Dopo la fine della prima guerra mondiale la tradizione intellettuale del vecchio liberalismo era pressoché morta. Essa influenzava certamente ancora molti uomini e molte personalità alla guida della politica e dell’economia appartenevano ancora a una generazione per la quale il pensiero liberale era un’ovvietà. Le loro dichiarazioni generavano molto spesso, anche nel grande pubblico, la credenza che un ritorno a un ordine economico liberale sarebbe stato di gran lunga l’ideale. Ma le forze intellettuali all’opera a quel tempo si dirigevano già in tutt’altra direzione. Chi allora, tre decenni fa, aveva familiarità con il pensiero della gioventù più promettente, e in particolar modo con gli insegnamenti che erano stati loro tramandati alla scuola secondaria, poteva prevedere che lo sviluppo sarebbe andato da tutt’altra parte rispetto a quella che uomini di stato e organi di stampa credevano, poiché un mondo concettuale liberale, che le nuove generazioni avrebbero potuto ispirare, allora non esisteva quasi più.
Ciò nonostante, durante quel punto piùbasso nella storia intellettuale del liberalismo, rappresentato dai quindici o venti anni dopo la prima guerra mondiale, non solo il patrimonio concettuale liberale è stato salvaguardato, ma addirittura proprio in quegli anni sono stati posti i fondamenti per un nuovo sviluppo, grazie quasi esclusivamente all’attività di pochi uomini di cui vorrei qui dare notizia. Sicuramente essi non erano gli unici desiderosi di portare avanti la tradizione liberale, ma mi sembra che solo a loro sia riuscito, con un lavoro solitario e indipendente, di avvicinare allievi, anche con posizioni nei primi tempi contrastanti, e di costruire nuove tradizioni che, gradualmente, si sono unificate in una corrente unica. Non deve sorprendere che, al tempo della precedente generazione, ci sia voluto così tanto perchéle fatiche similmente indirizzate di un inglese, un austriaco e di un americano fossero riconosciute come tali, e perché diventassero la base comune del lavoro di una nuova generazione. La nuova scuola liberale, che ancora oggi esiste e della quale parleremo, si fonda coerentemente sul lavoro di quegli uomini. Il piùvecchio di essi, e forse il meno conosciuto al di fuori del suo Paese, fu l’inglese Edwin Cannan, morto quasi venti anni fa. Il ruolo da lui giocato è poco conosciuto e solo entro una ristretta cerchia, poiché egli in realtà si è occupato di questioni di politica economica solo in scritti di occasione, forse anche perché egli era più interessato ai particolari operativi che alle questioni filosofiche. Molti dei suoi saggi politico-economici, raccolti in due volumi The economic Outlook (1912) e An Economist’s Protest (1927), sono ancora oggi curati e tradotti in altre lingue. Essi sono esemplari, per la facilità, la chiarezza e il sano buon senso che da essi traspare, per la trattazione dei problemi politico-economici, e alcuni, scritti prima del 1914, per l’incredibile attualità. Il suo più grande merito, nei molti anni di attività presso la London school of economics, è però l’aver riunito un gruppo di studenti che più tardi ha costruito il centro di pensiero neoliberale forse più importante (e, senza dubbio, fortemente influenzato dai lavori dei pensatori austriaci ai quali ci volgeremo presto). Ma, prima di ciòvogliamo parlare brevemente ancora degli studenti di Cannan. Il più anziano fra essi, il noto esperto di finanza Sir Theodore Gregory, anch’egli professore alla London school of economicsper molti anni, ha esercitato sui giovani una grossa influenza, pur avendo lasciato l’attività dell’insegnamento da molto tempo. il vero e proprio centro del gruppo di giovani (pressochécoetanei) studiosi di economia politica che si costituiva negli anni Trenta alla London school of economics, era Lionel Robbins, il quale deteneva da 22 anni la cattedra di Cannan. Un raro connubio di capacità sistematiche e letterarie ha fatto in modo che i suoi scritti ottenessero una larga diffusione. Quasi per lo stesso tempo ha lavorato il suo collega sir Arnold Plant, il quale, ancora più di Cannan, aveva l’abitudine di nascondere i suoi più importanti contributi all’interno di scritti d’occasione poco conosciuti, dai quali tutti i suoi amici aspettavano avidamente, e da molto, un libro sui fondamenti e il significato della proprietà privata. Esso, una volta comparso, sarebbe dovuto essere uno dei piùimportanti contributi alla teoria del liberalismo moderno. Non è però compito di queste righe quello di enumerare tutti i discepoli di Cannan che hanno prodotto dei saggi sui problemi che ci interessano, a solo titolo di dimostrazione della portata del suo influsso, nominiamo F. C. Benham, W. H. Hutt e, se pur non discepolo di Cannan, ma appartenente al circolo, F. W. Paish.
