioni comuni in difesa dei diritti umani, della pace, dell’ambiente, ottenendo risultati prima impensabili.
Inoltre , in alcuni periodi, la globalizzazione ha portato a un grande aumento della produttività, dei commerci e della ricchezza totale permettendo ai paesi sviluppati di sostenere buone crescite dei loro PIL, mentre altri paesi, in passato più deboli, hanno cominciato a crescere a ritmo serrato e uscire gradualmente dal novero dei paesi poveri (primi fra tutti, Cina, India, Brasile e Indonesia); tutto ciò dovuto all’aiuto fornito attraverso missioni, e finanziamenti previsti dal trattato di Marrakech, il trattato che ha avviato tramite i suoi accordi e i suoi obiettivi il processo di globalizzazione.
L’accordo di Marrakech è un accordo firmato a Marrakech, in Marocco, il 15 aprile del 1994 e sancisce la nascita dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), ed entrò in vigore dal 1º gennaio 1995. Le sezioni del trattato non sono solo relative ai beni commerciali, ma anche ai servizi, ai settori agricolo, tessile e sanitario, al rafforzamento della proprietà intellettuale, all’abbattimento degli ostacoli al libero scambio delle merci e alla risoluzione delle dispute internazionali. Gli obiettivi prefissati sulla parte della risoluzione delle dispute ha causato in realtà molti disaccordi tra gli stati membri in quanto gli stessi hanno agito per interessi propri a volte sfavorendo i paesi poveri. I protagonisti principali delle dispute sono gli Stati Uniti e l’Unione Europea e i motivi sono legati alla competitività instauratasi con la stipulazione dell’accordo che per l’appunto determinò l’esistenza di un mercato a scala mondiale. Un esempio può essere la questione OGM (organismi geneticamente modificati): la mobilitazione degli attivisti anti-OGM dell’UE ha fatto sì che la crescente impopolarità degli alimenti biotecnologici in Europa, (nonostante le rassicurazioni dal mondo scientifico),facesse naufragare la politica di apertura cautelativa verso i prodotti. Nel 1997 diversi Stati membri hanno iniziato a rifiutare l’autorizzazione all’uso di questi prodotti biotecnologici nei propri territori appellandosi alla cosiddetta “clausola di salvaguardia”. Gli Stati Uniti, in quanto maggiori produttori di queste piante, a fronte di tale legislazione; assieme al Canada e all’Argentina, ritennero che le misure comunitarie e nazionali adottate in materia fossero d’ostacolo alle loro esportazioni di prodotti agricoli geneticamente modificati e che, quindi, violassero l’Accordo sulle misure sanitarie proprio sulla base del fatto che la moratoria europea non era sostenuta da nessuna evidenza scientifica di rischio per la salute umana, animale o dell’ambiente; senza però ottenere nessun risultato. Tale situazione di stallo ha comportato, tra l’altro, una drastica riduzione delle attività di ricerca biotecnologica svolte dai centri di ricerca europei, le cui prove sperimentali sono drasticamente diminuite da alcune centinaia l’anno a poche decine. Da tutto ciò si può comprendere quindi, che questo “principio di precauzione” da parte dell’Ue è dovuta in realtà per motivi concorrenziali e di fronte a questi tipi problemi ancora oggi non si riesce a trovare una soluzione.. L’OMC è oltretutto la causa della esistenza delle multinazionali che, possedendo il monopolio nei loro settori, non rispettano molti degli obiettivi prefissati dallo stesso trattato, per esempio la tutela dell’ambiente, dei diritti umani e dei paesi in situazioni difficili; di conseguenza possiamo collegare il discorso con gli aspetti negativi della globalizzazione in quanto i due argomenti sono strettamente legati. Uno di questi aspetti negativi sono la delocalizzazione, che causa l’aumento del lavoro alla popolazione di un paese più povero o con maggiori agevolazioni fiscali, ma toglie automaticamente occupazione nel paese di origine dove aumenterà, probabilmente, il numero dei disoccupati. Ci sono molti economisti che ritengono la globalizzazione responsabile di aver accresciuto il fenomeno del lavoro minorile (nei paesi dove il controllo fiscale e sociale è meno pressante, potrebbe essere relativamente facile per un’azienda sfruttare i minori). C’è il rischio concreto che le diverse culture di tutto il mondo, seppur interagendo, comincino a fondersi, andando via via a perdere i contorni che gli sono propri e che ne caratterizzano l’individualità.
Le malattie si diffondono maggiormente, così come le specie invasive di insetti che, coinvolte nei processi di esportazione merci, potrebbero rivelarsi devastanti in ecosistemi non originari; le grandi organizzazioni occidentali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale rendono facile, per un paese in via di sviluppo, ottenere un prestito. .. Tuttavia, le ferree regole che regolano il mercato dei prestiti (tassi di interesse e altro) possono rivelarsi un’ arma a doppio taglio per i paesi poveri che, spesso, si ritrovano in condizioni tali da non poter mai più ripagare il proprio debito nei confronti di queste organizzazioni, infatti, negli ultimi decenni la situazione economica dei paesi più poveri anziché aumentare, diminuisce. Questo è dovuto al colonialismo di sfruttamento, avvenuto negli anni passati, ma anche al neocolonialismo, poiché questi stati hanno ottenuto l’indipendenza dello Stato colonizzatore, ma non hanno raggiunto un’analoga indipendenza economica. Proprio per questo si è andato a creare una situazione in cui gli sati del nord controllano gli stati del sud, imponendo la loro economia. E dal punto di vista pubblico spesso corrompono i governi. I protagonisti della globalizzazione sono le società transnazionali. Sono imprese di grandi dimensioni, che operano in tutti i settori: telecomunicazioni, banche, automobili, alimentari, computer, ecc.. Infine la diffusione di grandi catene di cibo-spazzatura anche nei paesi economicamente meno sviluppati determina conseguenze negative per la salute e per la cultura del paese (in India, ad esempio, doveva essere intentata una causa contro McDonald’s per aver servito carne bovina pur sapendo che nel paese è proibito cibarsene).
Possiamo quindi affermare che permettere l’apertura mondiale data dalla globalizzazione è nocivo per tutto il mondo in quanto di per sè i paesi hanno problemi di varia natura che, a volte, non sanno gestire, ai quali si aggiungono anche quelli degli altri paesi.
A riguardo ci sono state molte discussioni. La globalizzazione è un bene o un male? Qualcuno sostiene che la globalizzazione sia un bene perché favorisce lo sviluppo dei paesi più poveri. Mentre lo scienziato Edinson sostiene che la globalizzazione è un male perché si vuole creare un paradiso per le multinazionali abolendo le leggi che proteggono i poveri e le comunità locali. La soluzione sono le società stabili, autoregolate, a crescita zero. Alcuni studiosi dopo aver analizzato i dati economici, demografici degli stati, hanno creato delle ipotesi per i possibili scenari futuri. Il primo scenario prevede una globalizzazione positiva dove si creerà un circolo virtuoso tra tecnologia, scienza e politica. Il secondo scenario prevede una globalizzazione dannosa: nella quale solo una piccola èlite potrà godere della globalizzazione, mentre il resto sarà escluso. Il terzo scenario prevede un riacutizzarsi al nazionalismo, in Europa, Africa, Asia. Mentre il quarto scenario prevede un aumento delle armi di distruzione di massa, e vedrebbe l’economia Statunitense prima rallentare, per poi ristagnare.


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