Ideologia gender e capitalismo

Nell’affrontare il tema – spinoso e controverso – dell’ideologia gender occorre preventivamente segnalare che esso è, allo stato attuale, appannaggio del pensiero unico politicamente corretto e della fabbrica dei consensi. La nostra posizione – lo diciamo subito – va esattamente nella direzione opposta rispetto a quella del pensiero unico politicamente corretto e, per ciò stesso, non potrà da esso essere né accettata, né razionalmente discussa. Il pensiero unico ha infatti questo di proprio: sottrae preventivamente alla libera discussione critica i temi, innalzandoli a tabù su cui non è legittimo disputare. Si pensi anche solo alla questione della memoria o dello Stato nazionale, o, ancora, dell’odierna Europa. Compito di un pensiero autenticamente critico è, allora, riportare alla discussione razionale ciò che il pensiero unico ad essa sottrae. Ed è quel che proverò a fare nelle righe che seguono.
Sul tema dell’ideologia gender vorrei prendere le mosse da un libro recentemente apparso, che merita di essere letto. È lo splendido testo di Enrica Perucchetti e Gianluca Marletta, Unisex. La creazione dell’uomo “senza identità” (Arianna, Bologna 2014). Tutti dovrebbero leggerlo, per chiarirsi le idee intorno a uno dei problemi del nostro presente che vengono puntualmente presentati dal clero giornalistico e dal circo mediatico, gestori unici del “si dice” di heideggeriana memoria: l’ideologia gender, in nome della quale non esisterebbero più maschi e femmine, ma un pulviscolo anonimo e senza nessi comunitari di individui atomistici unisex.
In accordo con l’ideologia gender (da qualche tempo insegnata anche nelle scuole), uomini e donne non esisterebbe per natura, ma sarebbero (sic!) un prodotto sociale. Come ben argomentato da Enrica Perucchetti e Gianluca Marletta, si sta oggi diffondendo su scala planetaria l’immagine di un essere umano ibrido, manipolabile infinitamente, puramente funzionale al rito del consumo e dello scambio di merci. A tal punto che sempre più spesso il semplice presupporre l’esistenza di sessi differenti viene visto come atteggiamento discriminatorio. “Omofobia” è l’etichetta in voga con cui si mette a tacere chi osa ancora pensare che esistano uomini e donne e che, pur essendo infiniti gli orientamenti sessuali, due soltanto siano i sessi esistenti. Condannati come omofobici, infatti, non sono soltanto coloro che usano violenza (in questo caso, naturalmente, è giusta la piena condanna dei violenti, come del resto è giusto condannare e punire ogni violenza), ma anche quanti pensano che, come poc’anzi dicevo, per natura i sessi esistenti siano due.
Come efficacemente mostrato da Perucchetti e Marletta, l’ideologia mondialista gender mira alla creazione e all’esportazione di un nuovo modello antropologico, pienamente funzionale al capitalismo dilagante: l’individuo senza identità, isolato, infinitamente manipolabile, senza spessore culturale, puro prodotto delle strategie della manipolazione. L’ideologia mondialista gender – appoggiata da tutti i poteri forti – fa ampio uso della “rielaborazione del linguaggio comune” (p. 24): non si può più dire sesso, ma solo genere; non si può più dire padre e madre, ma genitore 1 e 2, ecc.
Orwellianamente, la creazione della neolingua è funzionale alla desertificazione del pensiero e alla possibilità di immaginare realtà altre rispetto a quella propagandata urbi et orbi dall’ordine simbolico dominante. Il libro merita davvero di essere letto e meditato, discusso ed esplorato in tutte le sue pagine: è una vibrante e appassionata denuncia dell’ideologia mondialista gender; una denuncia che si inscrive idealmente in una più ampia denuncia degli errori e degli orrori del capitalismo finanziario globalizzato. La famiglia odierna, quando ancora esista, è disordinata e stratificata, priva di un nucleo e strutturata secondo le forme più eteroclite: dalle gravidanze affidate a una persona esterna alla coppia alle adozioni nelle coppie omosessuali, dalle separazioni sempre crescenti all’inseminazione artificiale. Il fanatismo economico aspira a distruggere la famiglia, giacché essa – Aristotele docet – costituisce la prima forma di comunità ed è la prova che suffraga l’essenza naturaliter comunitaria dell’uomo. Il capitale vuole vedere ovunque atomi di consumo, annientando ogni forma di comunità solidale estranea al nesso mercantile.
L’ideologia gender si inscrive appunto in questa dinamica. La chiamo volutamente “ideologia”, in ciò facendo esplicito riferimento a uno dei termini-chiave della galassia concettuale marxiana: se – Marx docet – “ideologia” è santificazione simbolica dell’esistente presentato come destino naturale-eterno, allora quella gender è a tutti gli effetti ideologia di legittimazione di un “capitalismo assoluto-totalitario” (cfr. il nostro Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo, Bompiani 2012, cap. V) che mira alla distruzione dell’identità umana, di modo che possa imporsi, tramite una “mutazione antropologica” (Pasolini), la nuova figura del consumatore senza sesso e senza identità, integralmente plasmato dai flussi desiderativi governati ad arte dal mercato.



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