Per qualche aspetto si potrebbe quasi dire che Cannan, in Inghilterra, abbia essenzialmente preparato il terreno per l’assimilazione delle idee del piùgiovane austriaco, il quale dall’inizio degli anni Venti e in maniera più coerente, piùsistematica e piùefficace di chiunque altro, ha lavorato alla costruzione di una struttura di pensiero prettamente liberale. Si tratta di Ludwig von Mises, il quale è stato molto attivo a Vienna, Genf, e lo è tuttora a New York. Divenuto noto giàprima della grande guerra grazie alla sua teoria della moneta (importante ancora oggi), subito dopo la stessa, egli ha iniziato, nel suo profetico libro Nation, Staat und Wirtschaft (1919) una ricerca che, giànel 1922 nel testo Die Gemeinwirtschaft, raggiungeva un primo importante apice nella critica al socialismo – che allora si chiamava «critica pratica a tutte le ideologie economiche sostenute seriamente in maniera letteraria». Purtroppo non vi è qui lo spazio per poter menzionare la lunga serie di lavori importanti che si trovano fra questo e il secondo capolavoro di Mises, che è apparso nel 1941 a Genf in lingua tedesca sotto il titolo Nationaloekonomie; oggi la sua versione americana rielaborata sotto il titolo Human Action vanta un successo che, come lavoro teoretico delle sue dimensioni, èpressochéunico. Ciò che Mises offre nella sua raccolta èmolto piùche economia politica in senso stretto. I suoi approfonditi studi sulle basi filosofiche del pensiero sociologico e le sue straordinarie conoscenze storiche lo avvicinano piùai grandi filosofi sociali del Diciottesimo secolo che a uno specialista della contemporaneità. A causa delle sue impietose conclusioni, il lavoro èstato sin dall’inizio violentemente combattuto e osteggiato e, specialmente in ambito accademico, èstato apprezzato solo tardi e con difficoltà, pur avendo avuto in seguito un’influenza vasta e durevole. L’imperturbabile perseveranza con la quale Mises pensava le sue argomentazioni fino alle conseguenze conclusive sembrava, anche a molti dei suoi studenti diretti, spesso “eccessiva”; il fatto che egli, con il suo apparente pessimismo, avesse sempre ragione nel giudizio sulle conseguenze dell’economia politica dei suoi tempi, convinse infine una cerchia sempre piùvasta dell’importanza fondamentale dei suoi scritti, che si opponevano in quasi tutto alla corrente del tempo. A Mises non sono nemmeno mancati, negli anni a Vienna, discepoli che per la maggior parte, come lui, hanno oggi un’influenza negli Stati Uniti; fra essi Gottfried von Haberler (Harvard University), Fritz Machlup (Johns Hopkins University) e l’autore di queste righe. Ma piùche alle due figure principali sopra citate, la sua influenza arriva fino al punto che, avendoci dato un’ampia trattazione dell’intero campo del pensiero economico e sociale, ora la domanda fondamentale non è più semplicemente se si sia in accordo personale o meno con lui, o se il lettore dei suoi scritti possa trarre un effettivo insegnamento e delle indicazioni fondate.
Mises non ha esercitato il suo influsso solo sui londinesi, ma anche su un terzo gruppo di Chicago, che deve ringraziare per la sua nascita il professore Frank H. Knight. egli è di pochi anni piùgiovane di Mises, e come lui deve la sua chiamata a una monografia teoretica Risk, Uncertainty and Profits (1921) che inizialmente fu relativamente poco accreditata, ma in seguito, negli anni, fu considerata uno dei migliori manuali teorici, pur non essendo stata concepita come tale.
I suoi successivi e numerosi lavori di economia politica e di filosofia sociale sono quasi tutti apparsi nella forma del saggio, e raccolti solo in parte in alcuni libri, fra i quali il volume The Ethics of Competition and Other Essays (1935) è il piùconosciuto e il più caratteristico. Ma Knight ha avuto un influsso ancora piùforte attraverso la sua attivitàdi insegnamento, piuttosto che attraverso i suoi scritti. Non è un’esagerazione affermare che quasi tutti i giovani studiosi di economia politica negli Stati Uniti che oggi veramente comprendono e appoggiano l’economia di mercato sono stati suoi allievi. Fra i punti di vista qui osservati il piùimportante è quello di Henry C. Simons, purtroppo morto prematuramente, il cui opuscolo A positive Program for Laissez Faire offriva, giànegli anni Trenta, un nuovo fondamento generale per le aspirazioni dei giovani liberali in America. in luogo di lavori sistematici egli lasciòuna raccolta di saggi che apparve nel 1948 sotto il titolo di Economy Policy for a Free Society e che ottenne un grande risultato grazie alla sua ricchezza concettuale e al coraggio con il quale Simons si occupò di problemi delicati come quello del sindacalismo. Il suo piùstretto amico, Aaron Director, curatore dei suoi scritti e divulgatore della sua opera, così come due dei piùconosciuti giovani teorici americani, George Stigler e Milton Friedman, costituiscono oggi il centro del ristretto gruppo di economisti pensanti di Chicago.
