Questo testo è una sintesi aggiornata a poche ore dalla scomparsa di Pannella del saggio del 2014 “Marco e Beppe. Del perché specchiandosi nella rete non si trova l’uomo d’altri tempi (futuri)” contenuto in “Radicalmente liberi, a partire da Marco Pannella”, curato per Mimesis da Leonardo Caffo e Luca Taddio.
Il 7 novembre 1997 non c’erano twitter, facebook, Wikipedia. Beppe Grillo girava i palasport con lo spettacolo “Cervello”, Marco Pannella era ricoverato per i postumi di un ictus. A Roma pioveva. E sotto la pioggia battente a piazza Navona migliaia di persone erano in fila per i radicali. Anzi, per i soldi dei radicali. Perché per protestare contro il finanziamento pubblico, abolito con uno dei referendum da loro promossi ma reintrodotto con nuove leggi e nuovo nome, Pannella decise di restituire direttamente agli italiani i soldi ricevuti. Bastava mettersi in fila e attendere per 5 banconote da 10.000 lire. Su tutte un timbro:
“Questa banconota fa parte del bottino rubato a ciascun cittadino con la legge del finanziamento pubblico ai partiti. La Lista Pannella ha deciso di non usare questo denaro rubato e restituirlo”.
File di ore. Per arrivare all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti bisognerà aspettare un provvedimento del governo Letta nel dicembre 2013.
Nel frattempo Pannella ha fondato la Rosa nel Pugno, vissuto l’exploit clamoroso delle liste Bonino alle europee del 1999, eletto 9 parlamentari nelle fila del Pd di Veltroni, ha rinunciato alla candidatura alla segreteria PD, ci ha portato a referendum su referendum: in 20 anni 50 con 50 milioni di firme, non like o retweet.
Grillo com’è noto, lascia i palchi dei teatri a pagamento per le piazze dei comizi e con un bruciante 25% è a sorpresa il vincitore morale delle politiche 2013. Quello delle ruberie dei partiti sarà un suo cavallo di battaglia, mentre i referendum saranno considerati uno strumento utile ma non indispensabile, declinati più sulla rete, per platee di votanti ristrette, che impegnandosi per il quorum. Non restituirà i soldi del finanziamento, ma con degli happening a favor di telecamere, i restitution day, M5S destina parte delle indennità parlamentari prima all’ammortamento del debito pubblico poi al più tangibile fondo di garanzia per le pmi.
Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, partitocrazia, Parlamento sovrano contro la burocrazia dei partiti, patti trasversali, democrazia reale, sfascismo, diritti dei detenuti, divorzio, aborto, voto ai diciottenni, obiezione di coscienza, liberazione sessuale, aiuti al terzo mondo, referendum, antiproibizionismo. E’ la tag cloud delle battaglie pannelliane, che in parte è sovrapponibile alle bandiere grilline. E in parte no.
Perché diverse sono le storie personali, diversa è la genesi dei movimenti, diverse le pratiche politiche adottate, almeno nel breve periodo di attività del moVimento Cinque Stelle, in confronto agli oltre 50 anni di attività delle diverse creature pannelliane. Gli osservatori critici, che paiono scomparsi nel momento del commiato, come quelli simpatizzanti, riconoscono fino agli anni ‘90 un grande ruolo politico concreto a Pannella, il quale soprattutto fuori dai movimenti che ha creato e distrutto dopo averli portati al successo, ha cambiato il panorama legislativo italiano, specie sui diritti civili. Tutto comincia con la sua rigenerazione del partito radicale, mentre Grillo ha inventato dal nulla M5S assieme a Casaleggio.
Fuori da Wikipedia lo storico contemporaneo Luigi Lotti ha ben riassunto quella genesi: nel 1955 la sinistra liberale usciva dal PLI, in seguito alla svolta moderata della segreteria Malagodi, e rifondava il Partito Radicale, una sigla che per 40 anni, fino alla prima guerra mondiale, aveva rappresentato l’ala più avanzata dei movimenti democratici italiani contribuendo in modo decisivo ad alcune svolte fondamentali, come l’adozione del suffragio universale nel 1911-12. Nel primo dopoguerra il PR era confluito nella Democrazia Sociale, formazione in poco tempo travolta, come gli altri partiti, dal consolidamento del fascismo; né era rinato dopo la seconda guerra mondiale. Il nucleo della rivista Il Mondo, diretta da Mario Pannunzio, decide di ricostruirlo per evitare l’identificazione tra i liberali italiani e il moderatismo.
