La recente presenza di Tornatore all’Università per Stranieri di Perugia e ad Assisi per “Primo piano sull’autore” è l’occasione per il regista di Bagheria di ritornare su alcuni luoghi comuni critici che lo riguardano e che si sono diffusi senza controllo. È un’esigenza che è emersa fortissima, essendo vittima Tornatore e segnatamente il suo film più noto Nuovo cinema Paradiso, non tanto di semplificazioni critiche, quanto di un’aneddotica ipertrofica, che si dipana su più argomenti, ma si concentra primariamente sulla questione più scabrosa: la versione tagliata del film e come i tagli siano stati effettuati. Il punto più noto, e dunque quello più dolente per il regista stesso – il quale segnala di sentirsi come James Stewart/Ransom Stoddard ne L’uomo che uccise Liberty Valance, vittima di una leggenda troppo grande per poter essere scalfita dalla realtà dei fatti –, è l’attribuzione della responsabilità di questi tagli al produttore Franco Cristaldi.
Secondo la vulgata il film sarebbe andato malissimo al botteghino, in conseguenza di ciò la produzione, e segnatamente Cristaldi, avrebbe rimosso buona parte dell’ultima porzione di film, rendendolo a quel punto un successo mondiale. Il regista ritorna a Perugia, per l’ennesima volta, sulla questione, ricostruendola cronologia degli eventi. Il film fu inviato per una prima proiezione pubblica a Bari, ad EuropaCinema, in una forma ancora non limata, seguì una prima uscita in sala, ridotta rispetto alla proiezione barese, a seguito della quale si sarebbe verificato un “clamoroso insuccesso”. Dopo questa prima uscita la produzione, raccolte alcune opinioni diffuse, si convinse che il film aveva sofferto di un cattivo manifesto, di un titolo poco comprensibile, e, soprattutto, che ridotto a due ore avrebbe avuto un incredibile successo: “‘A due ore faceva i miliardi’ – dicevano tutti”, ripete spesso Tornatore per riprodurre ironicamente il brusio diffuso che era cresciuto in quei giorni, e che gli giungeva all’orecchio. Tornatore era perplesso, perché negli stessi giorni, consultando i giornali verifica come film di successo superino serenamente le due ore.
Cristaldi crede nel film e decide per una nuova uscita, con manifesto modificato (Tornatore lo giudica peggiore del primo), ma con medesimo titolo a causa dell’opposizione del regista. Tornatore ci informa di come, da una recensione di Tullio Kezich fosse emersa l’idea di mutare il titolo in “I baci tagliati”, e fosse già stato disegnato un manifesto con una serie di “baci cinematografici” su fotogrammi in sequenza, mentre una forbice si accingeva a tagliarli. Tornatore non apprezzava titolo e locandina: per chiarire il suo pensiero disegnò delle gocce rosse, con chiare reminiscenze ematiche, proprio sotto la forbice che si accinge a compiere l’atto scissorio. Se ne dedusse prontamente la discutibilità dell’idea. Tornatore però, colto da dubbi e sospinto dall’opinione diffusa che con un numero minore di minuti il film avrebbe incassato follemente decise di recuperare un precedente suggerimento di Pietro Notarianni, in origine lasciato cadere; decise cioè di eliminare un intero blocco, rendendo così più semplice ed economica la gestione dei tagli sulle copie del film.
Qui è il nodo essenziale al quale Tornatore preme ritornare, che in questa occasione ha ricevuto nuova e definitiva conferma: Cristaldi non esercitò pressioni particolari per effettuare la riduzione, anzi credette che il film potesse essere rovinato dai tagli stessi. Tornatore insiste su questo punto, ovvero sulla sua scelta indipendente di effettuare i tagli e sulla assoluta estraneità del produttore all’esercizio di forzature sulla dimensione artistica.
Il fatto nuovo è la ratifica di Massimo Cristaldi, figlio di Franco, della versione, fin qui solitaria, seppure più volte ribadita, di Tornatore. Anzi da Massimo Cristaldi proviene una ulteriore indicazione che individua l’atteggiamento del produttore nei confronti della pellicola. Egli riporta la notizia di come all’effettuazione dello spoglio della sceneggiatura si fosse previsto un costo molto più alto di quanto Franco Cristaldi volesse spendere, condannando apparentemente il film all’irrealizzabilità. Il produttore insisteva sulla necessità di dare vita al film con due miliardi e mezzo, e sulla possibilità di poterlo effettivamente fare con tale cifra, come per autoconvincersi della possibilità di realizzare il prodotto “in sicurezza”. Tuttavia lo sforamento fu notevole (si arrivò a un costo di cinque miliardi e mezzo, sei miliardi, sostiene Massimo Cristaldi, sia pure, in questo caso, non del tutto in accordo con Tornatore). Massimo Cristaldi testimonia di quanto Franco fosse consapevole dei potenziali costi di un film a partire da una sceneggiatura, e di come, quindi, in sostanza, avesse dichiarato questo infingimento del preventivo da due miliardi e mezzo come praticabile, proprio perché innamoratisi del film, che voleva realizzare a tutti i costi.
È dunque un Tornatore poco convinto dell’efficacia commerciale degli stessi a effettuare i tagli, poi avallati senza particolari entusiasmi dal produttore. In quel momento, avendo effettuato questo cambio secondo il senso comune diffuso presso i “cinematografari”, Tornatore rivendicativamente disse: “Adesso fategli fare i miliardi”. Il film uscì nuovamente in sala, riscontrando un nuovo insuccesso commerciale. Dunque, evidentemente, non furono i minuti in più a determinarne l’insuccesso, ma una particolare predisposizione del pubblico italiano, in quel momento, forse, poco propenso ad accogliere i prodotti italiani serenamente. La storia successiva è nota. Il film viene premiato a Cannes, ai Golden Globe e agli Oscar, riscontrando a quel punto, dopo ennesime uscite in sala, il tanto sospirato successo commerciale.
Si tratta della definitiva composizione di una diatriba storica, molto chiara a chi avesse ascoltato Tornatore in questi anni, ma finalmente confermata anche dal versante della produzione. Tale conclusione non sottrae nulla a Cristaldi, anzi lo dipinge come produttore illuminato più di quanto la “vulgata” non vorrebbe. Questa vicenda ci dice molto dell’amore ossessivo che la storia narrata dal film ha suscitato all’epoca, sia presso il produttore, che per essa ha rischiato una fortuna, sia presso il regista, che per essa ha rinunciato persino a parte di quella storia stessa, pur di renderla maggiormente visibile almeno nel suo nucleo.