Dovrei nominare qui un quarto erudito, non fosse che i buoni costumi vietano di tirare in ballo il nome del Capo di stato di una grande nazione per una precisa direzione della politica economica. Per completare il quadro devo invece rivolgermi subito al gruppo di cui si discuteva. Questo gruppo tedesco si distingue dagli altri poichénon trae origine in maniera evidente da un’importante figura della vecchia generazione ma è sorto attraverso l’unione di un certo numero di giovani uomini che, negli anni precedenti la presa del potere di Hitler, furono accomunati da un generale interesse verso un sistema economico liberale. Non v’è dubbio alcuno che anche questo gruppo trasse impulso dagli scritti di Ludwig von Mises. Prima del 1933 il gruppo era a mala pena apparso sulla scena intellettuale e in quell’anno una parte di esso era sparpagliata in giro per il mondo. In Germania rimaneva soprattutto uno dei suoi piùvecchi membri, l’allora relativamente poco conosciuto Walter Eucken. sappiamo ora che la sua morte improvvisa, avvenuta meno di un anno fa, ha strappato alla nostra cerchia uno dei suoi grandi. Egli è maturato gradualmente e ha a lungo limitato le sue pubblicazioni dedicandosi all’attivitàdi insegnamento e alle questioni pratiche. Quanto sia stato ricco e fruttuoso il suo silenzioso operato anche nel periodo nazionalsocialista divenne evidente subito dopo il crollo, quando la cerchia dei suoi amici e studenti in Germania apparve come il sostegno piùimportante della razionalitàeconomica. Fu anche il periodo nel quale il suo primo e piùimportante lavoro cominciò a esercitare una certa influenza ed egli cercò di fissare in diversi altri lavori la sua interpretazione economica. Solo il futuro mostreràquanto sarà possibile guadagnare dal suo lascito. La rivista Ordo, da lui fondata, costituisce l’organo piùimportante di tutto il movimento.
La seconda figura trainante di questo gruppo, da subito molto legato a Walter Eucken, era Wilhelm Roepke. Egli era così inserito nella vita pubblica, giàprima del 1933, che la sua permanenza nella Germania di Hitler fu subito impossibile. Attivo prima a Istanbul e ora da molti anni in Svizzera, questo attivista, nonchéil piùprolifico autore dell’intero gruppo, è così conosciuto e le sue difficoltàpersonali così familiari al lettore di questa rivista, che qui non è necessario altro che citare il suo nome. Dobbiamo ringraziare lui se, almeno nel mondo di lingua tedesca, èconosciuta l’esistenza di un movimento neoliberale al di fuori della cerchia degli esperti.
Come già accennato questi gruppi, formatisi lentamente durante lo scorso quarto di secolo, si sono effettivamente conosciuti dopo la seconda guerra mondiale, dando inizio a un vivace scambio di idee. Oggi si può quasi dire che parlare di gruppi nazionali separati è una questione storica. Proprio per questo oggi è forse il momento giusto per tracciare questo sviluppo. Si è concluso il tempo in cui i pochi liberali rimasti, isolati e derisi, andavano per la loro strada non trovando alcun riscontro in particolar modo presso i giovani. Oggi, al contrario, grava su di loro una grossa responsabilità, poiché la nuova generazione desidera conoscere la risposta che il liberalismo offre ai grandi problemi del nostro tempo. Rappresentare tali compiuti sistemi di pensiero e realizzare le loro applicazioni ai problemi dei diversi stati èpossibile solo attraverso lo scambio di idee di un grande gruppo. In molti Paesi ci sono certamente, ancor oggi, serie difficoltà nella divulgazione e nella disponibilità dei testi e anche la mancanza di traduzioni di alcuni dei più importanti lavori contrasta una rapida diffusione di queste idee, ma i contatti personali fra la maggior parte degli esponenti sono ormai stabiliti. La svizzera ha dato informalmente ospitalità già due volte al gruppo, che si èincontrato per fare insieme ricerca sui propri problemi e il cui nome deriva proprio da una localitàsvizzera. Un ulteriore incontro ha avuto luogo in Olanda nel 1950 e, circa nello stesso momento in cui appaiono queste righe, ha luogo la quarta conferenza in Francia.
Il periodo del quale si è parlato in questo saggio deve essere considerato concluso. Trent’anni fa il liberalismo era forse ancora influente nella pratica, ma come movimento intellettuale era quasi scomparso. Oggi potrà avere meno influenza pratica, ma il fatto che i suoi problemi siano diventati nuovamente vivaci scambi intellettuali ci autorizza a parlare con rinnovata fiducia di un futuro del liberalismo.
*Pubblicato originariamente con il titolo Die Überlieferung der Ideale der Wirtschaftsfreiheit, in “schweizer Monatshefte”, Anno 31, settembre 1951, Quaderno 6, pp. 333-338. [ndc] In F.A. von Hayek, Tra Realismo e utopia liberale, Mimesis Edizioni, Milano Udine 2009.
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