In nome di… Organizzazione e informazione in continuo movimento
Sia i radicali sia i Cinque Stelle si strutturano e comunicano in modo profondamente diverso dai tradizionali partiti.
Da Pannella l’autogestione dell’informazione radicale è stata praticata prima dell’impegno politico, nelle elezioni, delineando un organo di contro-informazione cui era affidato il rilancio di campagne e proteste. I radicali pannelliani, infatti, non si presentarono alle politiche del ’63, ma iniziarono le loro campagne politiche con la fondazione, nel giugno di quell’anno, dell’agenzia di stampa quotidiana “Agenzia Radicale”, e poi di Radio Radicale che ora compie 40 anni.
Se di Grillo tramite il blog è possibile ricostruire gran parte dell’impegno politico, la direzione nazionale del partito radicale, già a inizio anni ’90 si dotava di un archivio elettronico, in cui erano digitalizzati gli articoli, comparsi su “Notizie Radicali”, dal 1986, e le mozioni dei 35 congressi. Congressi mai tenuti da Grillo, cui bastano i post, e qualche raduno di massa, con slides e proclami.
Simili sono stati addirittura gli slogan e le campagne virali dei due alfieri della “politica pop”: “Fermali con una firma” era quello dei radicali per i 10 quesiti referendari del 1980, “Firma e fermali” quello della campagna di Italia dei Valori e Grillo del 2008. Il “Io marcio contro il marcio” della marcia su viale Mazzini fa il paio con il “Fuori i partiti dalla Rai” pentastellato del sit-in dentro la Rai. Grillo ha attirato l’attenzione dei parlamentari nelle scorse legislature con il mail bombing, Pannella invitava gli ascoltatori di Radio Radicale a telefonare ai centralini dei quotidiani in massa, diffondeva via radio i numeri privati dei direttori. E i commenti sul blog ricordano le telefonate libere mandate in onda da Radio Radicale a rischio chiusura negli anni ’90, microfoni aperti per denunce, monologhi, oscenità. Sproloqui che negli anni seguenti hanno trovato in rete il loro habitat preferito. Prima dei NO agli F35, con Aldo Capitini, contro le spese militari c’erano pacifisti non violenti e radicali. Il linguaggio a volte è simile così come i cambi di fronte: Filippo Ceccarelli ripercorse in un solo articolo il passaggio dalla DC definita “associazione a delinquere” e “partito putrescente di merda” all’abbraccio col ministro DC Remo Gaspari.
Tornando agli anni ’60, i radicali erano un movimento, dove non c’erano correnti, opposizioni interne o azioni tattiche, dove non si poteva, partendo da una posizione di minoranza, contrastare una segreteria fino a diventare maggioranza. Avevano già in embrione il partito-persona; e sarà lui il primo leader politico, nel 1992, a vedere ammessa una lista con il suo nome alle politiche. Nemmeno i gollisti francesi erano arrivati a tal punto, e fu bollato come un egocentrico solipsista, ottenne l’1,2%: mezzo milione di voti e 7 deputati… oggi tutti i partiti sembrano diventati personali, da ultimo il PD a trazione renziana, anzi “il Pd-R partito di Renzi”, come l’ha ribattezzato Ilvo Diamanti.
Proteste e proposte
La rete sembra essere l’ambito che più li avvicina anche programmaticamente. Nel febbraio 1998 Pannella lancia il “convegno lungo un mese” sul futuro dei radicali, definendoli come il partito telematico e della rivoluzione tecnologica, con 5 proposte-disegni di legge. Sebbene la cyberdemocrazia sia meno citata quei ddl delineano un’agenda digitale politica:
1) Trasmissione su internet delle sedute parlamentari e dei consigli regionali, provinciali, comunali (punto distintivo di Grillo fino all’esasperazione dello streaming, tenuto lontano dalle riunioni interne ma chiesto per ogni trattativa politica);
2) Voto elettronico e firma telematica per liste elettorali, referendum, candidature;
3) Alfabetizzazione informatica nelle scuole;
4) Albo pretorio telematico per la trasparenza degli atti comunali;
5) Detassazione dell’e-commerce.
