ARCHITETTURA, FILOSOFIA E SCIENZA

 

 

 

Ė luogo comune considerare l’architettura come un insieme di forme e spazi rappresentativi generalmente intesi o come magnificenze estetiche, o come pensieri astratti geometrici, o come entità formali naturali nel senso di confronto con la natura (biologiche o ecologicamente sostenibili). La maggior parte (se non quasi la totalità) delle rappresentazioni delle architetture, nei testi critici o descrittivi dei cosiddetti “grandi maestri” o delle attuali “archistar”, mostrano generalmente, o “forme complessive” del manufatto architettonico, o dettagli di soluzioni come pensiline e spazi vari nelle più svariate forme e soluzioni senza alcun riferimento alle concezioni d’uso dello spazio architettonico e alle tipologie sottese derivanti dalle concezioni d’uso e di comportamento. In altri termini non si prende in nessuna considerazione come l’uomo vive gli spazi dell’architettura e come l’autore concepisce gli spazi da vivere, trattando l’architettura non come uno spazio da vivere ma come una macro scultura.

La critica del fenomeno architettonico spesso si manifesta come un’indagine poliziesca sulle intenzioni del progettista e sui metodi (quasi mai espressi dall’autore) di progettazione e di concezione formale, generalmente e necessariamente a base geometrica, dell’architettura con riferimenti e interpretazioni culturali di accostamento filosofico o storico.

La filosofia descrive e interpreta l’architettura nel suo complesso formale (che comprende anche una sua interpretazione matematica). La scienza entra in gioco nella realizzazione degli spazi dell’architettura, le determinazioni strutturali, o in determinate analisi quantitative delle componenti che la riguardano, ad esempio dimensioni e distribuzioni di funzioni: la scienza è intesa a complemento dell’architettura.

 

La filosofia interpreta l’architettura, la scienza è a servizio dell’architettura ma non si comprende che cosa sia l’architettura, non si comprende a chi e a che cosa appartiene la definizione degli spazi come luoghi deputati a gestire, direzionare e contornare le azioni di un comportamento umano.

Il risultato di questa situazione è un solipsismo culturale dove ognuno interpreta liberamente l’oggetto dell’osservazione senza possibilità di controllo oggettivo e dove la validità dell’opera è demandata all’autorità, generalmente fondata e costruita su base politica, del progettista ricadendo, generalmente, in una delle classiche fallacie logiche del tipo “Argumentum ad verecundiam” e dove l’unica possibilità di controllo reale è demandata alla storia e al tempo, con la conseguenza di operazioni disastrose che rischiano di durare centinaia di anni.

CHE COSA È ARCHITETTURA

Sul significato di architettura, nel mondo occidentale, permangono, a tutt’oggi, i concetti ereditati dal passato che ruotano, in modo vario e comunque, intorno a quelli espressi da Marco Vitruvio Pollione come concetti di Firmitas (stabilità, solidità) (struttura fisica) , di Utilitas (per l’uso degli uomini) (bisogni) e di Venustas (bellezza, estetica) (perfezione formale).

Tutti i teorici dell’architettura da Barbaro, a Leon Battista Alberti, a Palladio, a Milizia ed ai moderni architetti del novecento ruotano intorno ad un concetto di architettura come espressione formale di tipo artistico e quindi legato a capacità individuali di esprimere, nella definizione degli spazi architettonici, un valore “estetico” (proporzione, bellezza, perfezione, armonia, eleganza, ordine, sintesi, estasi, ….) mai ben definito ( e non definibile come i “miti”) e legato soprattutto alla “fama” ed alla “autorità” dell’autore.

Per uscire dal solipsismo, derivato dall’insieme di questi concetti espressi come “opinioni” non dimostrabili (anche se illustri) è necessario chiarire quali sono le componenti dell’universo dell’architettura per potere definire in modo controllabile e falsificabile (Popper) che cosa è l’architettura.

 

Le componenti sono, senza dubbio alcuno, fondamentalmente due:

-la componente naturale che considera sia l’aspetto fisico (materico) dell’architettura, e che quindi affronta i problemi di solidità, durata, resistenza alla componente gravitazionale (le scienze fisiche), sia l’aspetto relazionale degli spazi definiti dall’architettura con i bisogni esistenziali che ne hanno determinato l’esistenza, esigenza di luce, aria, protezione dagli agenti atmosferici, … (le scienze biologiche);

 

-la componente culturale che si considera come valore aggiunto alla componente naturale ( di cui la decorazione ne è un particolare esempio e di cui la scelta e la ricerca delle geometrie spaziali non derivanti da necessità della componente naturale ne è la regola). La componente culturale rappresenta il veicolo di valori storici e politici del tempo storicamente inclusi nei cosiddetti valori estetici [le mode, gli stili, i modelli di comportamento, le icone del potere (potere primario) e del ruolo sociale di appartenenza (potere secondario), le icone pubblicitarie del Marketing edilizio. …].

