Giornalismo: mezzo di coesione e integrità

Arte, filosofia e diritto da sempre si configurano come i pilastri portanti della società e al giorno d’oggi, in cui i cambiamenti globali sono talmente celeri da risultare nell’immediato impercettibili, ma palesemente incisivi e con ricadute significative se osservati in un lasso di tempo prolungato, questi tre fondamenti devono collaborare in un rapporto di interdipendenza ovviamente perseguendo un obiettivo comune: non solo quello di conoscere e permettere la diffusione capillare della conoscenza in tutta la società ma soprattutto quello di rendere coscienti, consapevoli gli individui in modo da far fronte a ciò che sta accadendo. Quale mezzo migliore per realizzare tale scopo se non il giornalismo. Il giornalismo affonda le sue radici proprio in queste tre realtà perché il giornalismo è arte, è filosofia , è diritto. In un mondo globalizzato come quello odierno, i giornalisti devono tener presente che il loro operato risulta più che fondamentale in quanto la gente comune ha il dovere e il diritto di tenersi informata su quanto accade sul nostro pianeta e operazione quotidiana per affievolire tale sete di conoscenza è sfogliare pagina per pagina il quotidiano o, per coloro che si ritengono più al passo con i tempi, sfogliare pagine virtuali. In tutto ciò appare chiaro come l’occhio del lettore viene immediatamente rapito dalla forza visiva dell’immagine; ed è qui che entra in scena la componente artistica del giornalismo. L’immagine ha una forza d’urto potentissima, in certi contesti addirittura maggiore della forza della parola. Fondamentale è quindi saper scegliere ciò che si vuole trasmettere e ciò che si vuole far assimilare. Proprio in questo punto però sorgono le prime vere contraddizioni: la gran parte delle volte, gli articoli di giornale vengono pensati e studiati nei minimi dettagli perché non devono rappresentare ciò che realmente è, ma hanno il compito di formare i lettori in nome di ciò che deve apparire e non a caso si parla di manipolazione dell’informazione, operata sì dai giornalisti ma sotto ristretti ordini provenienti dall’alto. In quest’ottica dunque i diritti di noi cittadini vengono bypassati? Che legame esiste tra etica e giornalismo? Che ruolo ha quindi il giornalista? Secondo il giornalista Tommaso Cerno etica e giornalismo sono vincolate da un legame inevitabile ma non è così semplice capire fino a che punto le due parti sono in relazione tra di esse. L’etica è onnipresente, qualsiasi sia l’argomento preso in esame, ma in un contesto come questo in cui si parla di processi complicati che riguardano la nostra formazione probabilmente sarebbe utile pensare non solo agli interessi dei potenti ma anche a ciò che è giusto prima di plasmare la comunità a proprio piacimento. Se da una parte è vero che il giornalista non può incarnare la figura del puro pedagogo poiché tale compito lo svolgono già molte altre figure, dall’altra è anche vero che informare è anche insegnare. Indubbiamente colui che apprende sa ciò che gli viene insegnato, vero o falso, giusto o sbagliato che sia. Chiunque può raccontare fatti per sentito dire ma i giornalisti dovrebbero limitarsi a riportare ciò che hanno visto con i propri occhi o che hanno controllato: questa è una discriminante che ne definisce l’identità. Il pubblico deve essere rispettato e proprio per questo necessita di essere erudito nel modo più veritiero possibile. In un giornale prestigioso come il New York Times una delle massime più salienti sostiene che “ il pubblico è più intelligente e meno informato di quanto pensiamo”. Questo deve essere motivo di riflessione per tutti coloro che sono tentati più dall’esprimere giudizi che dal narrare i fatti accaduti o che trasmettono sì i fatti, ma in modo superficiale.
Carlo Collodi nel diciannovesimo secolo diceva “ ho creduto e credo sempre che il giornalismo, in Italia, non sia altro che un patto leonino fra il giornalista e il lettore, vale a dire tonnellate di parole per pochi chilogrammi di pane.[…] Il lettore si trova tutti i giorni sacrificato barattando il pane buono con degli articoli indigesti.” Lette a distanza di molto anni le sue parole mantengono sempre una certa forza che non può passare inosservata perché il suo pensiero è valido tutt’ora. Il lettore è convinto di leggere ciò che lo aggrada perché viene segretamente spinto a credere che sia così, ma in realtà dietro vi è tutto un costrutto ben progettato. Dopo tutti questi passi avanti fatti praticamente in ogni campo la società globale dovrebbe prendere coscienza del fatto che le innovazioni tecnologiche sono un mezzo per crescere, non un mezzo sfruttato per ottenere il controllo sul pubblico. Risulta quindi chiaro come il giornalismo debba configurarsi come un mestiere intellettuale che per sussistere necessita di motivazioni insieme etiche e professionali. Significativo è dunque imparare per lavoro e ciò significa che la passione delle fonti e del racconto critico dei fatti è probabilmente il modo più generale per parlare delle tensioni etiche che dovrebbero muovere le persone che operano nel giornalismo; questa passione deve motivare anche se poi inevitabilmente sta a ognuno interpretarla come crede, ricordando che però per poter davvero interpretare quanto appreso bisogna godere del diritto di libertà di pensiero. Oggi l’immensa pletora di opportunità che offre l’innovazione tecnologica rischia però di compromettere l’integrità dell’informazione. Se da un lato la tecnologia rende partecipi sempre più persone creando una fitta rete di scambio a livello mondiale, dall’altro il materiale di scambio non può essere considerato tutto di pari valenza poiché le notizie che vengono condivise, ad esempio sul web, molte volte non hanno fondamenti certi e reali in quanto possono provenire da qualsiasi persona che abbia desiderio di condividere un fatto. A causa di ciò nel mondo regna sovrana un’informazione distorta capace di provocare violente diatribe perché ignoranza e incomprensione sono armi taglienti e pericolose. Si delinea dunque così il compito del giornalista filosofo, un compito che prima di tutto deve innestare le sue radici in un chiaro processo di rigorosa autoanalisi a livello etico e teoretico. L’amore per il sapere è una costante che non può e non deve mai essere sottovalutata, anzi deve risultare la chiave per comprendere a fondo l’importanza di un lavoro, quello del giornalista, che non è per niente banale, ma ricco di molteplici sfaccettature che se realmente capite diventano il tramite per un’unità vera. Venerdì 23 ottobre 2015 alla conferenza del Mimesis Festival vertente sul tema del giornalismo, Antonio Gnoli ha esplicitato chiaramente come la globalizzazione ha influenzato anche il modo di fare giornalismo. Vero, non si può confutare tale affermazione; ciò nonostante risulta estremamente importante considerare questo mestiere non come un lavoro fine a se stesso ma come il ponte attraverso il quale il mondo intero può realizzare il proprio orizzonte ideologico in nome di una sana globalizzazione.


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