Gran parte del digital gap italiano è tutto qui.
Il rapporto con la rete torna utile: per Pannella fonte di conoscenza, messa in contatto con chi è diverso, lontano; per Grillo è soprattutto una forma d’irreggimentazione e di comunicazione para-televisiva come sintetizzato da Massimiliano Panarari e Giuliano Santoro. Nel 2007 il Corriere della Sera chiede a Pannella cosa pensa di Grillo. Per Pannellala sua è una protesta italianissima, dentro il sistema, sfascista perché non costruisce l’alternativa, e per dimostrarlo chiede a Grillo un pubblico confronto sul web, con regole chiare. Chiesto con tre mail e ignorato. Quando i 5 eletti nel PD diventano cruciali per salvare l’ultimo governo Berlusconi sul blog compare il video con i 5 parlamentari isolati in Aula. Eppure Grillo in Senato, nel luglio 2013, a chi chiedeva se era fondato il parallelismo tra i due rispondeva:
“Assolutamente sì, Pannella bisogna rispettarlo per quello che è e per quello che è stato per la politica italiana: un guerriero. Io non sono un politico di razza come lui… Vengo dalla rete e, se devo fare un appunto ai radicali, è proprio quello di non aver sfruttato al meglio la rete”.
La moralità della politica è stata per entrambi un punto programmatico caratterizzante. Gli esposti-denuncia di Pannella hanno fatto partire diverse indagini e “l’onestà andrà di moda” è uno slogan che sembra coniato dai radicali. Ma dopo la protesta per Grillo l’unica proposta è fermare tutto. No a Expo2015 per casi di corruzione, no alla TAV per sprechi, noi ai fondi europei perché andrebbero alle mafie. Il dire no a tutto di Grillo, fino ad oggi, rende arduo immaginare un parallelo , è l’esatto contrario delle sfide impossibili affrontate con entusiasmo e incoscienza da Pannella, pervicacemente convinto del carattere di redenzione del nuovo e della modernità. Vero che entrambi si sono professati alternativi allo schema bipolare Dc-Pci e Pd-Pdl, finendo spesso per trovarsi in compagnia dei costruttori di terzi poli e di populisti. Populisti da cui si differenziano entrambi, perlomeno nel lessico, riferendosi piuttosto ai cittadini, e non all’indistinto popolo.
Stefano Rolando ha sintetizzato con efficacia il dualismo caratteristico della comunicazione radicale: verte sull’invettiva e sul valore. Più Obama che Grillo! Contro chi è contro le libertà e per una società più felice, ricondurrei l’azione di Pannella alla modernità liquida e quella di Grillo alla paura liquida verso la precarietà (di vita e lavoro), gli immigrati clandestini, la criminalità, le guerre, in sintesi verso la globalizzazione chiusa in un’accezione negativa.
Partitocrazia è parola collegata a moltissimi interventi di Pannella, eppure nella Prima Repubblica era fiero avversario di quei partiti, non era contro i partiti, tanto da organizzare a Rimini un seminario di quattro giorni sulla forma partito nel 1988 dicendo: “Sì li difendo. Tutti li accusano, ma i partiti sono indispensabili per la democrazia”. Poi con una proposta di legge d’iniziativa popolare lancia il ricambio della classe dirigente, con una soglia di 10 anni. Sono i due mandati del parlamento pulito di Grillo, uno dei criteri per decidere le candidature del PD di Veltroni prima e Bersani poi, agitate infine come bandiera della rottamazione renziana. All’epoca invece l’idea fu bocciata, sul primo giornale italiano, da un editoriale di Giuliano Ferrara sul surreale Pannella della rivoluzione stabilita per legge, bollata come demenziale perché il potere di cui l’Italia “dovrebbe sbarazzarsi è lo stesso che ha fatto questa Italia”.
Le iniziative più clamorose sembrano avvicinarli fino a fondersi per poi allontanarli tantissimo, nella linea invisibile tra due dei palazzi del potere, il Quirinale e, ancora una volta, Montecitorio, dove ora lo salutano gli italiani, lungo cui Grillo e Pannella s’impegnano in un ballo frontale, movimento cruciale delle figurazioni della pizzica salentina. Il Colle, quello più alto, li allontana e li riunisce: Pannella è tra i grandi elettori di Oscar Luigi Scalfaro con i partiti, poi lo striglia, quando pensa che faccia politica e nel 1996 assieme a Vittorio Feltri raccoglie le firme dei cittadini che chiedono la sua messa in stato di accusa. Impeachment! Lo stesso impeachment che Grillo, e i suoi parlamentari, chiederanno per Giorgio Napolitano.