 

La componente naturale è la componente che individua:

 

-l’architettura come artefatto prodotto da un’entità biologica (l’uomo) e quindi soggetta al caso e alla necessità e che svolge il ruolo di diminuire e controllare la pressione selettiva dell’ambiente (in questo senso l’architettura non è solo una prerogativa dell’uomo ma di tutte le specie viventi);

 

-l’architettura come un prodotto della relazione tra un’entità biologica (l’uomo) e l’ambiente fisico e che nel suo essere uno spazio costruito con materiali naturali, semplici o composti, è soggetto alle componenti climatiche, all’influenza del tempo ed alle forze gravitazionali;

 

-l’origine della motivazione della sua esistenza nei bisogni (umani), individuali e collettivi, organizzandone i rapporti e le qualità specifiche;

 

-il rapporto e la relazione tra il suo essere un artefatto e le caratteristiche biologiche della specie (uomo), (un uomo con le ali avrebbe generato un’architettura senza scale, un nido);

 

-il luogo della misurazione fisica, dimensioni, temperature, umidità,… .

 

La componente culturale è la componente che affronta :

 

-il problema della trasmissione delle esperienze sedimentate (fatto comune a tutte le specie viventi) per imitazione o per trasmissione culturale (quella linguistica è specificamente umana);

 

-il problema della forma spaziale intervenendo ed influenzando le scelte formali derivate dalla componente naturale per fini storici (politici) (artistici) del proprio tempo

[vedi il nido nuziale dell’uccello giardiniere (Ambliornite) (in “L’architettura degli animali”- K.V. Frisch)];

-il problema della propria evoluzione frutto del caso (le trasformazioni formali sono a volte conseguenza di errori o invenzioni che vengono accettati culturalmente e che innescano un nuovo sistema formale) e della necessità (l’evoluzione sociale [e politica] determina una variazione dei bisogni e dei modelli formali di quel particolare momento storico, le invenzioni formali sono sempre una interpretazione e conseguenza delle trasformazioni sociali in tutte le specie viventi).

 

È evidente che tutte le espressioni suddette sono passibili di prove empiriche e che, quindi, possono essere alla base di una definizione “reale” dell’architettura.

 

IN BASE A QUANTO ESPRESSO POSSIAMO ESPRIMERE LE SEGUENTI ASSERZIONI DEFINITORIE:

 

ÜEsiste un fenomeno chiaramente individuabile evidente ed incontrovertibile che storicamente è riconosciuto come “Architettura”;

 

[Il termine “architettura” (unificando i termini di architettura ed edilizia a volte distinti) è inteso come atto di modificazione artificiale dell’ambiente (sia come artefatto che come modifica del territorio) e non come “arte”. Il problema dell’architettura come “arte” è un problema interno alla dimensione “culturale” dell’architettura]

 

ÜQuesto fenomeno è comune, secondo i vari livelli evolutivi, a tutte le specie viventi;

 

ÜQuesto fenomeno si manifesta sempre come una trasformazione controllata dell’“ambiente naturale”: detta trasformazione segue sempre le leggi della gravità ed è vincolata alle condizioni ambientali del territorio o nicchia ecologica su cui agisce;

 

[Per “ambiente naturale” intendiamo sia un ambiente che non presenta caratteristiche di trasformazione architettonica, sia un ambiente che presenta caratteristiche di trasformazioni architettoniche che hanno esaurito la loro “durata” e che, quindi, sono state inglobate nell’ambiente naturale (vedi concetti successivi)]

 

ÜIl campo di connotazione di questo fenomeno è sempre derivato dai bisogni della specie sia come bisogni “naturali” che come bisogni “culturali”;
[Le motivazioni e i significati dell’architettura sono sempre una conseguenza di scelte e finalità interne ai bisogni delle specie: naturali in quanto soddisfano il bisogno di sopravvivenza biologica della “specie”, culturali in quanto soddisfano questi bisogni “in un certo modo” funzione delle differenze “culturali” (adattamenti ad ambienti diversi) delle varie “specie”, nel caso dell’uomo anche delle “sottospecie” umane]

 

ÜQuesto fenomeno ha una durata che dipende sempre da due fattori;
-un fattore della durevolezza ambientale dei materiali semplici o complessi che lo costituiscono;

 

[L’architettura muore quando l’oggetto materiale deperisce, quando i materiali che la costituiscono perdono il loro valore di elementi assemblati.]

 

-un fattore di permanenza della validità della sua connotazione in rapporto ai bisogni storico-evolutivi della specie;
[L’architettura muore quando i suoi significati non sono più necessari come significati attivi, nel caso dell’uomo sia nei valori sociali che come memoria storica.]

 

ÜIl campo culturale è misurabile e descrivibile in unità significative [US].

[Le unità significative sono le unità attraverso cui si articola e si rende possibile il progetto e il vissuto dell’architettura. L’architettura si descrive sempre attraverso unità significative riconoscibili, (il nido, la tana, ..) e nel caso dell’uomo con gli elementi dell’architettura (l’accesso, la finestra, gli spazi primari, …), i tipi architettonici (la casa isolata, la casa a corte, la casa a torre, la chiesa, l’ospedale, …) , i tipi urbani (la strada, la piazza, il blocco, la parte urbana, …), i tipi territoriali …]

[La misurazione culturale è, in architettura, una misurazione relazionale, il “valore” di un’architettura si desume dal rapporto con valori analoghi, con l’aderenza ai significati che vuole esprimere e con il rapporto dei suoi significati (l’uso e nel caso dell’uomo dei suoi sistemi simbolici) con la realtà storica che la esprime.]

 

Come derivato da queste asserzioni definitorie si può asserire che:

 

L’architettura, in qualunque luogo, si esprime sempre con la stessa identità strutturale (come per il linguaggio “Chomski”) adattando le proprie unità significative all’ambiente naturale e culturale in cui si manifesta.



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