Montecitorio ci mette di fronte al passo di danza che li allontana,che riguarda interamente il rapporto con il ceto politico, le sue ricadute sull’opinione pubblica e sui comportamenti elettorali.
Il 1992-94 fu un periodo in cui prima dell’avvento di Berlusconi molti leader persero il biglietto vincente della lotteria. Pannella era indicato da editorialisti e sondaggisti come originale e meritorio di attenzione, tra i grandi elettori di Scalfaro, nella maggioranza per Giuliano Amato, si pensava a lui anche come commissario europeo. Poi la mossa ancora oggi incomprensibile: guidare i parlamentari che non volevano sciogliere le Camere, gli “autoconvocati” che di fronte all’ondata d’indagini, su 70 parlamentari, negavano la delegittimazione. Pannella aveva preso meno di mezzo milione di voti nel ’92, i radicali erano pochissimi e in quel Parlamento sedeva la partitocrazia da lui contestata, quella dei Craxi, De Lorenzo, Forlani, Gava, ma definì quelle camere le migliori e li riunì sotto Montecitorio contro nuove elezioni. Ne contarono 217. Riprese dai tg le marce sotto il sole dei panciuti peones guidati da Pannella furono il peggior spot per il suo futuro. Sempre Ceccarelli ci fa respirare il clima di quei giorni mixando pietas verso gli esponenti di quella archeologia politica (Del Pennino, Pillitteri, Culicchia, lo invocano), la capacità di dar scandalo e seminare contraddizioni come risorsa politica per ogni nuova vita pannelliana. Ma il garantista non ha mai spiegato compiutamente la ratio di quella scelta.
Frammenti di un discorso politicissimo
Pannella e Grillo: due leader. Due politici? Pannella sì, Grillo forse, e non perché ineleggibile. Pannella quadruplo lib: liberale, liberista, libertino (intellettuale e sessuale), libertario. Declinazioni lib che sembrano rispondere a un antico e singolare appello, lanciato da Mario Ferrara su Il Mondo il 26 maggio 1951 dal titolo DATE UN MATTO AI LIBERALI. Non un matto da manicomio ma “uno di quei matti che sono simpatici a tutti, non fanno ridere né piangere, ma cominciano con il farsi ridere dietro dai savii e farsi ascoltare da altri pazzi come loro e, alla fine, si tirano dietro il grande esercito dei savii e dei ben pensanti (…) i liberali non hanno più nulla da perdere, ma tutto da acquistare. Ma serve loro un matto, un vero matto, un matto senza occhiali da sole. Date un matto ai liberali”. Oggi sembra da pazzi ma è stato da liberale classico, come nota Teodori, per Pannella credere nel valore del conflitto. Forse questo è l’elemento che in Grillo possiamo ritrovare, però da liberale inconsapevole, tentato, per questo, anche da inconciliabili concezioni organicistiche.
Poi c’è l’anima nonviolenta e libertaria, con i suoi toni profetici. Ben diversa da declinazioni involontariamente parodistiche come il video casaleggiano di “Gaia”, è la lunga campagna contro la fame nel mondo. E prepolitico come postpolitico è stato il legare i messaggi simbolici e valoriali all’antiproibizionismo, alla libertà sessuale, l’attenzione per diversi, marginali e minoranze. Le parole che Mino Fuccillo nel 1989 usava per Pannella van bene per Grillo? “Sta prima e sopra la politica. E’ una categoria dello spirito: si chiama inquietudine, porta dovunque, segna parecchio, trasforma pochino”. Perché la pattuglia radicale ha trasformato l’Italia molto più dell’esercito M5S al 25%, ridotto al 20% alle europee. L’azione subpolitica di Grillo, sebbene in una società ormai liquida, sembra mantenere un filo diretto, quasi organico, con concezioni premoderne, come rilevato dalle recenti riflessioni di Michele Sorice. Altri tempi, bei tempi andati per Grillo, con piedi e testa nel tempo futuro Pannella.
Comune il partire dal particolare per arrivare al generale, tutti indicatori di una rovina generale. Pannella lo faceva da liberal-radicale, crasi tra la rifondazione del liberalismo italiano, vivacissimo culturalmente ma di scarsissimo peso politico, con una forte connotazione civile, in chiave radicale in quanto estremamente laico, disobbediente, libertario. L’azione politica di Grillo resta nella rete, pubblica in prima battuta sul blog ogni dichiarazione o presa di posizione con ricadute politiche, e quel che è scritto è scritto, spesso inserito nei post-scriptum.
Così vicino così lontano
L’assonanza più forte è nell’organizzazione, nelle pratiche che escono fuori dalla vita di partito ed entrano in quella di movimento extra-politico si ritrova in quanto ha scritto Mariotto Segni, indicando il limite più grande di Pannella – ma potrebbe valere per Grillo – in una profonda intolleranza culturale (rifiutata in questi termini da Pannella): “Non ammette correzioni o modifiche, pretende che i suoi progetti vengano accettati in blocco. Considera spesso un dissenso politico come un’offesa personale”.
Altro che mandato imperativo. E questo ci porta al movimento racchiuso attorno al leader, consacrato alla sua figura: una comunità cui il capo trasmette norme generali, principi di vita, un gruppo che deve autopercepirsi e rappresentarsi come avanguardia movimentista, rivoluzionaria, rispetto all’immobilismo conservatore dei partiti, chi digiunava con Marco, chi mangia grilli con Beppe! Dove le carriere politiche sono possibili grazie a tre fattori in particolare: ortodossia, gregarismo, e controllo sistematico.
Allora forse possiamo dire che il matto “senza lenti da sole” somiglia sì un poco a Beppe, come pure a Silvio, a Matteo, a Nichi. A un intero sistema politico figlio meticcio delle sue battaglie. E che da lui, che non rivendicava primogeniture, si dileguava. Pratiche della libertà per cui si batteva.
Ci sono molte foto in rete del restitution day con i mega-assegni esibiti davanti Montecitorio mentre non se ne trovano della Piazza Navona sotto la pioggia. Assegni che non corrispondono a rimborsi elettorali poiché l’art. 5 della legge n. 96/2012 (Norme in materia di riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e dei movimenti politici) prevedeva che per avere diritto ai rimborsi occorrono un atto costitutivo e unostatuto adottato in forma pubblica, e che sia prevista una gestione democratica del soggetto che chiede il contributo. Senza mancavano i requisiti di democraticità necessari per ottenere i fondi. Ma la comunicazione grillina ha nascosto quel dato, ha messo in scena l’assegno del movimento di Robin Hood. Un episodio che segna, a mio avviso, come gli apparentemente vicini Grillo e Pannella – Signor Hood, nella realtà fattuale sono stati distanti. La distanza che passa tra un dato di realtà e una rappresentazione, fisicità e virtualità, corpo e parola. La Politica ridotta alla Volontà di una persona non è più minoranza o maggioranza, a volte straripante, rischia di farsi leggerissima, impalpabile e ininfluente.
La volontà che è stata utile a Pannella, volontà come atto politico di contrapporsi al senso comune e alle tante dòxai usando come additivo delle proposte radicali il pathos, ne è stata probabilmente il limite. Con gli anni è rimasto vigoroso solo l’additivo, tentando di imporre tramite i suoi personali, fisicissimi, digiuni, una “militarizzazione delle coscienze” attraverso il suo corpo. Ieri persone più esperte di diritto me lo hanno sintetizzato così: “un combattente non per interessi personali, la sua persona l’ha usata per combattere”.
Un compendio pannelliano è fatto perlomeno di aborto, divorzio, obiezione di coscienza, ambiente, giustizia, innovazione, web, stati uniti d’europa, referendum, liberalizzazioni. Quell’egocentrismo in prospettiva storica diventa uso della parola, del corpo, dell’immagine pubblica, per battaglie modernizzatrici che i corpaccioni partitici non consideravano prioritari.
PS: Oggi vorrei dimenticare quando Toni Negri che grazie ai radicali fu eletto in Parlamento e poi fuggì all’estero parlò di un Pannella “canaglia, mistificatore, miserabile” cui augurava la morte durante un digiuno. Non lo faccio per non dimenticare la sua replica tagliente: “La sua libertà è stata la sua peggiore condanna”.